sda-2016

ASSISI, RELIGIONI E CULTURE IN DIALOGO

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

UN GRANDE EVENTO CHE HA RICHIAMATO LEADER RELIGIOSI DA TUTTO IL MONDO

E' ufficialmente iniziato "Sete di pace - religioni e culture in dialogo". Dopo il concerto di Uto Ughi che sabato 17 settembre ha aperto le porte a "Nostra Madre terra" e all'incontro interreligioso, oggi, domenica 18 settembre con la Solenne celebrazione eucaristica  nella basilica superiore di san Francesco, Assisi si appresta a vivere tre giornate di dialogo in quel percorso tracciato da Giovanni Paolo II 30 anni fa. A presiedere la santa messa, il vescovo di Assisi Domenico Sorrentino. Con lui presenti i rappresentanti delle chiese cristiane e delle comunità ecclesiali.  


Ad aprire l'incontro le parole del presidente della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo: "Partecipiamo insieme a questa solenne liturgia. Trent'anni fa si alzò su questo colle di Assisi una voce di pace e di fraternità universale. Quella voce oggi dopo trent'anni è ancora più forte e lo spirito che la sorregge, lo spirito di Assisi si è diffuso e ha dato coraggio a tanti nel mondo, soprattutto a coloro che soffrono per la guerra e la violenza. Fare pace per noi che crediamo in Gesù è una delle sfide più importanti che giunge fino a essere definita da Gesù una beatitudine che ci rende suoi figli  , beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio. Dunque figli, ma allo stesso tempo fratelli di tutti mentre lavoriamo per la pace. Si riscopre così, lavorando per la pace, la fraternità di Dio e la fraternità universale. Questo è quello che ci rende felici in questi giorni, ma allo stesso tempo impegnati a essere migliori. La voce di pace sia più forte e audace perché deve parlare nel nome di chi non ha voce, perché la voce di tanti è stata sopraffatta dalla guerra e dalla violenza, la speranza di pace che noi incarniamo dia sollievo, consolazione e forza a chi soffre per la guerra a chi è vittima del terrorismo della violenza diffusa. Grazie a tutti voi di essere qui e di essere compagni di strada, di una lunga strada nel cammino per la pace".   
 
A seguire il saluto da parte del custode del sacro Convento, padre Mauro Gambetti: "Una parola di gratitudine davvero sentita a chi ha organizzato: dalla comunità di Sant'Egidio, dalla Diocesi, dalle famiglie francescane alla città di Assisi passando per la Conferenza episcopale umbra e le molte associazioni che si sono unite per contribuire. Allora un grazie particolare a tutti e un grazie ai Pastori che ci porgono la Parola e ai successori degli apostoli che ci danno ancora il pane di vita, loro ci confermano nella fede, attraverso di loro ancora riceviamo il Signore Gesù nostra pace".

 
OMELIA DI MONSIGNOR SORRENTINO DI DOMENICA 18 SETTEMBRE 2016

"Il messaggio sulla ricchezza, che emerge dalla Parola di Dio appena ascoltata, ci raggiunge in questo luogo dove tutto parla di Francesco di Assisi, che di questo messaggio è uno dei più grandi testimoni.   Brucianti le parole con cui il profeta Amos sferza l’avidità insaziabile che produce lo sterminio dei poveri. Mentre il ricco si rode nella sua voglia di accumulare, attendendo con ansia l’alba per poter ricominciare a guadagnare con false bilance e sognando di vendere anche lo scarto del grano, i poveri sono comprati per un paio di sandali. È la condizione in cui versa ancora il nostro mondo, dove un pugno di possidenti si è accaparrata la massima parte dei beni e uno smisurato esercito di poveri è privo del necessario. Agli schiavisti di tutti i tempi il Signore annuncia il suo giudizio: egli non dimenticherà!     È un discorso che riguarda l’etica della giustizia e della solidarietà, ma prima ancora è rivelazione del volto di Dio. Da che parte sta Dio?  Non c’è dubbio: dalla parte dei poveri. È lì, dunque, nello spazio dei poveri che bisogna portarsi, per poterlo incontrare.  
 

I libri biblici sono percorsi da questo fremito di giustizia.  Progressivamente la rivelazione fa luce sul senso della ricchezza. Essa appariva, in primo tempo, come espressione della benevolenza di Dio, al punto che l’essere ricco fosse automaticamente segno di benedizione. Si era ancora lontani dalla beatitudine evangelica della povertà. C’era comunque un’anima di verità, in quell’antica concezione, e cioè la consapevolezza che tutti i beni vengono da Dio, sono un dono suo, perché l’uomo, da sé, nulla possiede.  Giobbe scolpisce questo principio:  «Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò” (Gb 1,21). Questa condizione di nudità è propria di ogni essere umano. Francesco di Assisi volle ritornarvi per libera scelta, quando al padre avido restituì non solo il denaro ma anche i vestiti. Solo con la consapevolezza di questa nudità possiamo sentire la bellezza del dono di Dio. Solo con questa profonda coscienza della condizione umana possiamo anche aprirci alla sofferenza dei fratelli. Gesù ci fa tornare su questa problematica con la parabola dell’amministratore disonesto. Un amministratore paradossalmente lodato per la furbizia con cui provvede alla sua sopravvivenza quando arriva l’ora della disgrazia, facendosi amici con la frode i debitori del suo padrone. 
Qual è dunque l’atteggiamento che dobbiamo coltivare nei confronti della ricchezza?

Gesù enuncia un principio di incompatibilità: non si possono servire due padroni. Amare Dio. ponendolo al centro della propria vita,  è incompatibile con un cuore che fa del denaro il proprio idolo. Vale per  i beni materiali, ma anche  per quegli attaccamenti invisibili del cuore che sono i nostri idoli nascosti. Dio non può avere concorrenti.  Dio è Dio! Il discorso della parabola va oltre, nella direzione della carità. Non basta liberarsi dalla schiavitù del denaro. Occorre farlo in vista di un mondo giusto e fraterno. Usando una tecnica di persuasione di tipo sapienziale, Gesù ci consegna questo dovere facendo appello anche alla sua ragionevolezza: far del bene ci fa bene! Abbiamo infatti tutti bisogno gli uni degli altri. Avremo infine bisogno che qualche fratello ci accompagni alla presenza di Dio, al momento della nostra morte, quando ognuno di noi, ormai privo delle illusioni di questa terra,  porterà al suo cospetto la sua nudità  e il suo peccato.  Dio ascolterà a nostro favore la supplica dei poveri che abbiamo amato e servito. I poveri saranno i nostri giudici o i nostri avvocati. E' un ragionamento che ha il sapore di una minaccia, ma soprattutto quello di un incoraggiamento. Come se Gesù ci dicesse: coraggio! Provate ad amare! Oltre tutto, vi conviene…E di sicuro conviene costruire un mondo di fraternità e di pace. Abbiamo ascoltato a tal proposito le parole di Paolo incardinate sul disegno di Dio, il quale vuole “che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità”. Parole garantite dall’altra grande verità: per salvarci Dio ha messo in gioco il suo figlio Gesù, “l’unico mediatore tra Dio e gli uomini”, “che ha dato se stesso in riscatto per tutti”. Il nostro ritrovarci in Assisi in nome della pace non mette in parentesi questa verità, anzi poggia su di essa. Una verità da vivere e da annunciare.  Una verità che si fa preghiera.  Belle, a tal proposito, le parole che abbiano ascoltato nella prima lettera a Timoteo: “Ti raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità”.

San Giovanni Paolo II intuì, trent’anni fa, con l’iniziativa dello “spirito di Assisi”, che, per costruire la pace, bisogna far leva proprio sulla forza della preghiera. Una preghiera indirizzata a Dio che è amore e pace, e dunque fatta nell’amore e nella pace, come l’Apostolo ci ha ricordato: “Voglio dunque che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese”. Sia questo lo “spirito di Assisi” che viviamo in questi giorni, alla scuola di Gesù e del suo servo Francesco, in cordiale dialogo con tanti credenti, pur di diversa ispirazione, in preghiera con noi.   

L'APERTURA CON IL PRESIDENTE SERGIO MATTARELLA

Sempre domenica 18 al teatro Lirick alla presenza del presidente della repubblica, Sergio Mattarella si è svolta l'assemblea d'apertura.

"Lo scontro con la violenza estremista è anche uno scontro culturale. E quindi la cultura può prevalere sull'oscurantismo". Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella rispondendo ai giornalisti ad Assisi al termine dell'incontro che aperto il Meeting "Sete di pace". (ANSA)


Ad accogliere i presenti le parole del vicepresidente della Comunità di Sant'Egidio Hilde Kieboom. Molto emozionante il discorso del fondatore della Comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi che ha concluso sottolineando che "Il dialogo è l’intelligenza della coabitazione: un’arte necessaria in un universo, fatto di religioni, culture, civiltà differenti. Non un’unica civiltà, ma la più grande civiltà: la civiltà del vivere insieme. Qui laici e credenti si trovano insieme. Come ha detto il presidente francese, salutando un grande amico scomparso, Emile Poulat: “La laicità non è una dottrina, né un dogma, non è nemmeno la religione dei senza religione. Ma è l’arte del vivere insieme”. In questi anni, tanti mondi religiosi sono divenuti spazi del culto del dialogo e del vivere insieme. Diceva uno studioso di religioni, grande compagno del nostro cammino, Pietro Rossano: “Ogni religione quando esprime il meglio di sé tende alla pace. Siamo consapevoli che la religione in se stessa è una forza debole. E’ aliena dalle armi, dal denaro, dal potere politico… Ma possiede la forza dello spirito che può renderla forte, invincibile e finalmente vittoriosa”. E’ la forza dello spirito che conduce a vivere insieme in pace. Tutto questo ci conferma nella necessità di avere, tutti, un maggiore coraggio nel creare un movimento di pace".

A lasciare il suo saluto anche il granduca di Lussemburgo, Henri de Luxembourg  che ha detto: "La religione è anzitutto ciò che lega e unisce gli uomini. Presi individualmente, usciamo rafforzati nel nostro impegno da queste giornate di dialogo e incontro. Sul piano collettivo la concordia tra le religioni è un messaggio essenziale indirizzato all’umanità: davanti alle sfide del mondo attuale, la loro ragione d’essere è unire e non dividere".


Tra gli interventi anche il saluto del vescovo di Assisi Domenico Sorrentino: "Vi do il più caldo benvenuto a nome di questa Chiesa conosciuta nel mondo soprattutto per il suo grande figlio Francesco. Quello che Giovanni Paolo II definì “spirito di Assisi” ha certamente una relazione  con le scelte di vita di questo Santo, patrono della nostra Italia. Consentitemi  di consegnarvi, all’inizio dei nostri lavori, un’icona ideale di Francesco che prese forma proprio nel vescovado dove ho il privilegio di abitare. Mi riferisco al gesto con cui egli, sotto lo sguardo del padre e del vescovo, si spogliò di tutto, fino alla completa nudità. Esprimeva così il suo desiderio di conformarsi a Cristo, liberandosi delle ricchezze della terra, per essere un uomo libero e fratello universale. Quell’icona resta di attualità.  Se infatti  la guerra, in tante forme, ancora imperversa, è perché, in definitiva, ciascuno di noi è incapace di “spogliarsi” di sé facendosi carico fraternamente degli altri. Vale per i singoli, come per la società, per gli Stati come per le Chiese e le comunità religiose. Come  arginare la violenza e  promuovere un mondo accogliente e fraterno?  Quale può essere in questo il ruolo dei credenti? Certamente ci tocca in prima istanza il servizio della preghiera. Solo Dio può parlare ai cuori e concederci il dono della pace. Occorre poi intenderci sul senso di un’autentica religiosità, affermando che Dio è amore e sorgente di amore, e dunque gridando forte, e tutti insieme,  che uccidere in nome di Dio è il tradimento di una vita religiosa. Occorre infine  prendere sul serio l’invito di Francesco di Assisi a “spogliarci” di noi stessi: non certo rinunciando alla nostra identità e ai nostri valori, ma rinunciando  alle identità arroganti e pretenziose, alla voglia sfrenata di potere. È  lo spirito che Francesco  attinse da Gesù e  continua a irradiare nel mondo. È  lo spirito che suggerì a Giovanni Paolo II  di scegliere  la nostra Città quale luogo -simbolo di una nuova alleanza tra le religioni. È  lo spirito che Papa Francesco rilanciò tre anni fa ad Assisi, nella Sala della Spogliazione, auspicando una Chiesa che rinunci allo spirito del mondo per  rivestirsi di vangelo. La Chiesa di Assisi, cari amici, è lieta di accogliervi. Sia la testimonianza del Poverello a orientare i nostri pensieri e a qualificare il nostro incontro. A tutti buon lavoro". 

INTERVENTO DI BARTOLOMEO I: E' per me un onore rivolgermi a questa edizione degli incontri internazionali per la pace, quella del 30° anniversario, organizzata dai nostri cari amici della Comunità di Sant'Egidio, in collaborazione con la Diocesi di Assisi e dalle Famiglie Francescane. E' per me un particolare privilegio trovarmi alla presenza di tanti leader religiosi e politici, che desiderano sinceramente essere incisivi in un mondo che ha "sete di pace". Recentemente siamo stati testimoni del desiderio sincero che siano guarite le nostre comunità ed il nostro pianeta: è stato quando il mondo intero ha portato il lutto per la perdita di tante vite e tanta bellezza a causa del terremoto che ha colpito l'Italia centrale. Siamo dunque consapevoli che la pace, in quanto dono e fine che “supera ogni comprensione”, è qualcosa a cui aneliamo e che desideriamo con molta passione e con molta sofferenza. La si può ottenere soltanto attraverso un dialogo che non pone condizioni e attraverso la cura per tutta la creazione di Dio. Questa è una consapevolezza che da una parte è innata, dall'altra viene appresa.

Dialogo tra fedi e culture

Ho in mente quando, da giovane ragazzo, incontrai il Patriarca Ecumenico Athenagora, un leader straordinario, dalla sensibilità ecumenica, un uomo alto, con occhi penetranti ed una barba molto lunga. Il Patriarca Atenagora era noto perché invitava le parti in difficoltà ad incontrarsi insieme per poter risolvere il loro conflitto; diceva loro: “Venite, guardiamoci negli occhi e vediamo cosa abbiamo da dirci.” Aveva ben capito che la pace è qualcosa di personale! Il fatto di guardarsi l'un l'altro con onestà, al fine di comprendersi e cooperare reciprocamente è un concetto di vitale importanza all'interno di qualsiasi dialogo religioso che abbia lo scopo di stabilire la tolleranza e la pace nel mondo. In anni recenti siamo tutti stati testimoni di cambiamenti costruttivi e creativi nella società contemporanea,  nel senso di una maggiore apertura e integrazione nei confronti di altre fedi e minoranze. Allo stesso tempo nel mondo abbiamo sperimentato episodi di esclusione e violenza verso migranti e profughi. Se abbiamo veramente sete di pace dobbiamo sicuramente lavorare per la pace. Per questo motivo il Santo e Grande Concilio della Chiesa Ortodossa, nel messaggio conclusivo, ha dichiarato: “Un serio dialogo interreligioso aiuta in modo significativo la promozione della fiducia reciproca, della pace e della riconciliazione”.

La ragione fondante dell’apertura e del dialogo, in ultima analisi, è che tutti gli esseri umani si confrontano con le stesse sfide. Il dialogo, quindi, conduce persone provenienti da culture diverse ad uscire dall'isolamento, preparandole ad uno scambio di rispetto reciproco e coesistenza. Naturalmente, alcuni hanno delle convinzioni forti – potremmo dire fondamentaliste – e sacrificherebbero la propria vita piuttosto che cambiare le proprie opinioni. Altri, purtroppo, arriverebbero addirittura a togliere la vita a vittime innocenti pur di difendere il proprio punto di vista. E' questo il motivo per cui siamo obbligati ad ascoltare  con più attenzione, a “guardarci l'un l'altro” con amore e compassione, a guardarci più profondamente “negli occhi”. Infatti, in realtà, siamo più vicini l'uno all'altro di quanto non siamo distanti o differenti.

Naturalmente, non siamo così “naif” da affermare che il dialogo possa avvenire senza rischi o costi. Il fatto di entrare in relazione con  un'altra persona, di cultura o di fede diversa,  porta con sé l’incertezza del risultato finale. Tuttavia, quando ci convinciamo che il dialogo è possibile, avviene qualcosa di sacro. Nella volontà di abbracciare l'altro, al di là di ogni timore o pregiudizio, la realtà di qualcosa, o di Qualcuno, che è oltre a noi stessi, ci conquista. Ed allora ci rendiamo conto come il dialogo porta benefici che sono di gran lunga superiori ai pericoli.

Cultura ed ambiente

Abbiamo ripetutamente messo in risalto la nozione del mondo come nostra casa (oikos) e dei concetti correlati di economia (oikonomia) ed ecologia (oikologia). L' “Ecologia” è la cura della casa comune, mentre l' “economia” riguarda la sua gestione. Proprio per questo il Patriarcato Ecumenico ha dato particolare risalto, nella sua attenzione e nel suo ministero, alla salvaguardia dell'ambiente naturale. Questo pianeta è infatti realmente la nostra dimora, ma è anche la casa di tutti, come lo è di ogni creatura animale, come lo è di ogni vita che ha origine in Dio. Inoltre, è la casa delle giovani generazioni, inclusi coloro che devono ancora nascere. Sfortunatamente, la nostra economia globale sta crescendo fino al punto di superare la capacità del nostro pianeta di sostenerla.

E’ in gioco non solo la nostra capacità di vivere in modo sostenibile, ma anche la nostra sopravvivenza, come quella del pianeta. Come abbiamo avuto modo di notare dunque, la pace non è soltanto qualcosa di personale ma è anche “ecologica” raggiunge e tocca ogni aspetto ed ogni dettaglio della nostra vita e del nostro mondo. Con forza questa realtà ci è stata ricordata quando abbiamo visto la città di Amatrice in rovine, nei nostri giorni.

La teologia ortodossa compie un passo ulteriore e afferma che ogni azione umana lascia una traccia permanente sui poveri della terra. Il modo in cui l'uomo si comporta nei confronti del creato ha conseguenze dirette sulle altre persone. Infatti, i più colpiti dagli effetti del riscaldamento globale saranno coloro che potranno meno permettersi di subirli.

Inoltre, il problema dell'inquinamento è collegato direttamente a quello della povertà. Alla fine qualunque attività “ecologica” sarà misurata e giudicata per le conseguenze che avrà sulla vita dei poveri (come leggiamo nel Vangelo di Matteo, al capo 25). Voglio citare qui l'Enciclica del Santo e Grande Concilio: “L'approccio al problema ecologico sulla base dei principi della tradizione cristiana richiede non solo il pentimento per il peccato dello sfruttamento delle risorse naturali del pianeta  -quindi un cambiamento radicale nella mentalità e nel comportamento- ma anche l'ascetismo come antidoto al consumismo, alla divinizzazione delle proprie necessità e all'attitudine ad accaparrare”.

La cultura e la pace

Secoli fa un mistico cristiano dichiarava: “Acquista la pace interiore e migliaia attorno a te troveranno la loro pace”. In qualche modo il dialogo per la pace inizia dentro di noi. Questo implica a sua volta una dimensione religiosa, che non può essere mai separata dalla pace sincera, sia a livello locale che a livello globale. In quanto comunità religiose e leader spirituali dobbiamo ricordare costantemente alle persone la responsabilità e l’obbligo di scegliere la pace attraverso il dialogo.

Tuttavia, riuscire ad ottenere il dialogo e la pace chiama a un capovolgimento totale di ciò che è la norma per il mondo. Richiede una trasformazione dei valori che sono profondamente radicati nel nostro cuore e nella società. La trasformazione in senso spirituale è la nostra unica speranza di rompere il ciclo di violenza ed ingiustizia, poiché la guerra e la pace sono essenzialmente scelte umane.

Ciò significa che costruire la pace è una questione di scelta e di cambiamento individuale ed istituzionale. Comincia all'interno di noi e si irradia all’esterno, prima a livello locale e poi globale. La pace richiede perciò una sorta di conversione interiore (metanoia) – un cambiamento nelle politiche e nelle pratiche. Fare la pace richiede impegno, coraggio e sacrificio. Richiede la volontà di diventare persone del dialogo e una cultura del cambiamento.

E' molto importante dunque che le comunità di amore e solidarietà, come oggi Sant'Egidio, radunino leader religiosi e politici, autorità civili e rappresentanti della società affinché condividano la riflessione e la cooperazione  per trovare risposte ad un mondo che ha “sete di pace”. Cosa ci potrebbe essere di più opportuno per le tre maggiori Chiese Cristiane (Cattolicesimo, Ortodossia, Protestantesimo) come per le tre comunità di fede abramitiche (Ebraismo, Cristianesimo, Islam) che camminare insieme e collaborare per lo stesso scopo: alleviare le sofferenze di tutti gli uomini e perseguire il dialogo per la pace?

Conclusione

Cari amici, abbiamo cercato di delineare per voi le dimensioni profonde ed essenziali della pace, quella personale, quella ecologica e quella culturale. Accettare di essere comunità o culture che fanno propri il dialogo religioso, la consapevolezza ecologica e la  coesistenza pacifica è sempre una scelta su come vogliamo relazionarci agli altri, all'ambiente e al mondo.

Inoltre, abbiamo voluto sottolineare che la pace è un avvenimento comune, un'impresa collettiva. La pace deve essere una risposta ecumenica ad una responsabilità ecumenica. Possiamo preservare la pace e salvaguardare il nostro pianeta soltanto attraverso la cultura del dialogo.

L'unica domanda alla quale siamo chiamati a rispondere è: “Vuoi guarire?” (Gv 5,6). Se non lo vogliamo, rimarremo immobilizzati ed incapaci a dare una risposta alla sofferenza paralizzante attorno a noi. Ma se lo vogliamo, ci è stato assicurato che il più piccolo seme di pace può avere un effetto immenso sul mondo. E' così il Regno dei Cieli! (Mt 13, 13-32).

Che la benedizione di Dio sia su tutti voi.


 


 

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA