religione

Ramadan in Cina: vietato il digiuno a studenti, insegnanti e funzionari del governo

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Diversi Dipartimenti governativi della provincia occidentale del Xinjiang hanno proibito ai propri funzionari e agli studenti delle scuole nazionali di digiunare durante il Ramadan, mese sacro per i musulmani. La decisione sarebbe stata presa dal governo locale con l'appoggio di Pechino dopo gli attacchi terroristici che hanno sconvolto la Cina negli scorsi mesi. Le autorità centrali hanno accusato gli indipendentisti dell'etnia uighura - un tempo maggioritaria proprio nel Xinjiang - di aver progettato gli attentati a Pechino, Urumqi, Kunming e Guangzhou. Da parte loro, i capi etnici hanno sempre negato ogni coinvolgimento nei fatti di sangue. 

La provincia del Xinjiang è una delle più turbolente di tutta la Cina: qui vive l'etnia uighura, turcofona e di religione islamica, che ha sempre cercato di ottenere l'indipendenza da Pechino. Il governo centrale, da parte sua, ha inviato nella zona centinaia di migliaia di cinesi di etnia han per cercare di renderli l'etnia dominante. Inoltre impone serie restrizioni alla libertà religiosa, alla pratica musulmana, all'insegnamento della lingua e della cultura locale.

La Bozhou Radio e la Tv University - entrambi media del governo - hanno dichiarato che il bando al digiuno si applica ai membri del Partito, agli insegnanti e ai giovani: "Ricordiamo a tutte queste persone che non è permesso osservare il digiuno durante il Ramadan". Secondo un Ufficio meteorologico, che ha anch'esso adottato il bando, la norma "è stata emanata in accordo con le istruzioni che provengono dalle massime autorità".

Un portavoce del Congresso mondiale degli uighuri - Organizzazione con base in Germania che raccoglie la diaspora etnica e monitora la situazione della provincia - ha confermato le restrizioni e ha aggiunto che le autorità "hanno inviato agenti di sicurezza nelle case musulmane per controllare che le categorie coinvolte non osservino il digiuno. Queste restrizioni alla nostra libertà religiosa non faranno altro che peggiorare la situazione".

Isaaq Yousef, capo del Consiglio per le relazioni islamo-cinesi (organismo para-statale che regola la vita dei musulmani cinesi nel Xinjiang), nega invece il coinvolgimento di Pechino: "Non sono al corrente di questo bando, ma se è in vigore è di sicuro un'iniziativa presa dai funzionari locali e non dalle autorità centrali. Lo Stato non ha interesse a bandire le pratiche religiose, e se questo accade di solito è per colpa degli uffici meno importanti".

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