religione

Papa Francesco, se diamo scandalo come cristiani qualcuno si fa ateo

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Papa Bergoglio ha voluto sottolineare la responsabilità che abbiamo in qualità di cristiani verso il prossimo

Tutti siamo peccatori, e “questa fragilità,  questi limiti, questi nostri peccati, è giusto che procurino in noi un profondo dispiacere, soprattutto quando diamo cattivo esempio e ci accorgiamo di diventare motivo di scandalo”. All’udienza generale in piazza San Pietro, conclusa peraltro con un appello alla comunità internazionale per un maggiore sforzo a contrastare il virus di Ebola, Papa Francesco affronta il tema della “realtà visibile” della Chiesa, distinta dalla sua “realtà spirituale”. Se i cristiani danno cattiva testimonianza, ha detto Jorge Mario Bergoglio, può succedere che qualcuno esclami: “E, insomma, se questo o questa è cristiano, io mi faccio ateo”.

Quando si parla di Chiesa, ha rilevato Papa Francesco, “immediatamente il pensiero va alle nostre comunità, alle nostre parrocchie, alle nostre diocesi, alle strutture nelle quali siamo soliti riunirci e, ovviamente, anche alla componente e alle figure più istituzionali che la reggono, che la governano. E’ questa la realtà visibile della Chiesa”. Realtà spirituale e realtà visibile sono “due cose diverse o dell’unica Chiesa?”, è la domanda da cui è partito il Pontefice argentino.

 

Innanzitutto, la prima avvertenza,  “quando parliamo della realtà visibile della Chiesa, non dobbiamo pensare solamente al Papa, ai Vescovi, ai preti, alle suore e a tutte le persone consacrate. La realtà visibile della Chiesa è costituita dai tanti fratelli e sorelle battezzati che nel mondo credono, sperano e amano. Ma tante volte sentiamo dire: ‘Ma, la Chiesa non fa questo, la Chiesa non fa qualcos’altro…’ – ‘Ma, dimmi, chi è la Chiesa?’ – ‘Sono i preti, i vescovi, il Papa …’. La Chiesa siamo tutti, tutti! Tutti noi! Tutti i battezzati siamo la Chiesa, la Chiesa di Gesù. Da tutti coloro che seguono il Signore Gesù e che, nel suo nome, si fanno vicini agli ultimi e ai sofferenti, cercando di offrire un po’ di sollievo, di conforto e di pace. Tutti, tutti che fanno quello che il Signore ci ha mandato, tutti che fanno quello, sono la Chiesa. Comprendiamo, allora, che anche la realtà visibile della Chiesa non è misurabile, non è conoscibile in tutta la sua pienezza: come si fa a conoscere tutto il bene che viene fatto?”. 

In secondo luogo “dobbiamo chiederci: come la realtà visibile può porsi a servizio di quella spirituale”, ha proseguito il Papa, sottolineando che, sull’esempio di Gesù, “attraverso la sua realtà visibile, di tutto quello che si vede, i sacramenti e la sua testimonianza di tutti noi cristiani, la Chiesa è chiamata ogni giorno a farsi vicina ad ogni uomo, a cominciare da chi è povero, da chi soffre e da chi è emarginato, in modo da continuare a far sentire su tutti lo sguardo compassionevole e misericordioso di Gesù. Cari fratelli e sorelle – ha proseguito il Papa – spesso come Chiesa facciamo esperienza della nostra fragilità e dei nostri limiti … Tutti ne abbiamo. Tutti siamo peccatori, tutti, eh? Nessuno di tutti noi può dire: ‘Io non sono peccatore’. Ma se qualcuno di noi si sente che non è peccatore – ha proseguito a braccio interagendo con la folla di fedeli – alzi la mano, vediamo quanti? … Tutti lo siamo, eh? E questa fragilità, questi limiti, questi nostri peccati, è giusto che procurino in noi un profondo dispiacere, soprattutto quando diamo cattivo esempio e ci accorgiamo di diventare motivo di scandalo. Ma quante volte abbiamo sentito, nel quartiere: ‘Ma, quella persona di là, sta sempre in Chiesa ma sparla di tutti …’. Ma che cattivo esempio, sparlare dell’altro. Questo non è cristiano, è un cattivo esempio: è un peccato. E così noi diamo un cattivo esempio: ‘E, insomma, se questo o questa è cristiano, io mi faccio ateo’. Eh, perché la nostra testimonianza è quella che fa capire cosa è essere cristiano. Chiediamo di non essere motivo di scandalo. Chiediamo allora il dono della fede, perché possiamo comprendere come, nonostante la nostra pochezza e la nostra povertà, il Signore ci ha reso davvero strumento di grazia e segno visibile del suo amore per tutta l’umanità. Possiamo diventare motivo di scandalo, sì. Ma anche possiamo diventare motivo di testimonianza, essere testimoni che con la nostra vita diciamo: così Gesù vuole che noi facciamo”.

Il Papa ha concluso l’udienza con un appello dedicato “all’aggravarsi dell'epidemia di ebola”: esprimo, ha detto, “viva preoccupazione per questa implacabile malattia che si sta diffondendo specialmente nel continente africano, soprattutto tra le popolazioni più disagiate. Sono vicino con l'affetto e la preghiera alle persone colpite, come pure ai medici, agli infermieri, ai volontari, agli istituti religiosi e alle associazioni, che si prodigano  eroicamente per soccorrere questi nostri fratelli e sorelle ammalati. Rinnovo il mio appello - ha detto Jorge Mario Bergoglio - affinché la comunità internazionale metta in atto ogni necessario sforzo per debellare questo virus, alleviando concretamente i disagi e le sofferenze di quanti sono così duramente provati. Vi invito a pregare per loro e per quanti hanno perso la vita!”.

Al momento di salutare i pellegrini di lingua spagnola, il Papa ha anche menzionato i 43 studenti messicani scomparsi il 26 settembre scorso a Iguala, nello Stato meridionale di Guerrero, bruciati vivi dai narcos, con la presunta complicità del sindaco locale: “Vorrei oggi elevare una preghiera e avvicinare al nostro cuore il popolo messicano, che soffre per la scomparsa dei suoi studenti e per tanti problemi simili. Che il nostro cuore di fratelli stia loro vicino, pregando in questo momento”. Vatican Insider

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