religione

Papa Francesco alla sinagoga di Roma il 17 gennaio

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Papa Francesco visiterà la sinagoga di Roma nel pomeriggio di domenica 17 gennaio prossimo. E’ il terzo Pontefice, dopo Giovanni Paolo II nel 1986 e dopo Benedetto XVI nel 2010 a compiere la visita nel tempio maggiore della comunità ebraica romana sul lungotevere de’ Cenci.

«A seguito dell'invito del Rabbino Capo e della Comunità Ebraica di Roma, Papa Francesco si recherà in visita al Tempio Maggiore nel pomeriggio di domenica 17 gennaio 2016», hanno comunicato in contemporanea la sala stampa della Santa Sede e la comunità ebraica di Roma. «La visita sarà caratterizzata dall'incontro personale del Papa con i rappresentanti dell'ebraismo e i membri della Comunità. Il programma più dettagliato della visita sarà comunicato a suo tempo».

La nota congiunta ricorda che si tratta della terza visita di un Papa al Tempio Maggiore di Roma. Il primo a visitare la sinagoga della comunità ebraica capitolina – presente peraltro a Roma da prima ancora della nascita di Gesù Cristo – fu Giovanni Paolo II che il 13 aprile del 1986 fu accolto dallo storico rabbino Elio Toaff. Il 17 gennaio del 2010 fu Benedetto XVI a visitare la sinagoga accolto dallo stesso rabbino Riccardo Di Segni che accoglierà Papa Francesco il prossimo 17 gennaio.

Sono noti i cordiali rapporti di Jorge Mario Bergoglio con la comunità ebraica sin da quando era arcivescovo di Buenos Aires. Una lunga amicizia lo lega al rabbino argentino Abraham Skorka, che accompagnò Francesco anche nella sua visita a Gerusalemme nel 2014 assieme ad un altro amico argentino, il musulmano Omar Abboud. Il rabbino Di Segni, da parte sua, in una recente intervista all’Espresso, ha avuto parole di stima per Francesco non prive di qualche critica: «Ripropone l’idea che, con l’arrivo di Gesù, il Dio dell’Antico Testamento è cambiato: prima era severo e vendicativo, poi è diventato il Dio dell’amore. Quindi gli ebrei sono giustizialisti e i cristiani buoni e misericordiosi. È un’aberrazione teologica molto antica, che è rimasta una sorta di malattia infantile del cristianesimo».  Francesco, ha detto ancora il rabbino capo della comunità romana, guidata da alcuni mesi da Ruth Dureghello, è «un Papa molto interessante, con il quale si riesce a dialogare», ma «continuare a usare, come fa il Papa, il termine “farisei” con una connotazione negativa può rinforzare il pregiudizio in un pubblico non preparato». Di Segni ha detto di aver esposto questo argomento al Papa, in un incontro avvenuto nei mesi scorsi, riferendo questa risposta del Papa: «Capisco benissimo. Io sono gesuita e anche la parola “gesuita” fa un brutto effetto». «Ho visto – ha chiosato il rabbino romano – che poi ci è stato più attento». Ricordando i 50 anni della dichiarazione conciliare Nostra aetate, a ottobre scorso, il Papa ha sottolineato la «vera e propria trasformazione che ha avuto in questi cinquant’anni il rapporto tra cristiani ed ebrei»: «Indifferenza e opposizione si sono mutate in collaborazione e benevolenza. Da nemici ed estranei, siamo diventati amici e fratelli. Il Concilio, con la Dichiarazione Nostra ætate, ha tracciato la via: “sì” alla riscoperta delle radici ebraiche del cristianesimo; “no” a ogni forma di antisemitismo e condanna di ogni ingiuria, discriminazione e persecuzione che ne derivano». (Vatican Insider)

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