opinioni

Umanesimo fraterno

Savino Pezzotta
Pubblicato il 30-11--0001



Tra le molte indicazioni della recente enciclica del Papa “Caritas in Veritate” quella che maggiormente mi ha intrigato e interrogato è stata quella della fraternità. Da tempo, nemmeno noi cristiani eravamo abituati a utilizzare questo termine preferendogli quello più neutro di solidarietà. Noi viviamo in un clima di profonde incertezze, di timori e paure che la crisi economica non ha fatto altro che accentuare. In questa situazione la solidarietà è certamente importante, ma perché si crei un nuovo clima sociale, bisogna porla sotto il segno della fraternità, se si vuol davvero camminare verso nuove relazioni umane non più determinate dagli schemi puramente economici in cui siamo stati racchiusi.
Se la fraternità deve essere l'idea guida e l'orizzonte di riferimento del nostro stare da laici cristiani nel mondo, implica la messa in campo di alcuni criteri di discernimento per definire la fraternità: non è data dai legami di sangue, di nazione, di razza, di etnia: non si è fratelli perché si è uguali, ma perché si è diversi; non è costituita dai legami di classe, di ceto o di interessi; non si fonda su legami di potere come aristocrazia, elites, corporazioni, lobbies, appartenenza partitica; non si costruisce su raggruppamenti mafiosi di diverso tipo.
Si vede bene che facilmente l'idea di fratellanza può essere confusa con delle appartenenze che dividono i noi dai loro, i forti dai deboli, i ricchi dai poveri. Compito dei laici che operano nel sociale e in politica è anche quello di svelare e mettere a nudo le false idee di fratellanza, i credenti sanno di essere fratelli in nome di Dio e fi gli dello stesso Padre. In questa prospettiva si racchiude una specifica visione delle relazioni umane.
Non può nemmeno essere un'assicurazione, la spiegazione a priori, la ricetta. Al fondo resta sempre il nostro agire, la nostra responsabilità di fronte agli uomini. Portare la lampada della fratellanza significa cercare di immettere dentro i percorsi della solidarietà e della responsabilità, il carburante dell'amore umano.
La fraternità nasce da un vincolo di amore, di riconoscimento, dalla capacità di specchiarsi e di riconoscersi nel volto dell'altro, come somiglianza dell'Altro cui devo tendere. È motivo di profonda interrogazione pensare che l'uomo sia fatto, come dice la Scrittura, a immagine di Dio. Vorrei anche rilevare che non c'è fraternità dove non c'è misericordia, in altre parole la comprensione dei limiti, della fragilità propria e altrui. Collocarsi in questa prospettiva non è facile e richiede uno sforzo perché si reintroduca, in questa società – che tutto sottopone a giudizio e che condanna prima delle prove e dei processi –, la logica della comprensione e del perdono.
Bisognerebbe che sempre si tenesse a mente che tutti siamo sempre e comunque costretti ad attraversare il territorio del demonio e che possiamo esserne catturati. La fraternità, la misericordia, la comprensione dell'umano e il perdono dovrebbero costituire i tratti dello stile con cui il cristiano sta nelle realtà del mondo.

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