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La festa di Santa Chiara

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Omelia dalla Terra Santa

La Chiesa universale celebra oggi la festa di S. Chiara d'Assisi. In quest'occasione porgiamo i nostri migliori auguri alle nostre care Suore Clarisse e preghiamo il Signore che il loro numero possa crescere sempre di più.

Tali vocazioni sono per noi un tesoro, di cui la Chiesa locale ha grande bisogno. Confidiamo nella loro preghiera per realizzare i nostri sogni e le nostre speranze, perché Gerusalemme possa essere città di pace e di convivenza, che è la vocazione propria della Città Santa.

Siamo grati a S. Chiara che ci ha riunito attorno all'altare per celebrare insieme la sua memoria, per meditare le sue virtù e per cogliere dalla sua vita un messaggio valido per tutti noi.

Conoscete la celebre frase di Tommaso da Celano, biografo di S. Chiara d'Assisi "Chiara è il suo nome, la sua vita fu tutta trasparente e la sua anima ancor più limpida".

Chiara nacque ad Assisi l'11 luglio 1194, e già nel corso dell'infanzia, anima assetata di infinito, si sentì attratta totalmente da Dio. Doveva avere circa 16 anni quando sentì S. Francesco per la prima volta. Di tutte le anime che si rivolsero a lui, nessuna toccò così profondamente Francesco come la sua.

Chiara non dovette più cercare la sua strada: l'apostolo della povertà le pose innanzi tracce molto chiare: non ebbe che da mettersi personalmente in cammino, cedendo all'invito, lasciandosi guidare dal Signore, come il suo protettore san Francesco.

Come tutte le anime belle che si consegnano totalmente a Dio, anche lei incontrò un'opposizione violenta, sia da parte della sua famiglia che dall'ambiente in cui viveva. Comprese che la consacrazione al Signore esigeva tutto, non potevano esserci mezze misure: o donarsi, oppure ritirarsi. Chiara non era di quelle persone che vivono di compromessi. Abbracciò radicalmente la nuova via, anche se ciò comportò spezzare i legami con la famiglia. La sera della Domenica delle Palme, il 18 marzo 1212, abbandonò la casa paterna e si diresse alla Porziuncola, una povera cappella sperduta nei boschi di Assisi. Francesco l'attendeva sulla soglia. Accogliendo la giovane Chiara, accolse il più bel tesoro che gli fu donato di offrire a Dio.

Una volta rivestita con la tunica di lana grossolana e con il velo, Chiara pronunciò i tre voti religiosi e promise obbedienza a Francesco, che la condusse dai Benedettini di S. Paolo, presso il convento di Sant'Angelo. Chiara subì una reazione ed un attacco terribile da parte dei suoi familiari, che si ripetè due settimane dopo, quando sua sorella Agnese, all'età di soli 15 anni, decise di raggiungerla e di vivere con lei. Tutti gli sforzi dei familiari per costringere Chiara e la sorella a rinunciare alla loro vocazione, furono vani. Anzi, successivamente Chiara e Agnese ebbero la consolazione di vedere anche la più giovane sorella Beatrice – in seguito Madre Ortolana - unirsi a loro in tale scelta di vita. Questa è un pò la storia di tutti i nostri monaci ed eremiti, della Palestina o di altri luoghi, che si separarono dal mondo e andarono nel deserto per consacrarsi pienamente a Dio. Ma poi la loro fede e la loro fama attirò altri a seguirli, così i loro conventi si riempirono di nuovi cercatori di Dio.

Ma a Chiara non bastò essere benedettina. Avrebbe voluto fondare un nuovo ordine con la sua propria regola. Francesco le offerse un piccolo convento annesso alla chiesa di San Damiano, destinato a diventare un luogo in cui far ritorno a Dio, una cellula viva di fede ardente, un giardino in cui far germogliare tante anime belle, chiamate le «povere Dame». Questo è anche ciò che desideriamo ed auguriamo al nostro Monastero di Gerusalemme, quando Dio vorrà.

Chiara ci è di esempio in tanti aspetti della vita. Visse infatti delicatissimi gesti di attenzione verso le sue consorelle, di toccante compassione. Nella sua carità era pronta a tutto, a donare la sua stessa vita.

Il numero delle suore clarisse crebbe, tanto che il piccolo monastero divenne troppo stretto. Le fondazioni si moltiplicarono, la santità rifulse: ben 16 beate risalgono alla prima generazione delle Povere Dame, e 8 invece provengono dai conventi fondati in seguito.

Chiara rimase fedele fino alla morte alla sua consacrazione, tutta rivolta al bene delle anime, e mostrando il cammino della perfetta letizia. La sua vita si consumò per amore a Gesù Cristo.

All'alba dell'11 agosto 1253 si avvicinò sorella morte. Chiara scrisse: “Ho in me tutta la gioia del cielo, la povertà mi apre la porta”. Attraversò presto la soglia.

Pensando a tutti i monasteri di clarisse nel mondo, pensando alla vocazione di S. Chiara e a quella di ciascuno di noi, emerge chiaramente che è Cristo che chiama. Ma a che cosa chiama? Chi può conoscere in anticipo dove lo condurrà la sua vocazione di consacrato, di religioso, di religiosa, di padre o di madre di famiglia, secondo quale itinerario si svolgerà? Quali sono le conseguenze di questa chiamata per la persona interpellata, per la società o per la Chiesa? Si tratta sempre di una chiamata d'amore da parte di chi interpella e di una risposta di fede e di fiducia da parte di chi risponde all'invito. Gesù chiama. Ci invita a seguirlo, senza soffermarci sulla nostra situazione, sui nostri limiti, sulla nostra età, e nemmeno sulle obiezioni che ci si presentano. Ci chiede di seguirLo ovunque vada, senza alcuna garanzia, se non quella di sapere che è Lui che chiama.

Nel leggere le vite dei Santi, leggendo il Vangelo, possiamo ben comprendere da dove provenga la nostra vocazione, la nostra scelta di essere cristiani in questo paese, la nostra scelta di essere discepoli del Nazareno. Il Golgota non è lontano da qui, e così pure non è più un segreto la situazione drammatica di tante persone, di tanti genitori e di tanti bambini.

Sappiamo a memoria le parole di Cristo, sia quelle che ne annunciano la passione e la croce sia quelle, rassicuranti, che promettono la pace ai discepoli.

Care sorelle clarisse, noi crediamo nella vostra scelta di vita, crediamo nella forza della vostra preghiera e nei canti di lode che si innalzano da questo monastero.

Nel Vangelo di oggi, per dieci volte Gesù ci invita a dimorare: “a dimorare in Lui”, a "dimorare nel Suo amore”. Quale migliore definizione della preghiera e della contemplazione? Dimorare implica il rimanere raccolti, attenti, concentrati in Lui. È l'opposto della dispersione e dell'agitazione. Dimorare in Gesù significa abitare con Lui nella casa del Padre, alla brezza leggera dello Spirito. Dimorare è trovarsi al cuore della realtà, al cuore dell'attualità. Dimorare è in fondo come una nuova incarnazione.

Care sorelle, voi che avete scelto di dimorare in Dio per tutta la vostra vita, e sempre in questo stesso luogo, noi abbiamo veramente bisogno di voi, come di tutte le altre anime contemplative:

- per non lasciarci abbattere dal peso della situazione, - per indicare alle persone il Dio di amore, di misericordia e di perdono, - per dire che Gerusalemme rimane la città della pace e della convivenza, e che dovrebbe essere la dimora di Dio tra gli uomini.

Cari amici, questa mattina abbiamo approfondito la nostra personale vocazione. Non si è cristiani o consacrati per rimanere in casa propria a giudicare gli altri, senza far nulla da parte nostra. Sappiamo che se desideriamo essere coerenti con la nostra vocazione cristiana, dobbiamo trovare un certo equilibrio umano e gettarci nelle braccia della Provvidenza.

Se Cristo è venuto per salvare i peccatori, penso che a Gerusalemme ci sia abbastanza materia prima da salvare … una persona, oppure una società che negando o rifiutando la salvezza offerta da Cristo, va in rovina.

Care sorelle, auguri e buona festa a tutte voi.

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