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GIANNI LETTA, SAN FRANCESCO E' LIBERTA'

Redazione
Pubblicato il 30-11--0001

Riportiamo di seguito il saluto di Gianni Letta, ex Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, per l'apertura della mostra "Frate Francesco, tracce, parole, immagini". L'esposizione, presso il Museo del Tesoro della Basilica di S. Francesco in Assisi, è aperta fino al 31 maggio dalle 10.00 alle 17.30

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Saluto il ritorno a casa di Frate Francesco. Bentornato Frate Francesco all' "italica erba", come scrisse Dante nell'XI canto del Paradiso quando ne raccontò il rientro dalla missione nelle terre di Saladino.

Il paragone non è azzardato.


Il viaggio delle sue "tracce, parole, immagini" ha infatti avuto il suo punto culminante a New York, nel Palazzo dell"Onu. Credo che durante la sua vita mortale Frate Francesco abbia soltanto una volta raggiunto una mèta così simbolica e rischiosa, quando cioè volle appunto recarsi in Siria, farsi incatenare pur di essere portato "ne la presenza del Soldan  superba", come ne scrisse Dante sempre in quel canto a lui dedicato. Al Sultano, nipote di Saladino, "predicò Cristo e li altri che 'l seguiro".



La mostra che oggi qui presentiamo non ha pretese evangelizzatrici, eppure la cultura quando è segnata dall'impronta di una personalità eccezionale comunica qualcosa oltre se stessa, quasi fosse animata da una presenza vivente. Questa mostra sembra davvero investita dal vento dello Spirito. Del resto Assisi chiama lo Spirito Santo come le guglie i fulmini.


Basta guardare i codici che riportano le agiografie di Tommaso da Celano e di San Bonaventura da Bagnoregio, guardare i volti di Francesco e dei suoi frati impressi sulla pergamena per esserne afferrati e sentire sorgere in noi la domanda discreta su che cosa sia il bene più prezioso.



Oso continuare il paragone tra la Siria del XII secolo e il Palazzo dell'Onu di oggi. Non so quale tra i due ambienti avesse più bisogno di conversione. Non fu martirizzato, Francesco, nemmeno maltrattato, ma il suo invito a credere nel Nazareno non fu accettato, perché la gente "era troppa e troppo acerba", e tornò al "frutto de l'italica erba", cioè a mietere conversioni qui. Ma qualche seme rimase. E di certo insegnò un metodo. L'umiltà dinanzi alla superbia. Sono rimasti gli stessi semi nella capitale del mondo e nel suo simbolo universale che è il Palazzo di cristallo?



Di certo non pare che  la predicazione di Francesco all'Onu sia stata meno difficile. Quella di allora come quella di oggi, la si può ben definire una missione impossibile. Eppure Francesco andando dove tutti lo sconsigliavano, esponendosi al pericolo e all'insuccesso, insegna che non esiste luogo impermeabile ai valori evangelici che Frate Francesco incarnò fino ad averne il corpo segnato.


Pretendere che l'Onu diventi una confraternita di terziari francescani dopo quella mostra è troppo. Ma qualcosa si è mosso. Non si sposta mai invano Frate Francesco. Tutto è molto misterioso: è un fatto che i frati minori sono stati i soli a poter circolare per l'Impero Ottomano dopo la visita di Francesco al sultano Al Malik al Kamil.



Così questa mostra ha ripetuto prima a New York e rinnova adesso qui la testimonianza di un umilissimo genio religioso, Francesco. E questa mostra restituisce quella vicenda con la forza di un torrente impetuoso di immagini e parole.

Ė tale la vivezza niente affatto archeologica di quel che si può ammirare nella esposizione che oggi inauguriamo, che chi arriva con l'animo aperto alla meraviglia può davvero uscire più lieto e fiducioso.




Concludo osservando una strana parentela tra New York e Frate Francesco. Il simbolo della New York dell'Onu è la Statua della Libertà? E l'etimologia del nome Francesco rimanda a libertà. Proprio così, il cuore del suo nome era libertà, lui che predicò la Santa Obbedienza. Eppure c'è stato mai qualcuno più pienamente libero di Francesco che volle essere deposto nudo sulla nuda terra? Io credo che se il nostro Occidente e la nostra Italia vogliono salvarsi devono dare alla libertà il volto di Francesco.


Francesco è la libertà. E oggi la libertà se non vuol diventare disfacimento, dissipazione, nichilismo disperato, deve cominciare a scoprire nella sua etimologia il nome di Francesco. Se Francesco era davvero libero, allora la libertà per essere  davvero se stessa dev'essere francescana. E l'Onu se vuole essere efficace per difendere la pace, i poveri, la natura deve farsi battezzare con i nomi di Francesco e Chiara.

Buona presentazione, buona mostra!

Gianni Letta

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