fede

La confessione del Papa

Massimo Milone
Pubblicato il 30-11--0001

In quel confessionale, l’incontro della Misericordia, del Padre. L’immagine di papa Francesco che si inginocchia e si confessa ha fatto il giro del mondo. Come sempre. Ed ha avuto un duplice significato. Ribadire, con la forza dell’esempio, che nel confessionale “tutti andiamo a trovare un Padre che ci aiuti a cambiare la vita, un Padre che ci perdoni in nome di Dio”. Riaffermare il servizio ma anche la responsabilità del sacerdote che deve essere “mite, benevolo e misericordioso” perché “è precisamente un cuore di Padre che noi vogliamo incontrare quando andiamo nel confessionale”. 

Dunque, un sacerdote. Non uno psicologo, non un sociologo, non un operatore sociale, non un comunicatore. Un sacerdote. Ossia, il tramite con quel Dio che “sappia seminare speranza nei cuori” come ha più volte detto il Santo Padre. Ribadendo con forza, giorni fa, tempo di Quaresima: “Dio ci ama sempre nonostante i nostri peccati. Approfittiamo del tempo di quaresima per ricevere il suo perdono nel sacramento della confessione e vivere come veri figli di Dio”. 

Nel cuore ormai del Giubileo la riflessione sul ruolo del sacerdote, nella Chiesa cattolica appare fondamentale. Nonostante la crisi vocazionale, peraltro sottolineata, con dolore, dallo stesso Pontefice, quando, parlando a braccio davanti a sacerdoti e suore per il Giubileo della Vita Consacrata esclamò: “sono disperato, il rischio è che le congregazioni sempre più piccole si attacchino ai soldi che sono lo sterco del diavolo…” Si chiese: “cosa succederà? Perché il ventre della vita consacrata diventa tanto sterile?” Ricordo una sintetica e felice espressione usata, anni fa, in un forum sulla crisi delle vocazioni. “La società dello zapping – fu scritto – non facilita scelte definitive”. È più che mai vero. Fedeltà, sacrificio, rinuncia, valori antichi? Ma la “rivoluzione spirituale” di papa Francesco, ferma e dolce al tempo stesso, siamo sicuri porterà consapevolezze nuove. 

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