fede

INSEGNARE AGLI IGNORANTI, LA II OPERA DI MISERICORDIA SPIRITUALE - ANDREA RICCARDI

Andrea Riccardi
Pubblicato il 30-11--0001

“Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell’istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che ‘respingete’. Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate”.

Le parole che aprono la “Lettera a una professoressa”, scritta nel 1967 dai ragazzi della scuola di Barbiana, ancora oggi trasmettono con immediatezza la grande passione educativa che ha caratterizzato per secoli, in forme, luoghi e circostanze diversissimi, la vita della Chiesa e che molti cristiani hanno vissuto e ancora vivono.

Nel caso di don Milani erano gli anni del boom, il miracolo economico italiano che, pur riducendo i tassi di analfabetismo, lasciava ancora indietro tanti figli dei poveri. Ma si potrebbe citare, per restare in età contemporanea, la formazione delle classi dirigenti africane protagoniste della decolonizzazione, in gran parte prodotto delle scuole dei missionari; o le scuole di tanti istituti religiosi in Medio ed Estremo Oriente, come laboratori di simpatia, di tolleranza e di dialogo per moltissimi credenti musulmani e di altre religioni. L’opera di misericordia a cui la tradizione dà il nome di “Insegnare agli ignoranti” traccia nella storia un filo mai interrotto, da cui si dispiegano pagine belle e luminose dell’apostolato cattolico.

La passione del “fare scuola” è stata contagiosa e continua ancora oggi a dare forza a tanti cristiani, giovani e meno giovani, che, gratuitamente, spendono il proprio tempo a raccogliere i bambini di strada delle periferie del mondo e, all’aperto, magari sotto un grande albero, senza banchi o lavagne o registri, si impegnano perché un giorno possano uscire dalla miseria: la mancanza di istruzione, infatti, è da sempre la prima grande causa di povertà. Anche piccole e povere scuole “informali” possono diventare scuole di vita, di pace, di amicizia.

Oggi in Italia siamo di fronte ad una nuova grande sfida educativa: quella dei “nuovi europei” che arrivano nel nostro paese aggiungendo linfa vitale ad una società invecchiata e immobile. Non basta accoglierli, occorre integrarli. Per farlo non c’è altro modo se non quello di partire dall’insegnamento della lingua. La scuola è sempre stata in questi anni uno dei principali fattori di integrazione, non solo nei confronti dei i minori ma favorendo la partecipazione e la responsabilizzazione delle loro famiglie. Oggi il 38% degli immigrati in Italia parla italiano anche all’interno del proprio nucleo familiare; ed oltre il 50% delle donne straniere lo legge e lo scrive, oltre che parlarlo, abitualmente e frequentemente. E’ il nuovo “modello italiano” del vivere insieme cui guardiamo con molta speranza.

Andrea Riccardi


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