cultura

Il mio incontro con Pasolini, il racconto esclusivo di padre Ugolino

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

'on potevo fare a meno di porgli delle domande, gliene porsi molte su Cristo suggeritemi dal suo film'

Grosseto, 3 giugno 1968. Serata piovosa. Sembra essere in pieno inverno. Il cattivo tempo ha colpito tutto il grossetano per diversi giorni con violenti temporali.

Squilla il telefono del convento, è Pier Paolo Pasolini: Caro frate, ho bisogno di parlarti. Posso venire da te? Aspettami che arrivo.Prese un taxi e si precipitò al convento, erano circa le venti.


In completo grigio, senza cravatta, ombrello in mano e impermeabile grigio mi salutò in maniera molto affabile, non riuscendo a nascondere l'irrequietezza del suo animo. Era in polemica con la stampa cattolica che lo attaccò per il suo articolo apparso sul Corriere della Sera "Il folle slogan dei jeans Jesus". Cercai di chiarirgli le posizioni della Chiesa, non credo che lo convinsi, ma lo calmai.

Le sue tesi diametralmente opposte a quelle cattoliche erano rese ancor più nette da una barriera che lui stesso aveva eretto e difficile da abbattere.


La conversazione si protrasse per due ore, passando da un argomento all'altro con una confidenza amichevole, senza nasconderci niente.

Il dialogo entrò nel vivo. In quel momento conobbi chi fosse veramente Pier Paolo Pasolini. Era un uomo diviso da problematiche, contrasti interiori, disorientamenti morali, dubbi , indecisioni e tentennamenti.

Parlava volentieri dei sui problemi con me e con i sacerdoti della Pro Civitate Christiana.


Nel corso del tempo passato insieme gli chiesi un suo parere sulla cultura italiana, la risposta fu abbastanza negativa perché in questo momento è a livello piuttosto provinciale e poco organizzata.

Non potevo fare a meno di porgli delle domande, gliene porsi molte su Cristo suggeritemi dal suo film "Il Vangelo secondo Matteo", in cui umanizza con cruda realtà la figura del Salvatore, in un racconto di "poetica tristezza". Gli feci notare che il suo Cristo era "sindacalista e rivoluzionario", quindi ne veniva fuori un Vangelo secondo Pasolini e non secondo Matteo.


Mi sorrise rispondendo: Ho visto Cristo con due "occhi", uno il mio di uomo razionale, moderno e laico; l'altro è lo sguardo dell'uomo semplice e molto credente. Le due visioni integrano a vicenda, mi spiego: l'ho visto come figlio di Dio, misticamente, religiosamente ma allo stesso tempo l'ho visto come un rivoluzionario.

Gli domandai se prima o poi, quel Cristo che ebbe tanto successo al cinema, avrebbe detto qualcosa anche a lui. Le convinzione religiose o il non credere, sono come dei blocchi di quarzo. È sempre misteriosa la ragione che causa lo scioglimento di questi blocchi, quindi non posso risponderti né si né no.


Mi commosse profondamente quando mi si rivolse con queste parole: Vedi, caro frate, tu ed io siamo uno di là e uno di qua dal fiume. Ci unisce un ponte dove incontrarci. Entrambi dobbiamo fare un po' di strada. Sono certo che non rinuncerai a fare quei passi preziosi per me.

Tentai di farli, lui aveva appena iniziato a farli quando, quella notte del 2 novembre 1975, venne barbaramente ucciso. di padre Ugolino Vagnuzzi

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