cultura

Francescanesimo/ Intervista al Custode di Terrasanta padre Pizzaballa. I rapporti religiosi e istituzionali

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Il francescano padre Pierbattista Pizzaballa è il Custode di Terrasanta, la rappresentanza della Chiesa Latina più importante in Medio Oriente. Lo abbiamo incontrato a Gerusalemme, presso la sede della Custodia, nel convento di San Salvatore.


Il Custode è colui che, sì, protegge, ma è anche colui che deve far rispettare gli steccati e mantenere l’intruso fuori dal proprio terreno. Ci sono estranei che non devono entrare nei luoghi venerati dai cristiani?
E’ vero, Custode significa custodire i luoghi, ma significa anche custodire l’esperienza e questo è importante che lo si sappia. Non si tratta, quindi solo di custodia materiale, ma anche, anzi direi soprattutto, di custodia spirituale. Una cosa importantissima per chi va in Terra Santa e che da fuori si comprende poco, è che la Storia ti consegna un bagaglio con cui devi fare i conti. L’autorità di riferimento, prima della fondazione dello stato d’Israele era l’Islam. Ma non dovevamo difendere i luoghi solo dall’Islam, ma anche dal cristiano non cattolico. La difficoltà che aveva la Custodia, in questo senso, non era tanto di proteggere i luoghi santi dagli islamici, quanto di proteggere i luoghi santi dai cristiani non cattolici.


Sembra quasi che l’infedele contro cui si erano lanciate le crociate, sia divenuto, in un certo senso, un alleato, mentre i nemici siano diventati i fratelli separati.
E’ paradossale, ma bisogna comunque evitare la semplificazione. Tutto in Terra Santa va a doppio binario: quello istituzionale e quello privato. Anche nei momenti di crisi istituzionale, è sempre possibile e il dialogo e il dialogo esiste sempre, anche con chi, dall’esterno, sembra sordo ad ogni richiamo.


Una delle peculiarità della comunità islamica è che, dopo la caduta del califfato non vi è una carica istituzionale di vertice. Immagino, quindi, che l’ostacolo principale riscontrato dal Custode in Terra Santa sia la difficoltà di trovare, specie nell’islam, un interlocutore valido e rispettato da tutti.
Oggi dobbiamo distinguere tra le autorità civili e religiose. Tra le autorità civili l’unico punto a cui dobbiamo fare riferimento è Fatah e Abu Mazen. Con Hamas, invece, non abbiamo molti rapporti, se non di cortesia, ma nulla di più. Non c’è, comunque, questa tensione e inimicizia che spesso si pensa che esista leggendo i media in Europa e negli Stati Uniti. Hamas, ed i musulmani in genere, non hanno alcun interesse a creare problemi con i cristiani per non attirare le critiche dall’Occidente.


Difficile non entrare in questioni politiche in paesi a maggioranza islamica. Specialmente in nazioni, come la Siria, dove si sta consumando una crisi civile che colpisce qualunque campo umano.
Noi dobbiamo essere il più possibile neutrali. Dobbiamo stare vicini e tra la gente, accogliere ed aiutare tutti, sia che siano pro Assad, sia che siano contro Assad. I francescani in Siria sono comunque sempre stati ben trattati dal regime che oggi è così contestato.


Come vede oggi i rapporti con gli ebrei?
Non possiamo propriamente parlare di rapporti con gli ebrei. Ci sono ebrei ashkenaziti e sefarditi, ebrei che provengono dalla Russia e ebrei che provengono all’Etiopia. Preferiamo quindi parlare di rapporti con Israele e lo stesso si può dire dei musulmani. Il problema non è il rapporto con le istituzioni in sé, con cui ci può essere anche qualche divergenza dialettica, bensì il rapporto con gli elementi estremi della società. Estremi non solo nei confronti dei cristiani in quanto tali, ma estremi in tutto: dal carattere che il paese dovrebbe assumere, nella vita politica, negli insediamenti e anche nelle relazioni interreligiose. Questi sono gli ostacoli principali.


Il conflitto palestinese-israeliano viene spesso mostrato a carattere religioso. Che altro c’è in realtà?
Difficile rispondere. Il conflitto è innanzitutto politico e sociale. Esiste un conflitto tra identità palestinese e identità ebraico-israeliana. Ma, come dicevo prima, non puoi distinguere le identità dall’appartenenza religiosa, per cui diventa anche religioso, ma, al tempo stesso, non lo è. Riassumendo in poche parole ed in un semplice concetto: i palestinesi vogliono la loro terra. Molto semplicemente. L’elemento religioso diventa fino ad un certo punto l’elemento unificante.


Chi ha le chiavi per risolvere questo conflitto?
Non credo che qualcuno abbia le chiavi e sono assolutamente d’accordo che una volta ottenuta la terra, il conflitto non si risolverebbe perché ormai è degenerato in altre ramificazioni. Oramai Israele è percepito dal mondo arabo come un’intrusione occidentale. E’ però vero che, finché i palestinesi non riavranno la terra, ci sarà sempre motivo di conflitto con Israele. In altre parole: non credo che ci sarà una soluzione. Inviato Piergiorgio Pescali

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