cultura

Curiosità, quelle nuvole nella Basilica di San Francesco

Redazione
Pubblicato il 30-11--0001

Se qualcuno mi chiede cosa è per me la bellezza: la bellezza – dico io – la bellezza è un cielo con le nuvole

Se qualcuno mi chiede cosa è per me la bellezza: la bellezza – dico io – la bellezza è un cielo con le nuvole. E lo dico pensando a un celebre film di Pier Paolo Pasolini, non a caso intitolato Che cosa sono le nuvole? Il film fu girato nel 1967, con Totò e Ninetto Davoli nelle parti di Jago e di Otello, burattini impegnati nella recita del Moro di Venezia di William Shakespeare. La congiura di Jago ai danni di Otello e di Desdemona s'interrompeva quando il pubblico prendeva le difese di quest'ultima, facendo scempio dei due burattini. Jago e Otello erano raccolti da un "monnezzaro" – Domenico Modugno! – che aveva l'incarico di gettare la spazzatura in una discarica, a significare la morte. Una volta raggiunta la meta, una proda erbosa piena di sporcizia, Otello scopriva il cielo solcato da nuvole, e ne gioiva come Ciàula gioisce alla vista della luna in un racconto di Pirandello. Chiesto a Jago cosa fossero quelle strane creature, si sentì rispondere: "Quelle sono le nuvole". Il giubilo di Otello provocava un inno alla meraviglia con le parole di Jago: "Straziante meravigliosa bellezza del creato".


Ci sono le nuvole anche nel San Francesco di Assisi, nella vela con il Gloriosus Franciscus che si vede sopra l'altare della chiesa inferiore, alla conclusione del viaggio che i pellegrini compiono seguendo la via santa che conduce alla tomba di Francesco. Le nuvole compaiono sul bordo inferiore della vela e hanno l'apparenza di macchie bianche che imbrattano la lamina dorata dell'affresco, quasi fosse caduta la foglia d'oro sopra la quale gli angeli camminano in punta di piedi. E invece sono proprio le nuvole, nel loro gioco di luci e di ombre, a restituire una parvenza di realtà alla mistica visione di un san Francesco, che appare tutto vestito di una tunica dorata, gli occhi sbarrati nell'estasi paradisiaca, seduto sopra un trono tutto d'avorio portato in cielo da angeli festanti, che danzano, cantano e suonano innumerevoli strumenti musicali. E ridono con le bocche aperte a mostrare i denti.



Anni fa scoprii la fonte letteraria di queste nuvole in un passo dell'Arbor Vitae Crucifixae Jesù di Ubertino da Casale, che contiene il racconto della prodigiosa resurrezione di Francesco. Ubertino vi riprese alla lettera la Lectura super Apocalipsim di Pietro di Giovanni Olivi, il grande spirituale provenzale maestro di Dante in Santa Croce; secondo il quale Francesco era risorto dalla morte come era avvenuto per il Cristo e per la vergine Maria. E commentando un passo dell'Apocalisse di Giovanni - "Et vidi alium angelum fortem descendentem de caelo amictum nube, et iris super caput, et facies eius erat ut sol" - Olivi descrisse Francesco a paragone dell'Angelo forte annunziatore dell'età dello Spirito, anticipando la Parusia dell'ottavo giorno, ovvero la seconda venuta del nostro Signore Gesù Cristo nel giorno eterno della fine dei tempi. Di conseguenza, la scena dipinta sopra l'altare ritraeva Francesco risorto, che scendeva dal cielo alla terra "avvolto in una nube cioè dall’altissima povertà colma delle acque celesti cioè del supremo possesso e assorbimento delle grazie divine. [...] Il suo volto era come il sole perché nella singolare contemplazione di Cristo e della sua vita evangelica non fu come la luna che viene meno o come una piccola stella o come la luce notturna ma come il sole, infiammato, illuminato della luce del giorno e quindi illuminante e infiammante. [...] Tenne in mano, cioè in piena opera, possesso, potere, il libro del Vangelo di Cristo aperto, come mostra la regola che osservò e scrisse e lo stato evangelico che istituì".



Per fortuna l'esecuzione di questi affreschi fu affidata alla dotta mano di un pittore fiorentino, guarda caso il Giotto di Bondone al quale dette il grido Dante nelle balze del Purgatorio. Giotto riuscì a donare una "straziante meravigliosa bellezza del creato" a questa complicata allegoria della divina visione, che correva il rischio di riuscire una seccaggine se fosse stata risolta da mani meno esperte. Quando invece questi angeli festosi vogliono compensare con suoni e con canti il nostro san Francesco, come volessero ringraziarlo per le lodi da Lui innalzate alle meraviglie del creato: al Sole, alla Luna, alle Stelle. A nostra sora morte corporale.

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