cronaca

UN FIGLIO IN ASSISI

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Proponiamo ai nostri lettori una riflessione apparsa sul Corriere dell'Umbria. Le parole che avremmo voluto sentire.

Una volta c’era il desiderio di molte famiglie di far nascere il proprio figlio in Assisi. Non perché in quell’ospedale si facessero miracoli, ma per poter mostrare  dopo il lieto evento, una carta di identità con su scritto: “Francesco, nato ad Assisi”. Poi il punto nascita fu chiuso come altri in Umbria. Si doveva razionalizzare per la presenza degli ospedali delle città più grandi. Nascere in ospedale ad Assisi, quindi, non è più possibile.

L’idea di Guarducci ha fatto il giro del mondo e questo era già un obiettivo non secondario. Far parlare di Assisi come se una città come questa abbia bisogno di pubblicità. Questa volta, comunque, la pubblicità è stata pessima. Si trattava di regalare una notte di soggiorno alla coppia che avesse concepito un figlio, nove mesi prima, nello stesso albergo. Fertily room. Da restarci davvero senza fiato perché non c’è una sola ragione comprensibile che possa giustificare una tale assurdità. Possono i tifosi del turismo costi quel che costi non rendersi conto di quello che dicono? Concepire un figlio è una cosa sacra per qualsiasi persona quale che sia il proprio modo di intendere la religione, l’etica, la dignità. A nessuno verrebbe in mente di aprire le porte della vita a un essere umano per potersi regalare un giorno di vacanza. Impensabile, se si vuol ragionare con un minimo di responsabilità. I figli non nascono a comando. Nascono quando scelgono loro di nascere. In un giorno a caso, in un attimo speciale e misterioso. Avere un figlio è un grande regalo della vita, il più grande, e non c’è misura che possa darcene conto.

Cosa c’entra un assessore, un albergatore, un venditore di souvenir e noi che viviamo la nostra vita di tutti i giorni con quella di due persone che hanno il desiderio, solamente, di passare una giornata nella città di Francesco? Non siamo a Eurochocolate questa volta. Chi va ad Assisi ha mille ragioni per farlo. Per la fede, per la cultura, per un giorno di vacanza, certo, anche per una semplice vacanza. Ma Assisi è una città straordinaria e non può essere il turismo la sua unica ragione sociale anche se va rispettato e sostenuto il lavoro delle strutture che sono chiamate ad accogliere così tanti visitatori, ci mancherebbe. Il regalo che può fare questa città a coloro che arrivano salendo le pendici del Subasio non si trova da un’altra parte perché è libero e personale, cioè, sempre diverso. Dipende soltanto dalla sensibilità di ognuno. Questo è un posto dove ognuno può pregare quale che sia la sua religione. Bisognerà pur spiegarlo a quelli del Comune che la città che hanno il privilegio di governare possiede un linguaggio universale dove si possono trovare le parole più grandi della nostra civiltà. Aver pensato di ricorrere a un inventore di eventi commerciali per promuovere un luogo che non ha bisogno di nessuna promozione di questo tipo è stato un grave errore. Non c’è persona al mondo alla quale può essere concessa l’ambizione di banalizzare una città come Assisi non soltanto perché è sbagliato e dannoso ma perché è impossibile. Eppure così va il mondo. Ci provano sempre lo stesso. Per i beni culturali, il paesaggio, i musei, le stesse città d’arte. Conta sempre di meno nell’agenda dei governi la tutela e sempre di più il conto economico, gli affari. Certo, questa storia della Fertility room va ben oltre le nostre solite magagne da italiani in vacanza. Qui siamo nel girone più basso del buon gusto, nel kitsch più penoso con il quale si possa convivere. Abbiamo fatto ridere il mondo e potevamo risparmiarcelo.

Renzo Massarelli

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