cronaca

Sri Lanka: tra dilemmi e trappole, Francesco ci sarà

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

I preparativi proseguono. La visita del Papa ci sarà, nonostante le nubi che nei mesi scorsi si erano addensate sull’evento. La Chiesa srilankese conferma il pellegrinaggio di Francesco dal 13 al 15 gennaio; ma anche il presidente Mahinda Rajapaksa conferma le elezioni presidenziali l’8 gennaio. In tale stato di cose, il Papa è di fatto, volente o nolente, uno dei fattori della campagna elettorale, in una contesa tra due candidati che si preannuncia molto equilibrata. E, si spera, «libera da ogni violenza», come i due hanno auspicato in un comunicato congiunto.

 
Il primo elemento inevitabile è la strumentalizzazione: sebbene i vescovi abbiano invitato i candidati a non cercare di trarre vantaggi dall’ «effetto Francesco», Rajapaksa ha fatto bene i suoi conti. Il presidente che ufficialmente riceverà il pontefice – anche grazie ai buoni uffici del cardinale di Colombo, Malcolm Ranjith – sarà lui, dato storico incontrovertibile . Il suo avversario Maithripala Sirisena, ex ministro dello stesso governo, potrà semplicemente prenderne atto. Aver indetto un voto anticipato, ben prima della scadenza (e dopo un apposito cambiamento della Costituzione), proprio a ridosso del viaggio di Bergoglio – date già fissate, macchina organizzativa già avviata, ingenti capitali già spesi – è un’astuta mossa politica. Rajapaksa ha incontrato Francesco in Vaticano e ora incassa la vista di stato. Niente male per un presidente in difficoltà sulla scena internazionale.

 
 
Il secondo aspetto in ballo, infatti, è la credibilità internazionale di Rajapaksa. Negli ultimi cinque anni, il governo dello Sri Lanka ha visto deteriorarsi la sua immagine date le accuse, giunte anche in sede Onu, di violazioni dei diritti umani avvenute nell’ultima fase della guerra civile, nel 2009. Ingiustizia e impunità per gli abusi compiuti dall’esercito e per le sparizioni degli attivisti (inclusi alcuni sacerdoti cattolici), ma soprattutto il lessico sprezzante che tutt’oggi il governo usa rispetto alla sofferenza di una parte della popolazione, impediscono la riconciliazione. Con la visita del Papa, Rajapaksa avrà l’opportunità di ripulire la sua immagine.
 
I cattolici srilankesi (il 6,5% di una popolazione al 70% buddista) si ritrovano, così, di fronte a un dilemma. Ogni cattolico vive la presenza di Papa Francesco come uno straordinario privilegio accordato al paese. Ma l’isola, un tempo definita «la perla dell'Oceano Indiano», negli ultimi tempi è divenuta «la lacrima dell'Oceano Indiano». Può essere significativo per il pontefice giungere in un momento storico segnato da discriminazioni e abusi che osservatori neutrali non possono accertare, dato il governo nega anche agli inviati Onu il permesso di andare nelle zone del Nord e dell’Est, dove la popolazione tamil è ancora sotto schiaffo.

 
Tuttavia, pur mettendo il viaggio del Papa in questa prospettiva – che è poi quella di Francesco, profeta di pace e di speranza – resta altissima la possibilità di manipolazione. Associazioni ed enti della società civile in Sri Lanka, infatti, premono per un cambiamento di governo, criticando corruzione, nepotismo, oppressione politica. E nel voto di gennaio – in una sfida tra due candidati entrambi del partito singalese e buddista – le minoranze etniche e religiose potrebbero rivelarsi un fattore cruciale per la vittoria. Rajapaksa ne è ben cosciente e la sua contiguità con il cardinale Ranjith la dice lunga sul tentativo di farsi apprezzare come «amico dei cattolici». Proprio per questo ci sono fedeli che criticano Ranjith accusandolo di essere «troppo vicino» all’attuale presidente.

 
La Chiesa ha discusso molto al suo interno. I primi segnali di dissenso sono emersi ben presto, fino a chiedere a Francesco di cancellare il viaggio. La prevista visita al simbolico santuario di Madhu, in terra tamil (tre ore nel denso programma papale), non sarà sufficiente e rendersi conto delle ferite ancora aperte, a cinque anni dalla fine dalla guerra civile. Anche tra i vescovi serpeggia il malumore. Il vescovo di Anuradhapura, Norbert Andradi, aveva espresso dubbi sull’opportunità del viaggio, salvo poi ritrattare, riallineandosi alla posizione ufficiale dell’episcopato.

 
Il vescovo tamil Rayappu Joseph, in un intervista a Eglises d’Asie, ha stigmatizzato che «che il governo abbia fissato il voto nell’imminenza dell’arrivo del Papa», ricordando le violenze che di solito segnano il periodo pre e post-elettorale.

 
E ha denunciato «il piano machiavellico» del governo che, con il 70% delle forze militari nazionali stanziate nelle aree tamil, porta avanti una violazione sistematica dei diritti, requisendo la terra e costruendo templi buddisti con lo scopo di «alterare la composizione demografica» e ridurre i tamil a una «riserva indiana». Per questo, con il viaggio di Francesco alle porte e il presidente pronto a capitalizzarne i benefici, una parte della Chiesa srilankse si sente in trappola. Starà a Francesco sparigliare le carte di questa delicata partita. (Vatican Insider)

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