cronaca

Monsignor Galantino: quelle morti uno schiaffo alla democrazia europea

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

"Profondamente rattristato" per la perdita di centinaia di vite umane, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha lodato "i grandi sforzi dell'operazione congiunta italiana ed europea per salvare vite" e ha fatto appello per un raddoppio degli sforzi per salvare chi si mette in viaggio e per contrastare i trafficanti di persone nell'Egeo e nel Mediterraneo.

Ban ha registrato con "grave preoccupazione come il 2016 sia stato particolarmente letale con 2.510 morti contro i 1.850 nello stesso periodo del 2015. A livello globale il capo dell'Onu ha chiesto una "risposta globale e collettiva ai grandi movimenti di migranti" che includa un allargamento delle vie legali di immigrazione: "Il vertice del 19 settembre su questo tema sara' una occasione speciale di creare accordi" e "dimostrare maggiore solidarietà con i paesi che ospitano la maggior parte di questi profughi".

Galantino, no hotspot in mare, dobbiamo salvarli - "L'hotspot è una riedizione in brutta copia dei luoghi di trattenimento di persone", i migranti hanno il diritto di presentare domanda d'asilo e al ricorso, "sulle navi questo percorso di protezione internazionale non è possibile". E' la netta critica di monsignor Nunzio Galantino, segretario della Cei, agli hotspot in mare in un'intervista a Repubblica in apertura di prima pagina. "Non è pensabile - dice - l'utilizzo di navi destinate al soccorso per far stazionare nel Mediterraneo migliaia di persone in attesa di una non precisata destinazione. A meno che le si voglia riportare nei porti della Libia e dell'Egitto, condannandole a nuove forme di sfruttamento".

Parlando delle vittime in mare, Galantino definisce quelle morti "uno schiaffo alla democrazia europea", ed evidenzia che "purtroppo, non si è avuto il coraggio di creare canali umanitari, previsti dal diritto internazionale, verso i Paesi disponibili all'accoglienza, per favorire partenze in sicurezza ed evitare violenze, sfruttamento e morti". "Aderendo all'appello del Papa" e "in collaborazione con i Comuni", afferma, stiamo cercando "di favorire sul territorio un'accoglienza diffusa", "fino a valutare, ed è la proposta Cei di 1.000 microrealizzazioni, anche un rientro assistito in patria. Un conto è riempirsi la bocca di aiutare le persone a casa loro e un conto è realizzare, grazie anche a una rete di centinaia di associazioni e ong cattoliche riunite nella Focsiv da 40 anni, concreti progetti di cooperazione internazionali nei Paesi d'origine dei migranti".

Mille morti nel Mediterraneo. Pressing Ue sui governi

Mentre sale il bilancio dei morti nel Mediterraneo negli ultimi sette giorni, rivisto a 880 dall'Unhcr raccogliendo le testimonianze dei sopravvissuti (e portato a mille nella stima della Oim), la Commissione europea va in pressing sui governi per accelerare i ricollocamenti dei rifugiati già arrivati in Italia e Grecia. E attende ancora risposte da Roma, tanto alla lettera inviata da Avramopooulos il 13 maggio a Gentiloni ed Alfano, quanto a quella di venerdì scorso al capo della polizia Gabrielli e al prefetto Morcone. A quasi un anno dalla prima decisione sulla redistribuzione in 24 mesi di 40mila rifugiati da Italia e Grecia, saliti a 160mila a settembre scorso, sono appena 1.816 quelli effettivamente sistemati. Poco più dell'1%. E la portavoce di Bruxelles torna a ribadire che quelle decisioni, avallate dai vertici europei, sono "legalmente vincolanti": "Una legge europea che deve essere messa in atto da chi ha preso la decisione nel Consiglio". E se da una parte a Bruxelles notano che, almeno dalla Grecia, nell'ultima settimana le ricollocazioni hanno preso un ritmo quotidiano ("un segnale incoraggiante"), dall'altra la portavoce martella che "il ritmo deve accelerare", ricordando che la Commissione "è guardiana dei Trattati e può lanciare procedure di infrazione". In quanto tale ha già inviato lettere di avvertimento ai paesi recalcitranti e "se necessario, non ci vergogneremo di di esercitare i nostri poteri".

Bruxelles però va in pressing anche sull'Italia. Nella lettera inviata venerdì a Gabrielli e Morcone, il direttore generale della DG affari interni Matthias Ruete garantiva "massimo sostegno operativo ed economico" ma chiedeva anche all'Italia di accelerare la messa in atto degli interventi proposti dall'Italia per fronteggiare l'emergenza. E quindi: nuovi hotspot (ma con "riserve" sull'idea di aprire a Cagliari), stop agli sbarchi incontrollati, creazione di team mobili, più posti nei centri pre-espulsione e più informazioni sugli aspetti operativi e legali sull'idea degli hotspot navali. L'Italia però non ha ancora dato risposte e la portavoce della Commissione osserva che la Ue "desidererebbe ulteriori chiarimenti", specificando che comunque ci sono "contatti e scambi" tra Italia e Frontex per l'aumento delle risorse per l'operazione Triton di ricerca e salvataggio e l'eventuale funzionamento operativo degli hotspot galleggianti. Dal Viminale in serata assicurano che una risposta arriverà a breve.

Intanto la Ue spinge per far funzionare l'accordo con la Turchia. Per completare i 72 criteri richiesti per dare avviare la liberalizzazione dei visti lo scoglio principale (al di là della perdurante impreparazione turca a dotarsi di passaporti biometrici), lo scoglio principale resta la revisione della legge turca sull'antiterrorismo, che per la Ue limita i diritti di espressione ed è usata per mettere il bavaglio all' opposizione. Il presidente Erdogan non ne vuol sentir parlare, ma la trattativa è in corso. Domani il nuovo ministro per gli affari europei, Omer Celik, incontrerà a Bruxelles i Commissari Avramopoulos e Hahn, giovedì un team di esperti europei sarà ad Ankara per valutare i possibili progressi per "ridurre le distanze" dagli standard europei di una legge che in Turchia viene applicata per fatti che nella Ue non sarebbero mai classificati come "terrorismo". E mentre a Bruxelles osservano con soddisfazione che "da domani è applicabile" l'accordo per la riammissione in Turchia degli espulsi dalla Ue, aggiungono che restano ancora "non rispettate" le richieste di mettere pienamente in atto la legge anticorruzione, un accordo operativo con Europol. Ed Ankara deve anche definire meglio la legge sulla protezione dei dati personali. (Ansa)

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