cronaca

Migranti: stretta sui controlli negli hotspot. Sì alle impronte prese con la forza

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Il governo sta lavorando a una norma per consentire, se necessario, l’uso della forza per prendere le impronte ai migranti. A confermarlo, in serata, è il ministro dell’Interno in persona, Angelino Alfano, dopo che nel pomeriggio i sindacati di polizia avevano ricevuto dal Dipartimento di pubblica sicurezza, «per opportuna conoscenza», comunicazione della norma in via di elaborazione. «Ci sto lavorando», spiega Alfano, «io ho messo allo studio una norma sulla gestione degli hotspot», cioè i centri di identificazione dei nuovi arrivati voluti dalla Ue, «per risolvere alcune possibili difficoltà», un’ipotesi «articolata» che «riguarda diversi aspetti, compreso - chiarisce il ministro - quello dell’uso della forza nei confronti di coloro che si rifiutano di sottoporsi al fotosegnalamento che è obbligatorio per il nostro ordinamento e quello europeo. Stiamo valutando dove inserirla».




Alla vigilia del Consiglio europeo che cercherà di avviare a soluzione la questione dei flussi migratori tramite l’accordo con la Turchia, e proprio nel giorno in cui, non per la prima volta, Bruxelles chiede all’Italia di «impegnarsi di più» (e dopo che contro il nostro Paese è stata anche aperta una procedura d’infrazione per insufficiente condivisione delle informazioni dei database europei), arriva notizia di questa norma, descritta ai sindacati «in avanzato stato di predisposizione» e «volta a disciplinare il soccorso, la prima assistenza, l’identificazione» e, appunto il «rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico, anche forzoso» dei migranti. Un punto molto delicato, quello di poter usare la forza contro migranti riottosi in larga parte a fornire le proprie impronte (secondo il trattato di Dublino, dovrebbero poi rimanere nel Paese di primo approdo), da chiarire e delimitare con attenzione. «Aspetto a esprimermi di leggere la norma - dice Daniele Tissone della Silp-Cgil - auspico che sia scritta nel pieno rispetto dei diritti umani e in modo chiaro e attuabile, per tutelare il lavoro degli operatori», evitando cioè denunce e polemiche.



 

Una iniziativa che potrebbe destare critiche, soprattutto a sinistra. E che si iscrive nell’ambito delle faticose politiche per gestire la crisi migratoria, una vicenda difficile da inserire «in un quadro più normale, più logico», secondo il premier Matteo Renzi, «per la mancanza di attuazione di un progetto che prevedeva hotspot, riallocazione e rimpatri»: in particolare, sottolinea Renzi, «gli hotspot sono stati fatti, le riallocazioni e i rimpatri no». Centri di identificazione in Italia ci sono già, da Lampedusa a Pozzallo a Trapani: ieri, il Cese, organo consultivo dell’Unione europea, ha riferito in un suo rapporto sull’Italia come nel nostro Paese sia «in corso una discussione» per decidere «se aprire» un hotspot anche a Milano. Questo per far fronte al «crescente numero di persone che arrivano attraverso la rotta dei Balcani», si legge nel rapporto. Che però, a testimonianza di come evolva rapidamente il fenomeno migratorio, rischia di essere già superato dagli eventi: le considerazioni contenute sulla rotta dei Balcani fanno riferimento a una missione svolta in Italia un paio di mesi fa. Nel frattempo, quella rotta si sta infrangendo lungo un rosario di muri alzati. Col rischio che l’emergenza si trasferisca sulle coste pugliesi. (Francesca Schianchi - La Stampa)

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