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Viganò: Così la Chiesa cambia comunicazione

Redazione online Ansa - ALESSANDRO DI MEO
Pubblicato il 30-11--0001

Prosegue il processo, per volontà di papa Francesco «irreversibile», della riforma del sistema mediatico della Santa Sede. Un passo importante si è avuto con la pubblicazione, avvenuta giovedì, dello Statuto della Segreteria per la comunicazione, il dicastero istituito dal Pontefice con un Motu proprio del 27 giugno 2015 anche per essere «un punto di riferimento per il mondo dell’informazione» e in particolare dei «vaticanisti». Uno Statuto volutamente «aperto», pronto cioè ad accogliere quanto sarà sviluppato nel sempre più dinamico mondo della comunicazione. Avvenire ne ha parlato con il prefetto della Segreteria, monsignor Dario Edoardo Viganò.



Monsignor Viganò, quali sono stati i criteri di fondo seguiti per la compilazione dello Statuto?

Dal giugno 2015 la Segreteria ha avviato il proprio lavoro cercando di analizzare e capire i differenti organismi che il Motu proprio ha chiesto di accorpare. Il lavoro è stato condotto attraverso processi di audit, cioè di raccolta di informazioni, così come di assessment, ovvero di razionalizzazione delle informazioni reperite. In tale modo, coinvolgendo le strutture interessate – basta pensare che in un anno sono state fatte oltre 180 sessioni di studio con gruppi trasversali – si è individuata una strada per procedere secondo quanto chiesto: un ripensamento e una riorganizzazione dell’intero sistema comunicativo. Parallelamente abbiamo avviato un gruppo di lavoro per la stesura degli Statuti che si è avvalso del contributo non solo delle istituzioni coinvolte nella riforma, ma anche del Pontificio Consiglio per i testi legislativi e della Segreteria di Stato, nonché di consulenti esterni. Un lavoro frutto di contributi preziosi, approvato poi dal Papa dopo l’ultima revisione della Segreteria di Stato.



Lo Statuto sottolinea che la Segreteria agisce in collaborazione con gli altri dicasteri competenti e in particolare con la Segreteria di Stato...

Lo stile della Curia Romana è sempre più quello di lavorare insieme mettendo a disposizione ciascuno le proprie competenze rispetto a progetti condivisi. Poi certamente un legame particolare si registra con la Segreteria di Stato, che ha la responsabilità delle notizie ufficiali del Santo Padre e della Santa Sede per la Sala Stampa, con l’Apsa per i vari immobili nei quali è attualmente dislocata la Segreteria per la Comunicazione e che probabilmente necessitano di una razionalizzazione. Ancora, con la Segreteria per l’Economia – per il grande numero i dipendenti da gestire – non solo per l’aspetto meramente amministravo ma anche per quello, decisamente più rilevante, dell’aggiornamento e dell’accompagnamento, come ad esempio l’assunzione di metodologie di lavoro in gruppo. A questo riguardo abbiamo avviato una serie di seminari con la Business School della Luiss proprio in team building.



Nello Statuto nulla si dice sullo status canonico delle figure apicali della Segreteria. Questo vuol dire che nel ruolo di prefetto e di segretario potremo in futuro avere dei laici o delle laiche?

Il processo di riforma avviato tiene conto di quanto è stabilito dalla costituzione apostolica Pastor bonus – tuttora in vigore – che effettivamente prevede che i prefetti e presidenti siano rispettivamente cardinali e vescovi. Non va neppure dimenticato che il comunicato della Segreteria di Stato del 13 aprile 2013 annunciava la costituzione di «un gruppo di cardinali per consigliarlo nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della costituzione apostolica Pastor bonus sulla Curia Romana». Dunque immagino ci sarà una nuova fase della riforma che, a partire da quanto attuato, dovrà essere sistemato rispetto alla nuova costituzione. In quella fase credo si potrà sapere se le figure dei capi dicastero saranno cardinali, vescovi o non necessariamente. È vero comunque che negli ultimi due dicasteri istituiti viene espressamente aperta la possibilità che il segretario possa anche essere un laico.



Dei cinque direttori previsti, quattro sono stati già nominati. Mentre la Direzione editoriale è stata assunta ad interim da lei. Quali sono i compiti specifici di questa Direzione? Interverrà anche nei contenuti editoriali delle varie realtà mediatiche della Santa Sede?

La Direzione editoriale in questo momento vive una fase di simulazione fino a quando non si avvierà il vero e proprio content hub. Infatti la riforma supera l’idea dei singoli media per giungere a un unico centro di produzione multimediale – il content hub appunto – di testi, immagini, audiovisivi e podcast radiofonici in multilingua. In tale passaggio è molto importante comprendere a fondo i processi di flusso delle notizie. È necessario inoltre approntare una task force di giornalisti che sappia individuare issues esterni e interni per immetterli nel flusso delle notizie.



Secondo lo Statuto il controllo sui “contenuti” diffusi dalla Sala Stampa della Santa Sede rimane nella responsabilità della Segreteria di Stato…

Non c’è dubbio. Del resto la Sala Stampa diffonde il bollettino con notizie ufficiali che vanno dalle udienze del Santo Padre alle nomine o ai testi. Non può essere che così.



Quante sono le persone che attualmente dipendono dalla Segreteria?

L’accorpamento è graduale e questo implica una crescita progressiva delle persone che dipendono dalla Segreteria. Di fatto, comunque, il comparto Comunicazione della Santa Sede conta circa 650 persone. Un numero davvero molto elevato. Comunque sia, un principio della Dottrina sociale della Chiesa ci ricorda che il bene più prezioso di ogni attività lavorativa è la persona: per questo dopo anni si è ripartiti con la formazione e la professionalizzazione dei dipendenti. Voglio anche ricordare che il criterio che guida la riforma è anzitutto apostolico, pertanto si desidera valorizzare le Chiese locali laddove in grado e sostenere invece le comunità cristiane in difficoltà, guerra, povertà, o anche in terre come la Cina, dove essere cristiani è davvero una testimonianza che tocca la carne. Sapendo chiaramente che ci vuole molta attenzione e oculatezza nell’uso del denaro, per cui è sempre più necessario trasformare i costi in investimenti.




Nella norma transitoria si ricordano tutti gli enti che verranno assorbiti nel Dicastero. C’è una road map di queste fusioni?

C’è, ed è molto precisa e chiara. È stata condivisa e confermata più volte con il Consiglio dei cardinali, il cosiddetto C9: entro il dicembre 2015 si doveva accorpare Sala Stampa, Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, Servizio Internet, il portale Vatican.va e i social del Pontefice. Questo è stato fatto. Entro il prossimo dicembre 2016 si accorperà anche la Radio Vaticana e il Centro Televisivo Vaticano. Il prossimo anno invece toccherà alla Tipografia Vaticana, al Servizio Fotografico, a L’Osservatore Romano e alla Libreria Editrice Vaticana. In ultimo, il 2018 sarà l’anno dei fisiologici aggiustamenti e della verifica. (Gianni Cardinale - Avvenire)

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