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Francesco e Raul, ecco perché è un incontro storico

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Le due mani che stamani papa Francesco e Raul Castro si sono stretti in un saluto apparentemente formale, in realtà portano uno straordinario valore simbolico: segnano un passaggio della storia, sancendo solennemente l’apertura del sistema politico cubano. 




Fino a oggi, la Revolucion non ammette che vi possano essere altri soggetti isituzionali, oltre il Partito comunista: ogni progetto di creazione di forme e modelli concorrenti, o alternativi comunque, è sempre terminato con una durissima sanzione, la galera o l’esilio o, quando possibile, l’emarginazione in un ghetto (quello del dissenso) bollato con le violente contestazioni del «repudio popular». Nel tempo, questo programma di assoluta impermeabilità ha però dovuto riconoscere che il distacco della società cubana (o, almeno, di una sua parte sempre più ampia) dal regime si andava approfondendo, congiuntamente con una crisi economica senza prospettive di soluzione.




Era necessario ritrovare un legame che si stava erodendo molto pericolosamente, “inventarsi” un interlocutore credibile per i sentimenti popolari in modo da recuperare, attraverso questo soggetto, la vecchia ideologia che nel «nosotros» ufficiale, il «noi» collettivo, ci stava autenticamente tutto, la Revolucion e l’intero paese (ormai, e da tempo, la realtà era invece che il noi del regime non comprendesse più la società, che sentiva se stessa come «los otros», cioè gli altri dal potere). E questo distacco era una tabe che minava geneticamente il futuro del castrismo, e il suo stesso mito.




La Chiesa cattolica, un non-partito, e però una istituzione di intermediazione presente nel corpo è parsa una soluzione viabile per rafforzare il gattopardismo di un regime in crisi. La stretta di mani di Raul e Francesco non è una rivoluzione, ma la vale tutta. MIMMO CÀNDITO La Stampa

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