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Torino, l'Arcivescovo: Ogni parrocchia del Piemonte accolga cinque profughi

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

"Pur consapevole dell'impegno che comporta la proposta, chiedo ad ogni Unità Pastorale della nostra Diocesi di provare a definire un concreto programma di accoglienza straordinaria e di accompagnamento per alcuni fratelli e sorelle vittime della migrazione forzata". E' l'appello dell'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, contenuto in una lettera sull'emergenza profughi indirizzata alle diocesi e ai cittadini torinesi. "Chiedo in particolare ai moderatori e referenti territoriali della Caritas, San Vincenzo e altre realtà che operano nel sociale - prosegue Nosiglia - di promuovere in ogni Unità Pastorale uno o più luoghi di accoglienza temporanea capaci di ospitare 5 persone ciascuno, cercando la disponibilità presso le parrocchie, gli istituti religiosi, le case di risposo, altre strutture ecclesiali presenti sul territorio. Le comunità siano coinvolte in questa iniziativa sentendosene responsabili e offrendo il loro sostegno".


Secondo Nosiglia "si tratta in partenza di affrontare il bisogno urgente dell'alloggio per poi promuovere insieme alle altre realtà ecclesiali e civili un sostegno effettivo al percorso di inclusione sociale di cui avranno bisogno. Finora abbiamo messo a disposizione in diverse strutture ecclesiali capaci di accogliere decine e decine di persone - oltre 500 posti, senza contare tanti piccoli nuclei di singole persone o famiglie accolte nelle parrocchie. L'acuirsi dell'emergenza esige ora un intervento diverso, per favorire l'accoglienza capillare di gruppi numericamente più piccoli, ma geograficamente più diffusi sul territorio".




 L'arcivescovo spiega che "non si tratta di una accoglienza solo notturna, come per quella offerta ai senza dimora da alcune parrocchie, ma di ospitalità completa per alcuni mesi, in base alle necessità e alle indicazioni che le Istituzioni pubbliche potranno fornirci. La capillarità di tale operazione, unita all'invito affinché anche alcune famiglie siano disponibili ad accogliere un rifugiato in casa, può produrre un frutto molto positivo: oltre all'estensione del numero di persone che ne usufruiscono, avvia un'azione di responsabilità da parte delle comunità cristiane e civili e di ogni cittadino, che rifiutano quella cultura dello scarto, di cui tanto ci ha parlato Papa Francesco".

Siccome l'iniziativa presenta anche aspetti delicati "per rendere ordinato il progetto e per attuarlo davvero in rete - conclude Nosiglia - chiedo ad ogni Unità Pastorale di riferirsi all'Ufficio Pastorale dei Migranti". (Repubblica)

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