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Perchè il simbolo del cristianesimo è la croce e non il Risorto?

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Sulla rivista Credere di questa settimana abbiamo letto un riflessione molto interessante del direttore don Antonio Rizzolo sul simbolo del cristianesimo in risposta ad una domanda di una lettrice. Egli spiega infatti che la nostra fede è  "legata soprattutto alla croce, e quindi al dolore, con uno sprazzo di speranza limitato al tempo pasquale".

Un'immagine, appunto, di una "religione della sofferenza in attesa del premio della vita eterna. In realtà, al cuore della nostra fede c'è il Cristo risorto, e quindi la gioia, la speranza, la salvezza che inizia già in questa vita".

Perchè allora la croce? "Dal punto di vista storico, nei primi secoli del cristianesimo ci sono poche raffigurazioni della croce e comunque, fino al Medioevo, il Cristo crocifisso era rappresentato vivo, con gli occhi aperti, vincitore della morte, risorto. È a partire dal XIII secolo, con gli ordini mendicanti che sottolineano la solidarietà verso í poveri e i malati, che si mettono in rilievo le sofferenze di Cristo. Si rappresenta perciò il Crocifisso sofferente, con gli occhi chiusi, e si evidenziano gli strumenti della passione, come i chiodi, il martello, la lancia... Tuttavia, come mettono in evidenza molti testi del Nuovo Testamento, la croce è davvero un simbolo fondamentale del cristianesimo, ma non solo nel senso della sofferenza che Cristo ha patito per noi. Piuttosto nel senso dell'amore con cui egli ci ha amati, fino alla fine, fino a dare la propria vita.

È soprattutto - continua don Antonio - il Vangelo di Giovanni a mettere in risalto questa dimensione: la croce manifesta la gloria di Cristo, cioè la sua divinità, perché ci rivela che Dio è amore. La croce, perciò, da strumento di tortura e di morte, si trasforma in segno di salvezza, in trono del Signore. In conclusione, la passione, la morte e la risurrezione di Cristo che celebriamo nella Pasqua non vanno mai separate". (Rivista Credere n°13)


Ma qual'è il rapporto tra San Francesco e la Croce? Assieme all’umiltà dell’incarnazione, il Serafico Padre ha presente la carità della passione di Gesù Cristo. Egli non riesce a pensare ad altro[1]. La sua unica gloria è stata nella Croce del Signore. Così prega davanti al Crocifisso: O alto e glorioso…  Gesù Crocifisso dimorava stabilmente nell’intimo del suo spirito, come borsetta di mirra posta sul suo cuore. In lui bramava trasformarsi totalmente, per eccesso e incendio di amore. Il ricordo della passione di Cristo s’impresse così vivamente nelle più intime viscere del suo cuore, che, quando gli veniva alla mente la crocifissione di Cristo, a stento poteva trattenersi, anche esteriormente, dalle lacrime e dai sospiri. San Francesco esprime il suo amore per la passione e la Croce recitando l’Ufficio della Passione da lui stesso composto.

L’adorazione per la Croce ci fa intravedere le vere profondità della povertà.

L’Amore fu l’essenza della vita di Francesco; egli lo visse in tutto ciò che fece, lo proclamò in ogni sua parola. L’Amore gli dette un potere maggiore di quello dei papi più potenti, una devozione più viva di quella dei monaci più devoti, una saggezza superiore a quella dei dottori più colti; lo rese più lieto fra la gente lieta, il più cavalleresco di tutti i cavalieri e il più immortale fra i trovatori. Il suo amore per i poveri e i sofferenti si identifica, d’ora in poi, con l’amore per l’uomo-Dio morto di Croce, Cristo.


[1] Cf. Leggenda prima di Tommaso da Celano 84: FF 467.

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