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Nepal: prete dopo il sisma, portare conforto e misericordia

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

«È stata un’esperienza straziante. Visitare i siti colpiti, guardare in faccia la sofferenza della gente, la corsa per salvare le persone intrappolate sotto le macerie: è il dolore dell'umanità ferita che ti viene incontro»: così Silas Bogati, sacerdote nepalese, racconta a Vatican Insider l'esperienza che preti e fedeli cattolici stanno vivendo in queste ore, dopo il più grave disastro naturale nella storia del paese.

Un sisma di magnitudo 7.8 ha sconvolto il Nepal alle 11 del 25 aprile, interessando anche India, Tibet e Bangladesh. E la terra continua a tremare: si sono registrate 45 scosse nelle ultime 24 ore.

Bogati, che ha compiuto gli studi teologici a Roma, è stato per anni responsabile della Caritas in Nepal e oggi è provicario della Chiesa cattolica locale: è cioè il primo collaboratore del vescovo cattolico Paul Simick, responsabile della piccola comunità cattolica che vive nel paese hymalayano.




Raggiunto da Vatican Insider, Bogati si mostra attonito: «L’emergenza principale oggi è ancora quella di salvare vite umane. Le squadre di soccorso, civili e militari, si stanno adoperando per scavare e tirare fuori dalle macerie i feriti, liberare corpi di persone che hanno ancora un anelito di vita, o raccogliere i cadaveri. Il bilancio delle vittime, ampiamente oltre 3mila, continua a salire velocemente».

Il sisma, prosegue, «è stato un evento in qualche modo atteso poiché, secondo i calcoli dei sismologi, si diceva già da anni che il Nepal sarebbe stato colpito. Ma è comunque una immane tragedia: la violenza improvvisa della scossa ha lasciato il segno», spiega.




Il risultato è «un profondo shock collettivo: la popolazione è prostrata a livello materiale e psicologico. Si avverte tra la popolazione un senso di abbandono e disperazione. Molta gente ha perso i propri familiari o, nel migliore dei casi, tutto quello che aveva. Per questo la nostra missione oggi è portare conforto e fiducia. Perché Dio non abbandona i suoi figli».

Lo ha rimarcato anche il vescovo Simick nella sua Messa in suffragio delle vittime celebrata questa mattina. Il Vicario apostolico ha pregato per i defunti e per i sopravvissuti, invitando i fedeli nepalesi a «uno sforzo di conforto e solidarietà, per mostrare la misericordia amorevole del Padre».

Proprio quell’abbraccio misericordioso di Dio la Caritas locale si sforza di farlo arrivare alle famiglie delle vittime, ai sopravvissuti, agli sfollati, mentre nei dintorni della capitale Kathmandu sono sorte in men che non si dica le prime tendopoli che ospitano i senzatetto.



 

Mentre le scosse di assestamento continuano, la Caritas Nepal, subito in contatto con la rete di Caritas Interationalis, ha distribuito i primi aiuti: «Stiamo fornendo teloni, tende e cibo. Le persone sono in stato di grave necessità», ha riferito il direttore della Caritas Nepal, Pius Perumana.

Secondo il direttore, «le stime delle vittime, considerando i distretti colpiti, potrebbero raggiungere 6mila persone. Si calcola, poi, vi siano già 6mila feriti e migliaia sono sfollati. Inoltre molte aree remote, colpite dal sisma, non sono ancora raggiungibili. Siamo ancora in piena emergenza».



Oltre all’area di Kathmandu, sono interessati dal sisma i distretti di Bhaktapur, Lalitpur, Raswa, Kavre, Dolakha, Gorkha, Ramechap, Nuwarkot, Sindupalchok, Dhading, Makawanpur e Sindhuli. «Diverse migliaia di famiglie necessitano di un immediato rifugio temporaneo. Acqua e servizi igienico-sanitari sono le esigenze prioritarie», ha reso noto Caritas Internationalis, mentre l’Unicef ha stimato che sono già circa un milione i bambini bisognosi di assistenza umanitaria immediata.

Come riferisce il provicario Bogati, la Chiesa cattolica in Nepal è presente in 58 dei 75 distretti del paese con programmi di sicurezza alimentare, promozione umana, sociale ed economica, sostegno ai bambini, alle donne, agli agricoltori.



«Siamo 7.800 cattolici – conclude – in un paese di oltre 29 milioni di abitanti, a maggioranza indù. Il nostro lavoro è testimoniare l’amore di Dio, cercando di fare del bene a migliaia di persone. Siamo soprattutto a servizio dei poveri e dei sofferenti: simo presenti quando c’è un disastro naturale o assistendo chi ha difficoltà a sopravvivere. Questo è il modo con cui diciamo ai nepalesi: Cristo vi ama. Come Cristo ha amato i poveri e i bisognosi, così fa la Chiesa in Nepal. È il nostro modo di evangelizzare». (Paolo Affatato - Vatican Insider)

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