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Nello spirito di Assisi per la pace in Sud Sudan

Redazione
Pubblicato il 26-04-2019

Sono ormai diversi anni che ad Assisi, per volontà del vescovo Domenico Sorrentino, opera una Commissione “spirito di Assisi”. È l’espressione che san Giovanni Paolo II, i suoi successori e tutti adottano per indicare la preghiera delle religioni per la pace.

Eco di quella folata dello Spirito che il 27 ottobre 1986 diede vita all’incontro cui presero parte ben 50 rappresentanti delle Chiese cristiane e 60 leader delle altre fedi mondiali. Tra le iniziative di quella Commissione non vi è soltanto il ricordo annuale che convoca ad Assisi rappresentanti di fedi diverse per confrontarsi su una tematica di approfondimento e per pregare, ciascuno nella propria tradizione e secondo le espressioni che le sono tipiche, ma anche l’impegno di rendere stabile e permanente quello “spirito”.

Avviene così che ogni 27 del mese si propone di pregare, ciascuno con la propria comunità di appartenenza o “nel segreto della propria stanza” secondo un’intenzione comune che intende accendere i riflettori dell’anima su un conflitto in corso, una situazione di guerra o una tematica particolarmente grave.

Da monasteri cattolici e buddisti, sinagoghe e moschee, associazioni di laici e pagode, si innalza al Dio dai mille nomi, la stessa preghiera. In questo mese di aprile la Commissione propone di farsi eco del gesto quanto mai significativo di papa Francesco compiuto lo scorso 11 aprile.

Egli ha voluto chinarsi sui piedi del presidente dello Stato del Sud Sudan e degli oppositori che ormai da anni alimentano un conflitto armato violento e sanguinoso.

Papa Francesco ha baciato i loro piedi indicando concretamente a tutti le strade che possono costruire la pace. Non trascuriamo il fatto che aveva convocato in Vaticano i contendenti non per avviare un ulteriore negoziato ma per partecipare a un ritiro spirituale, segno che con la meditazione e la preghiera possiamo dare vigore ai processi di pace.

Inoltre, insieme ai capi politici, ha invitato anche quelli religiosi presenti in quella regione, compreso Justin Welby primate della Chiesa Anglicana, perché la costruzione della pace richiede di raccogliere tutte le forze spirituali e infine ha accompagnato la preghiera e la parola con un gesto così significativo che indica l’umiltà, si smarca dai giochi di potere e ci aiuta a puntare sguardo e cuore verso il bene sommo della pace.

La preghiera cui invita la Commissione spirito di Assisi non è tanto per un conflitto, quanto per sostenere il fragile processo di pace iniziato in quella regione. Perché, come ci insegnano i grandi mistici: «Chi prega ha le mani sul timone della storia».

Tonio Dell'olio - Avvenire

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