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IL VERO VOLTO DI SAN FRANCESCO D'ASSISI, UN VIAGGIO NELLE SUE RAPPRESENTAZIONI

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Philippe Daverio ci accompagna nella scoperta del vero volto del Poverello. L'alter Christus che ha stupito il mondo

Che volto aveva, dunque, Francesco d'Assisi? Zeffirelli, per il suo film «Fratello Sole, sorella Luna», ricorse al look aggraziato dell'attore inglese Graham Faulkner; ma un testimone oculare, Tommaso Arcidiacono, che nel 1222 aveva ascoltato una predica di Francesco a Bologna, era rimasto stupito dal contrasto tra il fascino delle sue parole e «il suo abito sordido, la persona spregevole, l'aspetto indecoroso».

Quanto a Santa Chiara, le raffigurazioni più antiche risalgono comunque a molti anni dopo la sua morte; secondo diversi studiosi, poi, il personaggio ritratto in una delle immagini più care alla devozione popolare, nel transetto destro della basilica inferiore di Assisi, non sarebbe lei, ma santa  Margherita d'Antiochia.

Avrà appunto per tema «Chiara e Francesco nell'arte» la relazione che il critico, docente universitario e conduttore di programmi televisivi Philippe Daverio terrà questa sera alle 20,30 nella chiesa di Paderno di Seriate, in via Po; la conferenza rientra nel programma della rassegna delle Acli «Molte fedi sotto lo stesso cielo», in una sezione dedicata alle figure dei fondatori delle monache clarisse e dei frati minori (la partecipazione all'incontro di stasera è gratuita mediante prenotazione; si raccomanda di controllare sul sito www.moltefedisottolostessocielo.it se vi siano ancora posti disponibili).

Sul ruolo che il Poverello di Assisi avrebbe esercitato nell'evoluzione delle arti figurative Daverio è tornato più volte, negli scorsi anni. Per esempio, nel volume «Guardar lontano Veder vicino. Esercizi di curiosità e storie dell'arte» (Rizzoli) egli scrive che proprio san Francesco sarebbe stato «il vero inventore dell'arte moderna»: la sua particolare devozione al Crocifisso, al «Christus patiens», avrebbe conferito piena dignità artistica allo studio del corpo umano, della realtà materiale, dei dettagli della vita quotidiana, aprendo la strada alla «rivoluzione giottesca».

Rimane il fatto che gli storici non danno risposte univoche alla questione se si possano ricostruire, da un ritratto attendibile, i lineamenti di Francesco di Bernardone. Uno studioso che porta lo stesso nome del santo assisiate, Francesco Mores, ricercatore presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e segretario del comitato scientifico della Fondazione Papa Giovanni XXIII, solleva dei dubbi anche sull'immagine del Sacro Speco di Subiaco, tradizionalmente considerata un «ritratto dal vivo» di frate Francesco: «Il racconto per cui egli avrebbe visitato Subiaco insieme al cardinale Ugolino di Segni, poi divenuto papa con il nome di Gregorio IX, è di molto posteriore», spiega Mores, che ha esaminato la questione nel libro «Alle origini dell'immagine di Francesco d'Assisi» (Editrici Francescane).

«I dipinti nella cappella di Subiaco - aggiunge - dovevano costituire un omaggio a Gregorio IX: la canonizzazione di Francesco, nel 1228, era stata un evento saliente del suo pontificato». Quanto a Chiara di Assisi, per le ragioni già dette, la ricerca di una sua «raffigurazione originaria» risulta - se possibile - ancora più ardua. I tratti della sua personalità e spiritualità, però, sono stati indagati da diversi autori attraverso i documenti e le testimonianze scritte. Tra i volumi più belli sull'argomento, ne ricordiamo due della medievalista Chiara Frugoni: «Una solitudine abitata. Chiara d'Assisi» (Laterza) e «Storia di Chiara e Francesco» (Einaudi). «Il rapporto di Chiara con Francesco - afferma la storica pisana - è stato spesso descritto in termini vagamente psicanalitici, come una forma d'amore sublimato. Così facendo, si trascurano le grandi doti umane e spirituali di lei, le sue capacità organizzative ma anche d'innovazione. Con la sua regola, più che al rispetto di una minuziosa casistica, Chiara esortava le consorelle a un esercizio di libertà e responsabilità, in cui il criterio decisivo era l'amore per Cristo e per il prossimo». Eco di Bergamo

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