Il Papa ai Grandi: difendete l'uomo e il Creato. Nella sua omelia cita 28 volte 'custodire' e 'custodia'
Ripete per ben 28 volte le parole «custodia», «custodire», che
nascono dal vocabolario spirituale di San Francesco. Custodire l'ambiente, i poveri, i vecchi e i bambini, il
coniuge e l'amico. Invita a non avere paura «della bontà» e «della tenerezza», che non sono segno di
debolezza ma di forza d'animo. Papa Francesco ieri ha aperto il Pontificato con una messa semplice e
relativamente veloce (iniziata alle 9,30 e conclusa due ore dopo) e, davanti a 132 potenti di tutto il mondo,
capi di Stato e di governo, sovrani e principi, ministri e ambasciatori, ha sottolineato che il potere implica un
«servizio all'umanità».
Jorge Mario Bergoglio sorrideva spigliato quando ha fatto un lungo giro in jeep tra la
folla di 150-200mila fedeli raccolti in piazza San Pietro. Stile sobrio, pantaloni neri da prete sotto i paramenti
bianchi, un paio di volte durante la funzione ha alzato la manica per guardare l'orologio. Quest'uomo che in
pochi giorni ha già abituato i fedeli a una comunicativa diretta e immediata, punteggiata di qualche battuta
ironica, è però entrato in un silenzio meditabondo all'inizio della celebrazione liturgica.
IL SUO VISO, a tratti,
è apparso emozionato. Ieri non ha improvvisato, e in mondovisione ha letto pari pari, con il suo italiano
venato di accento ispanico, il testo che aveva preparato di suo pugno.
Papa Francesco ha sottolineato che
San Giuseppe - onomastico di Joseph Ratzinger, a cui «siamo vicini con la preghiera, piena di affetto e di
riconoscenza» - è stato custode «di Maria e di Gesù», «con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una
presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende», «disponibile» al progetto di Dio,
«non tanto al proprio».
La «vocazione del custodire», ha però proseguito, «non riguarda solamente noi
cristiani», e «come ci ha mostrato san Francesco d'Assisi è l'avere rispetto per ogni creatura di Dio e per
l'ambiente in cui viviamo», è avere cura «specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e
che spesso sono nella periferia del nostro cuore», è «l'aver cura l'uno dell'altro nella famiglia»: tra coniugi, tra
genitori e figli, tra amici.
AL CONTRARIO, «quando l'uomo viene meno a questa responsabilità di custodire,
quando non ci prendiamo cura del Creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce.
In ogni epoca della storia, purtroppo, ci sono degli 'Erode' che tramano disegni di morte, distruggono e
deturpano il volto dell'uomo e della donna». Si era presentato ai fedeli, la sera dell'elezione sul loggione di
San Pietro, con un semplice «buonasera». E ieri papa Francesco ha chiesto «per favore», a «tutti coloro che
occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona
volontà», di essere «custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell'altro,
dell'ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro
mondo!». Il Papa che a Buenos Aires frequentava le favelas e viaggiava in metro, ha poi spiegato ai potenti
della terra che il suo ministero «comporta anche un potere», ma «il vero potere è il servizio», teso ad
«accogliere con affetto e tenerezza l'intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli».
TRA GLI
APPLAUSI, il Papa ha poi riassunto, con parole semplici, gli esercizi spirituali di sant'Ignazio di Loyola, il
fondatore dei gesuiti da cui Bergoglio proviene: «Per custodire dobbiamo anche avere cura di noi stessi!
Ricordiamo che l'odio, l'invidia, la superbia sporcano la vita! Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri
sentimenti, sul nostro cuore, perché è proprio da lì che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che
costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della
tenerezza!». Ancora, con ottimismo 'ignaziano': «Custodire il creato, ogni uomo e ogni donna, con uno
sguardo di tenerezza e amore, è aprire l'orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a
tante nubi, è portare il calore della speranza». Alla fine, come nella sera dell'elezione, ha fatto una richiesta ai
fedeli: «A voi tutti dico: pregate per me!».
di Iacopo Scaramuzzi - QN
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