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Chiesa, la rivoluzione è donna

Franca Giansoldati - Il Messaggero
Pubblicato il 30-11--0001

I tempi al di là del Tevere sono biblici, ma stavolta qualcosa si muove davvero. Un moto impercettibile, carsico, eppure energico. Una voce difficile da ignorare. Un tempo si poteva, ora non più. Le donne bussano alla porta della Chiesa e chiedono uguaglianza, domandano di eliminare le discriminazioni, di rivedere un impianto sostanzialmente maschile.  Nessuno vuole minare alla base il sacerdozio, il tema è ben altro, per certi versi più rilevante, si tratta di cercare un equilibrio, nel rispetto delle differenze. Le donne chiedono di incidere nelle dinamiche ecclesiali, all'interno delle strutture.

Nella società civile, dalla metà dell'Ottocento in poi, in Occidente, iniziarono ad essere messi in discussione la divisione degli spazi maschili e femminili. Le donne iniziarono a rivendicare uguaglianza, lottando per lavori migliori e per avere gli stessi diritti. Quali? Il diritto di voto, per esempio, l'accesso all’istruzione superiore e alle professioni. La parità è culturale e nasce con questi presupposti.

SUORE

Nella Chiesa in prospettiva sarà sempre più difficile ignorare queste istanze, tenendo presente che la metà del mondo religioso è costituito da un esercito di 800 mila consacrate capaci di muovere una mole enorme di energie, attraendo altre energie. Se non ci fossero loro sarebbero guai visto che mandano avanti ospedali, dispensari, scuole, asili, ospizi, orfanotrofi, centri di recupero. Una realtà variegata e multiforme, abituata a lavorare nel silenzio. La riflessione sulla condizione della donna nella Chiesa è iniziata con il Vaticano II.
Paolo VI fu protagonista di gesti di grande apertura (chiamando 23 donne a fare da uditrici) e così fece Giovanni Paolo II, che scrisse anche una lettera bellissima, Mulieris Dignitatem per esaltare il genio femminile. Fu lui a nominare una ambasciatrice a capo di una delegazione diplomatica della Santa Sede per andare a discutere ad un vertice Onu. Pensare che fino a qualche secolo fa i teologi non riuscivano nemmeno a mettersi d’accordo se le donne avessero un’anima come gli uomini.

Insomma un buon tratto di strada è stato fatto. Poi è arrivato Benedetto XVI che ha proclamato dottore della Chiesa un'altra donna, la quarta: la monaca tedesca Ildegarda da Bingen che si è andata ad aggiungere a Teresa d'Avila, Caterina da Siena e Teresa di Lisieux. Il significato di questo gesto era evidente, voleva che venisse riconosciuto il ruolo svolto dalle donne nella costruzione della cultura cristiana. Intanto il cammino va avanti.  Si tratta di percorrere un altro tratto: per la prima volta in Vaticano un pontificio consiglio, quello della Cultura presieduto dal cardinale Ravasi, dedica una intera sessione al tema dell’uguaglianza.

D'accordo con Papa Francesco, che ha dato l'assenso al summit apertosi ieri (a porte chiuse) è stata data la libertà di parola a tutti gli ospiti e ai membri del dicastero. Non solo cardinali ma sociologhe, genetiste, filosofe, storiche.

PARTERRE

Un parterre internazionale che riflette sulla strada per la parità. La svedese Ulla  Gudmundson, la teologa Mary Melone, la filosofa Anne Marie Pelletier. Cancellare le differenze senza per questo accettare una neutralità imposta. Il materiale prodotto è destinato al prossimo Sinodo. Spunti, riflessioni, incoraggiamenti. La sociologa Corradi ha chiarito che «l' uguaglianza totale non solo non è possibile ma è nociva» l'uomo e la donna sono esseri diversi tuttavia complementari ed è su questo assunto che si deve arrivare ad un vero equilibrio. La storica Lucetta  Scaraffia, ha lamentato che troppo spesso ci si dimentica che «l'uguaglianza nella Chiesa è ontologica, visto che siamo tutti figli di Dio, uomini e donne, uguali».

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