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Caso Scazzi, Sabrina al padre: Perché l’hai fatto? Oggi Cosima rompe il silenzio

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Il giorno di Cosima, la “sfinge di Avetrana”, come è stata definita, la strega capace di aiutare la figlia a strangolare la nipote Sarah per un movente assurdo, la gelosia, come è scritto nella sentenza che condanna lei e la figlia all’ergastolo. Una donna che ha sempre lavorato come un mulo, che anche quel maledetto 26 agosto si è alzata alle tre di mattina per andare a lavorare in campagna, che accoglieva la nipotina Sarah come una figlia, rimproveri compresi. Una madre e una zia affettuosa, secondo chi la difende, avvocati e familiari. Ruvida ed essenziale come spesso sono le donne a cui la vita non concede tregua nell’affanno e nelle preoccupazioni quotidiane. 



Due immagini della stessa donna che fino ad oggi non ha mai parlato al processo, non perché nn volesse, ma per strategia processuale, come conferma anche il suo avvocato, Franco De Jaco. «Vuole confutare, sostanzialmente, tutto ciò che è emerso sino ad oggi», spiega De Jaco. «Poi sarà creduta o non sarà creduta, questo per lei è relativo. Lei avrebbe sempre parlato ci sono delle scelte tecniche che abbiamo fatto noi e che fino adesso le hanno impedito di assolvere a questo suo desiderio».



In aula oltre alle parole di Cosima anche le due intercettazioni telefoniche su cui la corte ha chiesto una perizia tecnica. A parlare al telefono è Sabrina Misseri che la notte del 7 ottobre del 2010, quando Michele Misseri fece ritrovare il corpo della povera Sarah, chiama prima la zia Concetta, mamma della cugina e parla anche con l’avvocato di parte civile Walter Biscotti. Poi nella notte chiama il padre che sta per essere portato in carcere. La ragazza di mostra incredula con la zia e l’avvocato poi chiede conto al padre del suo silenzio: «perché non me lo hai detto subito, papà?». Come se in quelle terribili ore si formasse in lei la difficile consapevolezza di quello che era accaduto, ossia che a uccidere senza pietà la cugina era stato il padre. Questa la lettura della difesa di quelle prole che potrebbero essere importanti per scagionare la ragazza. Ma secondo l’accusa, invece, in quelle considerazioni ancora una volta si manifesterebbe la capacità di simulazione della ragazza e la paura di essere scoperta. Ancora una volta in questo processo si valuteranno spezzoni di parole, il tono delle parole, l’emotività di una frase, come se ci potesse essere una interpretazioni unica di questi elementi (e fino ad oggi sempre e solo in chiave accusatoria).



Anche Sabrina vuole fare dichiarazioni spontanee e ribadire la sua innocenza. «Il dolore per essere ritenuta la responsabile della morte della cugina tanto amata», spiegano i suoi avvocati Franco Coppi e Nicola Marseglia. (La Stampa)

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