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CASA DI ANDREA: BAMBINI NONOSTANTE LA MALATTIA

Redazione online assandreatudisco.org
Pubblicato il 13-04-2017

Affrontare la malattia di un figlio è un dolore costante. La notizia ti piomba addosso, facendoti passare dalla spensieratezza all’angoscia

Affrontare la malattia di un figlio è un dolore costante. La notizia ti piomba addosso, facendoti passare dalla spensieratezza all’angoscia. Futuro, programmi e prospettive sembrano arenarsi; su tutto cala l’ombra dell’incertezza, della precarietà. La quotidianità muta: gite, vacanze, passeggiate e assolati pomeriggi al parco lasciano il passo a consulti sanitari, analisi, diagnosi e terapie.

Il rischio collaterale è quello dell’isolamento sociale, un danno nel danno che acuisce gli effetti della patologia. Perché un bambino malato non ha solo bisogno di guarire ma anche il diritto a vivere la propria infanzia pienamente, nonostante le difficoltà che la sua condizione comporta. Esigenze che il genitore avverte ma a cui, spesso, non riesce a dare risposta: barcamenarsi tra ospedali, lavoro e altre esigenze familiari – pensiamo a chi di figli ne ha più di uno – è complicato. Se poi si abita fuori città o comunque lontano dai pochi centri che effettuano le terapie prescritte dai pediatri il quadro diventa ancora più grigio.




Decine di famiglie in Italia vivono questa condizione. Per sostenerle il mondo del volontariato ha creato numerose realtà. Come l’associazione “Andrea Tudisco“ che dal 1997 offre una casa e una struttura d’accoglienza ai tanti nuclei che senza un punto d’appoggio dovrebbero recarsi continuamente a Roma per consentire ai propri figli di curarsi, sopportando un enorme esborso economico.



Tutto nasce dall’attivismo di Fiorella Tosoni (oggi presidente del centro), di suo marito Nicola e dalla memoria di Andrea, il loro bambino, tragicamente scomparso a soli 10 anni per una leucemia linfoblastica. Durante il periodo della malattia e della degenza i due hanno sperimentato l’importanza della solidarietà tra famiglie, cominciando a ospitare madri e padri lontani da casa e quindi costretti ad adattarsi e, spesso, a dormire su una sedia d’ospedale (o in automobile) durante il ricovero del figlio. L’esperienza di una volta è diventata consuetudine, poi prassi, infine rete. La morte di Andrea non ha spezzato la catena solidale. Fiorella e Nicola, nonostante il dolore, hanno voluto proseguire quell’esperienza, si sono riuniti in comitato insieme a un gruppo di amici e sono andati avanti. Nel 2006 il Comune di Roma ha assegnato loro una struttura abbandonata nel quartiere Aurelio, trasformata, dopo la ristrutturazione, nella “Casa di Andrea“, il cuore pulsante del centro. (Luca La Mantia - Interris)

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