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Autodifesa in convento ecco la suora che combatte il femminicidio

Redazione online
Pubblicato il 06-04-2017

Periferia Nord di Napoli , tra Secondigliano e Scampia 'La gente è sola, bisogna scrollarsi di dosso la rassegnazione'

Non è stato per rendere omaggio al padre carabiniere, il maresciallo Maglio. «Un carabiniere d’altri tempi, come erano i primi. Troppo onesti e seri. Quelli che tenevano l’amore per la patria e per la gente». Non è stato nemmeno per lenire un ricordo della guerra, che ancora viene a svegliarla in piena notte: «Abitavo a Grottolella, Irpinia. Cadevano le bombe sulle case. E io, bambina di 4 anni, scappavo verso i rifugi antiaerei con il mio piatto di spaghetti al pomodoro. Un giorno vidi un uomo a cui un’esplosione aveva strappato entrambe le braccia».
No, suor Maria Grazia Maglio, 77 anni, spiega di essersi inventata il primo corso di autodifesa per «sorelle suore», mamme, insegnanti ed allieve, per una ragione molto più concreta e meno psicanalitica: «Non ne potevo più di sentire la notizia dell’ennesimo femminicidio. E ancora uno scippo, un’altra violenza. Non riuscivo più ad assistere alla mancanza di risposte da parte della politica. Allora, ho pensato: cosa posso fare di concreto per stare dalla parte delle donne?». 

IL TERRITORIO 

Cielo grigio piombo su Melito, territorio di boss ragazzini, spacciatori e scissionisti, faide di camorra e morti ammazzati. Non soltanto di questo, ovviamente. Ma è la zona a Nord di Napoli, fra il carcere di Secondigliano e il quartiere Scampia, dove ogni giorno bisogna inventarsi la vita. Lungo lo stradone, la palestra «Tempi Gym» e una gigantesca sala Bingo. Il sindaco Venanzio Carpentieri, invece, non c’è. È stato sfiduciato dai consiglieri del suo stesso partito, il Pd. 



«A parte la criminalità arrivata da fuori, qui a Melito non c’è niente» dice la professoressa Daniela Scamardella. «Se partecipo a questo corso di autodifesa, è anche per avere un posto di aggregazione e confrontarmi con altre donne. E poi facciamo qualcosa di utile. Credo che l’aspetto più importante sia imparare a gestire l’emotività: non farsi prendere dal panico in caso di aggressione. Nessuna qui vuole diventare una giustiziera. Anzi, se vengono armati, potete stare sicuri che lasciamo tutto, la borsa e quello che c’è dentro». 

L’ISTITUTO 

L’istituto della Congregazione delle Ancelle Eucaristiche è in questa periferia, lungo una strada defilata. Un muro di cinta giallo ne segna il perimetro, con l’allarme e le inferriate alle finestre. «Non mi piace vivere dietro alle sbarre, ma è stato necessario metterle», dice suor Maria Grazia Maglio. «Una volta hanno rubato i salumi e il cibo, era stato il padre di un allievo, anche se poi nessuno ha voluto denunciarlo. Un’altra volta hanno rubato i computer della sala dove tenevamo un corso di informatica».

Vivono, dentro questo piccolo fortino, tredici suore. Si occupano dei cento allievi dell’istituto. Raccolgono fondi, costruiscono pozzi in Uganda, organizzano la giornata dello sport e quella della carità. Sono sorelle della congregazione fondata da Maria Grazia Cicala, il cui motto era: «Una normale vita cristiana». Ma allora, cosa c’entrano queste suore con le arti marziali, le strette al collo e la mossa per non barcollare di fronte a uno scippatore? «Vogliamo solo imparare a difenderci, anche per insegnare ad altre donne a farlo, a loro volta». 

I CORSI 

Il corso è stato presentato l’8 marzo. Iniziato subito dopo, due lezioni a settimana. Il primo a scriverne è stato il giornalista del «Mattino» Giovanni Mauriello. Per il ruolo più difficile, in collaborazione con il Centro sportivo di Napoli, è stato arruolato il maestro di arti marziali Stanislao Di Lorenzo, già impegnato con i ragazzini di Scampia. E adesso, eccolo qua, per iniziare la lezione della giornata: «È un corso che richiede particolare delicatezza, devo ammetterlo. Ma del resto, io sono per la pace, mica per la violenza». 



Sono le quattro del pomeriggio. Allora, vanno. Trenta iscritti. La palestra è una piccola stanza con il pavimento blu e qualche attrezzo. Fra le mamme, le insegnanti e due ragazzine, ecco suor Bernadette, suor Teresa, suor Rency e sorella Lola. Ci sono anche due suore arrivate dall’Indonesia. Il maestro di arti marziali incomincia a spiegare: «Oggi ci occuperemo di come liberarsi dalla presa alle spalle». Suor Maria Grazia Maglio, la più anziana, la superiora, la figlia del carabiniere scampata ai bombardamenti, assiste difilata alla lezione. «Non cercavamo tutta questa pubblicità. Soltanto un’occasione concreta per imparare qualcosa di utile. Dalla politica sentiamo tante chiacchiere. Ma i fatti dove stanno?». 

I RISCHI 

L’ultima ricerca sulla criminalità presentata all’Università Federico II di Napoli ha messo in luce che vivere qui significa incorrere in un rischio di rapina molto più alto che nel resto d’Italia: 326 casi su 100 mila abitanti a Napoli, mentre la media delle grandi città è 145. Eppure, questa non è una storia locale. Non parla soltanto di Gomorra, di povertà e criminali. «Non sopporto più questa divisione fra Nord e Sud» dice suor Maria Grazia Maglio, perdendo il suo sorriso per la prima volta. «L’insicurezza è un problema che riguarda tutta l’Italia. Molti genitori mi hanno chiesto di inserire il corso di autodifesa nel progetto scolastico. La politica, sulla carta, sarebbe la cosa più bella del mondo. Stare dalla parte dei cittadini, aiutarli. Ma anche le cose più belle, in questo Paese, sono diventate brutte, schiacciate sotto il peso di troppi interessi personali. La gente è sola, ha paura. Ecco il senso di questo piccolo corso di autodifesa. Sentirci responsabili, stare insieme, scrollarci di dosso la rassegnazione. E se uno ci aggredisce, non risponderemo certo con la guerra e le spade, ma almeno proveremo a fargli uno sgambetto». (Niccolò Zancan - Vatican Insider)

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