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Attenta Italia, non abboccare alla trappola delle minacce dell'Isis

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

«La fede non è credere in un’ideologia. Anche Isis ha una ideologia ma credere vuol dire amare e amare vuol dire vivere. Questo mi tocca il cuore, penso che oggi abbiamo più bisogno di un’esperienza di fede come amore che di una fede speculativa». Monsignor Louis Raphaël I Sako, patriarca Caldeo di Baghdad, in visita a San Giovanni Rotondo durante la sua breve permanenza per un intervento chirurgico nell’Ospedale di Padre Pio, lo ha affermato in un’intervista con Zenit.



Nella conversazione, Sako descrive così il tempo presente segnato da guerre, tensioni e, per quanto riguarda i cristiani, da persecuzioni: «Il senso c’è. La priorità della fede. Questa gente si sacrifica per l’amore di quanto vive. Questo sangue ha un senso molto grande e profondo. Come dice Gesù: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). Per loro Gesù è il modello. Il sangue dei martiri è per noi grande forza e sorgente di speranza. Come ha detto Tertulliano: “Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”. Così possiamo dire che è morte, ma è anche vita. Come ha detto anche il Signore: “Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo ma non hanno potere di uccidere l’anima” (Mt 10,28). Secondo me l’occidente deve vedere nel modello di questi martiri una chiamata, un appello alla conversione, alla religiosità e alla fede. Se qui ci sono problemi oggi è perché c’è un vuoto. La società occidentale sta perdendo i valori religiosi, c’è una cultura dell’individualismo, del piacere, del denaro che non soddisfa l’uomo che ha una tendenza all’assoluto».


 

Sako parla poi dell’approccio al Corano: «Facciamo un esempio. Nel Corano ci sono i cosiddetti “versetti della spada”, che in un certo modo motiverebbero l’uso della violenza. Ricordiamo che lo stesso Maometto si volge alla conquista di La Mecca con un esercito. E la stessa dimensione della jihad passa da una mera lotta spirituale, interiore, pensiamo in ambito cristiano ai padri del deserto, a una lotta che individua all’esterno il proprio nemico. I musulmani devono leggere questi testi in modo simbolico. Devono poter fare esegesi. Non hanno un’ermeneutica. Quando l’Isis decapita qualcuno lo fa secondo un’interpretazione della legge musulmana. Per loro Dio ha dettato questo. Tutto è divino e anche un po’ magico. Lo fanno secondo la loro fede».



Il Presule ha proseguito raccontando la situazione del dialogo tra cristiani e musulmani nella diocesi di Baghdad e in genere nella Chiesa irachena: «La dimensione della sofferenza, sul piano quindi prettamente umano, avvicina le due religioni. Per esempio a Baghdad c’è un ospedale, il San Raffaele, dove trovano accoglienza sia musulmani sia cristiani. E in ogni stanza dell’Ospedale c’è una croce e anche un’immagine della Madonna. Anche padre Pio è motivo di incontro tra musulmani e cristiani. Nel quartiere Palestin di Baghdad, all’interno della parrocchia La Vergine Maria, dov’è parroco il vescovo ausiliario, monsignor Warduni, c’è una statua di padre Pio. La gente lo conosce. Sia cristiani sia musulmani si fermano a pregare lì. Piccoli esempi che ci mostrano che è possibile un dialogo. Tocca a noi cristiani prendere l’iniziativa. È importante la presenza cristiana in Iraq. Noi aiutiamo i musulmani ad aprirsi».

Ecco poi le parole sulla crisi libica, sull’avanzata del califfato e la strategia di forte impatto comunicativo del riferimento a Roma («Siamo a sud di Roma», è stato detto dall’Isis): «Si tratta di una trappola. L’Italia deve essere attenta a non fare la guerra. Si può scegliere di controllare le frontiere ma è forse più importante monitorare quelli che sono lì. Sono più pericolosi i gruppi fondamentalisti dormienti. Meglio non cominciare una guerra di cui poi non si sa la fine come hanno fatto gli american in Iraq. E adesso abbiamo anche la guerra in Siria da ormai quattro anni».



Sako ha poi citato il Pontefice argentino: «Oggi ci troviamo di fronte a un uomo ferito. Abbiamo nuove patologie spirituali. Papa Francesco non a caso parla di una Chiesa come ospedale da campo dopo una battaglia. In Iraq l’intervento delle forze militari occidentali ha comportato la distruzione di tutto, pensando che sarebbe stato possibile cominciare qualcosa di nuovo. Ma in che modo? Forse non si era studiata bene la questione. C’è stato il cambiamento di regime ma la gente si aspettava qualcosa di più. Dov’è la sicurezza? Senza sicurezza non c’è vita. Bisognava educare la gente alla libertà e alla responsabilità, alla democrazia. Una guerra è sempre una cosa cattiva e suscita nuove ferite, molte delle quali ancora non sanate». E a proposito di Papa Bergoglio, Sako ha confidato di sentirlo vicino: «L’ho incontrato tre volte. Mi ha sempre rincuorato e fatto forza. Ha mandato anche due messaggi. Un filmato e una lettera. Quest’ultima è stata letta alla presenza del cardinale Barbarin, c’è stata una processione e si sono raccolti in chiesa più di 5000 cristiani. Lui è molto vicino, prega per noi. Recentemente ha anche mandato il cardinale Filoni come inviato speciale».




Sako ha anche spiegato come la Chiesa irachena si occupa delle sofferenze del proprio popolo: «Servizio verso i poveri e gli ultimi; custodia e preservazione dell’identità cristiana e poi il dialogo con la religione musulmana. Diamo dunque priorità alle famiglie sfollate. Abbiamo circa 120.000 cristiani e più di 2 milioni di musulmani. Ci domandiamo come essere vicini e presenti in mezzo alla gente che soffre. Noi diamo loro da mangiare, da bere, diamo medicine, facciamo quello che possiamo. Solo la Chiesa fa questo. La Cei ci ha aiutato, anche il Vaticano e le Caritas. La gente è molto colpita quando la Chiesa è vicina. Ma allo stesso modo ci sentiamo chiamati a difendere e proteggere la presenza cristiana, i diritti dei cristiani. Su questo punto c’è uno sforzo con il governo centrale iracheno, perché la presenza cristiana è storicamente importante. Poi cerchiamo il dialogo con i rappresentanti dell’autorità religiosa musulmana. (Domenico Agasso Jr - Vatican Insider)

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