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Assisi, una croce per commemorare il genocidio degli armeni

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Importante giornata nello spirito di San Francesco, quella che il 2 novembre 2015, ad Assisi, ha commemorato le vittime del Genocidio Armeno del 1915, un milione e mezzo di morti che il 23 aprile scorso a Echmiadzin, la Santa Sede della Chiesa Apostolica Armena, con una liturgia solenne, sono stati proclamati Santi Martiri dal Patriarca Karekin II della Chiesa armena apostolica.

Prima una messa, celebrata da Padre Guglielmo Spirito, ha ricordato i santi martiri armeni e la forza della loro fede. A seguire, al termine della liturgia, Padre Mauro Gambetti Custode del Sacro Convento di Assisi ha benedetto l’khachkar, la tradizionale stele armena in pietra incisa, dono dall’Ambasciata della Repubblica d’Armenia in Italia alla Comunità del Sacro Convento e da ieri collocata, a eterno simbolo di fraternità e giustizia, sul sagrato della basilica di San Francesco. Come recita la targa deposta alla base: "Questo khachkar è stato eretto in occasione del Centenario del Genocidio Armeno (1915-2015) in memoria dei Santi Martiri e a monito per le future generazioni affinché promuovano la cultura della pace tra i popoli".

Il khachkar, riproduzione fedele di un’opera del XIV secolo del maestro scultore armeno Momik, è stato poi, con un rito speciale, consacrato e unto dall'Archimandrita Tovma Khachatryan, responsabile della Chiesa Armena Apostolica d'Italia.


A conclusione dell’importante momento di condivisione di valori, l’Ambasciatore Ghazaryan ha così dichiarato: “Oggi, quando i crimini contro l’umanità non sono completamente relegati nei manuali di storia, ma si ripropongono con vigore nella cronaca, nell’attualità - penso a quella grottesca barbarie che è l’Isis - noi, i discendenti dei sopravvissuti del genocidio armeno che aprì il secolo breve, insieme a voi, cari Padri Francescani e alle donne e agli uomini di buona volontà da ogni angolo della terra, abbiamo il dovere di prevenire, di denunciare, di non essere indifferenti. Abbiamo il dovere di operare per una civiltà della pace.”

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