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Al vertice italo-vaticano si parla di Libia, immigrati e finanza

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

La Libia e l’ipotesi di un intervento militare sotto l’egida delle Nazioni Unite, i cristiani perseguitati in Medio Oriente, i migranti indirizzati in Italia che non possono essere lasciati in mare, e poi la scuola paritaria, la famiglia, le questioni finanziarie. Sono i temi dell’annuale vertice italo-vaticano che si è svolto nel pomeriggio in occasione dell’anniversario dei Patti lateranensi (11 febbraio).


 

Il tono è ben diverso dagli anni scorsi: nel 2013 Joseph Ratzinger aveva appena annunciato la rinuncia al Pontificato e al palazzo Borromeo, sede dell’ambasciata italiana presso la Santa Sede, giunse una delegazione vaticana sotto choc. L’anno scorso aleggiava l’incertezza: presidente del Consiglio era un Enrico Letta fresco di dimissioni, Giorgio Napolitano aveva prolungato il settennato, il segretario di Stato, Pietro Parolin, non era ancora cardinale. Oggi il quadro è definito e trasmette un clima di maggiore distensione nei colloqui a porte chiuse. Il cardinale Parolin è saldamente alla guida della macchina vaticana, Renzi altrettanto saldamente a palazzo Chigi e da poche settimane al Colle siede il cattolico Sergio Mattarella.



Ospite dell’ambasciatore italiano uscente presso la Santa Sede, Francesco Maria Greco (il suo successore, l’ex ambasciatore in India, Daniele Mancini, entrerà in carica a marzo, c’è già l’agreement vaticano), il governo si presenta al gran completo: ci sono i ministri Gentiloni (Esteri), Boschi (Riforme), Alfano (Interni), Pinotti (Difesa), Franceschini (Beni e attività culturali), Giannini (Istruzione), Madia (Pubblica amministrazione), Lorenzin (Salute) e Lupi (Trasporti), i sottosegretari alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio e Luca Lotti. Ultimo, attorno alle 16 e un quarto, arriva il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Passano pochi minuti ed entra nel cortile dell’ambasciata la delegazione ecclesiastica guidata, per il Vaticano, dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin (ci sono tutti i suoi più stretti collaboratori: il sostituto Becciu, il "ministro degli Esteri" Gallagher e i due vice Wells e Camilleri), e il cardinale Attilio Nicora, personalità chiave della revisione del Concordato, e per la Cei dal cardinale presidente Angelo Bagnasco e dal segretario, mons. Nunzio Galantino, che scende dall’auto con lo zucchetto viola in mano. Sul tavolo le questioni bilaterali.


 

Angelino Alfano – racconterà poi Parolin a un crocchio di giornalisti a margine del ricevimento – «ci ha detto che non ci sono minacce specifiche riguardanti il Vaticano» da parte degli jihadisti del cosiddetto Stato islamico. «Ci siamo chiesti anche, ma senza poter dare una risposta, se queste minacce sono mediatiche. Certo da parte dell'Isis c'è una guerra mediatica. Però questo non significa che non si debba essere attenti, vigilanti, senza cadere in allarmismi».


Si parla di scuola, e della «importanza» della paritaria («Da parte del governo italiano c'è stato questo riconoscimento anche se la paritaria può migliorare, può diventare sempre più una scuola di eccellenza, però il riconoscimento del suo ruolo c'è stato»), di famiglia, ma «in termini generali», dell’assistenza religiosa ai militari, in applicazione dell’articolo 11 del Concordato, e ancora di «questioni finanziarie bilaterali», probabile riferimento al pendente riconoscimento dell’adeguamento dello Ior agli standard internazionali di antiriciclaggio da parte delle banche italiane. Di banche popolari, ufficialmente, non si parla.



A partire dalle 17 arrivano all’ambasciata il presidente della Corte costituzionale Alessandro Criscuolo, i presidenti di Senato e Camera Pietro Grasso e Laura Boldrini e, da ultimo, il capo dello Stato Sergio Mattarella, al suo primo vertice italo-vaticano. La discussione si allarga ai temi internazionali. Non si parla dell’Ucraina e della prossima visita, sabato, della cancelliera Angela Merkel dal Papa. Si parla invece dei cristiani perseguitati in Medio Oriente e dell’immigrazione: «Abbiamo toccato questo tema sottolineando soprattutto l'attenzione del Papa e della Chiesa per l'accoglienza», sono sempre le parole di Parolin, «questo è stato un tema molto recepito anche da parte del governo, perché ci sono persone che evocano la proposta di lasciare le navi in mezzo al mare» e invece «c'è un dovere di carità, ma prima di tutto un dovere di giustizia» poiché «per le autorità italiane ci sono delle convenzioni internazionali alle quali sono obbligate» mentre «noi come Chiesa sottolineiamo principalmente l'aspetto della carità». La presidente della Camera Boldrini interviene sull’accoglienza ai rifugiati. Infine, la Libia: «Abbiamo parlato – spiega il cardinale segretario di Stato – dell'importanza di rilanciare un'iniziativa diplomatica. E qualsiasi intervento di tipo armato sia sempre fatto secondo le norme della legalità internazionale. Quindi che ci sia un'iniziativa dell'Onu». La situazione, insomma, «è grave» ed esige «una risposta concorde della Comunità internazionale». Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni spiega come si muove l’Italia per una azione concordata a livello internazionale.


 

Terminato il bilaterale, la sede dell’ambasciata, attorno alle 18, apre le porte a tutti gli altri ospiti. Il presidente Mattarella si infila velocemente in macchina, il premier Renzi e qualche ministro si trattengono ancora un po’. Arriva il cardinale Camillo Ruini, che esce poco dopo guardando divertito l’auto blu parcheggiata del Presidente della Repubblica. Ci sono Ferdinando Casini e Gianni Letta, il direttore della Civiltà Cattolica Antonio Spadaro e il cardinale Gianfranco Ravasi, il fondatore della comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi e lo storico Alberto Melloni, Francesco Rutelli ricorda la sua conoscenza di antica data con il vescovo di Ancona Edoardo Menichelli («E’ bello che un prete di strada divenga cardinale») e il cardinale Francesco Coccopalmerio (polemiche sugli statuti della segreteria per l’Economia? «Deciderà il Papa»). Un gruppetto di cardinali (Baldisseri, Mueller, Ouellet, Vegliò e Mamberti, fresco di Concistoro) giungono in un pulmino.

Tra tartine e bicchieri di spumante, Renzi scherza con gli ospiti e schiva le domande dei giornalisti, il
portavoce vaticano Federico Lombardi si ferma con i cronisti rimasti nell’atrio, ambasciatori e giornalisti si mescolano ai portavoce della Cei Domenico Pompili, del presidente del Consiglio Filippo Sensi e del nuovo portavoce del Quirinale, l’ex giornalista di Avvenire Giovanni Grasso. Parolin risponde serafico a tutte le domande. Clima disteso, nulla a che vedere con gli ultimi due anni. (Iacopo Scaramuzzi - Vatican Insider)

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