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Non ho fede, ma sono profondamente cristiano: siamo una contraddizione vivente

Enzo Fortunato
Pubblicato il 30-11--0001

«Siamo una contraddizione vivente». Resto spiazzato davanti al mio interlocutore a cui rispondo: «Perché?» E lui, prendendo un cellulare mi dice: «Sai da cosa è composto? Tra i tanti materiali quello principale è il coltan e sai dove viene prodotto? Nelle zone più povere dell'Africa. Sai quanti bambini muoiono per produrlo? Le stime, tra la guerra per l'accaparramento di questo materiale e i morti per la sua estrazione, si aggirano intorno agli 11 milioni. Un costo umano inaccettabile. Per questo io dico che siamo una contraddizione vivente».

L'interlocutore che ho di fronte è uno dei più grandi manager del nostro paese e afferma: «Non ho fede, ma sono profondamente cristiano». Con questa manciata di parole ha reso questo incontro uno dei più importanti che abbia vissuto. Non perché mi abbia ferito, ma perché ha posto l'attenzione su una questione in grado di lasciare echi di riflessione per lunghi giorni, spiazzandoti.

A volte penso a noi frati, a noi cattolici sazi, a un'Europa cieca e sorda alle grida di aiuto che arrivano inesorabili dall'Africa, dall'Asia, dall'America Latina. Ma anche dal nostro Paese, dalle zone più povere, come Ales, in Sardegna o nelle periferie. Che possiamo fare? Ecco l'interrogativo.

Lo ripropongo a me e a voi, cari lettori. Credo che la risposta sia nelle parole che l'unico leader, papa Francesco, che oggi ha il coraggio di dire: «Non sprechiamo» o ancora, «I profughi non sono numeri ma persone» oppure «Chi alza muri non è cristiano, ma nemmeno uomo». Basta questo per rispondere alla domanda “cosa fare?” Non lo so, ma una cosa è certa: ci sentiamo tutti un po' impotenti di fronte alle grandi sfide del mondo, ma possiamo sentirci "potenti" di fronte alle nostre scelte quotidiane.

Ecco che ritorna quell'affermazione di un sacerdote santo, Don Benzi, che ha percorso i marciapiedi delle nostre vie cercando salvare le donne dallo sfruttamento dei protettori (sfruttatori) quando affermava: «Non avere paura del male che c'è nel mondo, abbi paura del bene che non c'è. Nessuno ti impedisce di fare il bene».

A questo bene Francesco d'Assisi aveva dato un nome, Gesù, che è presente in maniera indiretta anche nell'affermazione di questo giovane manager che ho incontrato: «Non ho fede, ma sono profondamente cristiano. Mi batto per la giustizia di questo incarico che ricopro per il bene del paese. Ho tagliato il superfluo, per salvare le famiglie». Anche noi possiamo tagliare lo spreco e spezzare la catena dell'indifferenza verso il prossimo, chiunque esso sia: il vicino come il lontano.

È con questo spirito che proponiamo l'intervista a due donne che sono alla ricerca di senso nella loto vita: Kerry Kennedy e Sharon Stone.

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