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Le vie di Francesco: Grazie Bergoglio, Assisi è sold out

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

In file ordinate e silenziose i pellegrini scendono nella cripta che custodisce i corpi di san Francesco e dei suoi più stretti compagni, fra' Leone, fra' Rufino, fra' Masseo e frate Angelo. Discendono e, innanzi al pilastro che ne contiene le spoglie, si prostrano a terra per poi, come nel deambulatorio del Santo Sepolcro, girarvi attorno. Chiedono grazie, aiuto, sollievo. Ma quando risalgono, a volte anche dopo ore, nulla è più come prima. Tanto che molti, prima di uscire all'aria aperta, si afrettano a disbrigare un ultimo e impellente afare. Si dirigono verso i confessionali, pochi passi oltre la campata d'ingresso della basilica inferiore, e vi entrano per chiedere perdono. Una pratica, quella della penitenza, cresciuta senza sosta ad Assisi dopo l'elezione al soglio di Pietro del primo Papa chiamatosi Francesco. Tanto che, in Basilica, i frati conventuali hanno dovuto potenziare i confessionali: da sei a dieci. Un piccolo segno, certo, ma significativo di quale impatto spirituale, e insieme profondo, abbia avuto sulla città di san Francesco il primo Papa che, assecondando il suggerimento di non dimenticarsi dei poveri fattogli poco dopo l'elezione dall'amico cardinale Cláudio Hummes, ha scelto il nome del poverello di Assisi. C'erano una volta i pellegrini dei grandi ponti festivi. Assisi, fino a tre, quattro anni fa, si riempiva soltanto in alcune circostanze: Natale, Pasqua, i ponti dell'Immacolata e del 25 aprile. Poi, il 13 marzo 2013, il conclave ha eletto al soglio di Pietro il cardinale arcivescovo di Buenos Aires. E il 4 ottobre successivo, lo stesso Pontefice ha deciso di arrivare come pellegrino nella cittadella umbra. Qui ha ricordato quello che è il cuore della vita cristiana: mettere Gesù al primo posto, spogliarsi di tutto ciò che sofoca il cuore e seguirlo. «Spogliarsi dell'io orgoglioso» ha detto «e distaccarsi dalla brama di avere, dal denaro, che è un idolo che possiede». Da quel giorno in tanti hanno seguito il Papa sulla medesima strada. E la piccola città ha iniziato a riempirsi sempre più, anche in giorni anonimi sul calendario. «Tutti i giorni ormai abbiamo richieste per i nostri frati perché accompagnino gruppi di persone nei luoghi che furono di Francesco» dice padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento.

«Chiedono che siano i frati a fare da guida perché desiderano sentire da chi vive il carisma di Francesco parole di vita. Dentro ogni pellegrino, infatti, c'è un'enorme domanda di spiritualità. Papa Francesco ha portato un'aria di novità. C'è voglia di cercare ancora un contatto con Dio. Chi viene ad Assisi molte volte non ha ancora ben chiaro quale volto abbia questo Dio, però tutti intuiscono che san Francesco mostra chiaramente il volto di Cristo, che egli stesso è un riesso di Cristo». Il volto di Francesco e il volto di Cristo. Il 4 ottobre papa Bergoglio ha parlato del vero volto di Francesco: «Non era sdolcinato» ha spiegato «basta con le caricature». E, in efetti, racconta padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento e della rivista San Francesco Patrono d'Italia , «il vero volto di Francesco è ciò che anche grazie alle parole del Papa stiamo cercando in tutti i modi di far incontrare alla gente che arriva fin qui. Per Tommaso da Celano, Francesco non era bello: basso di satura, orecchie sporgenti, però attirava tutti perché sapeva amare, e amare, fra tutti, i peccatori». Come papa Bergoglio, insomma, che recentemente, a Santa Marta, ha spiegato che «il luogo privilegiato dell'incontro con Cristo sono i nostri peccati». Dice ancora padre Enzo: «In fondo, oggi tutti vengono ad Assisi per un unico motivo. Trovare il volto di Cristo misericordioso, trovarlo nel proprio nulla. Un tempo venivano solo per ammirare gli afreschi di Giotto, Cimabue e Lorenzetti... adesso non è più così». Il usso di pellegrini ad Assisi è aumentato del venti per cento in un anno. E sono venti milioni coloro che, da un anno e mezzo fa ad oggi, si sono collegati con la web cam fissa 24 ore su 24 sulla tomba del santo. Nei tre mesi che precedettero l'elezione di Francesco, la web cam aveva ricevuto soltanto un milione di contatti. Nulla, dunque, rispetto a quanto è accaduto successivamente. Venti milioni in poco più di dodici mesi. Un fenomeno ormai planetario: gli accessi si registrano da tutto il mondo, la maggior parte dall'Italia, a seguire gli Stati Uniti. Poi Germania, Canada e Spagna. Gente comune e di ogni estrazione. Gente assetata di risposte, bisognosa di grazie, spesso di miracoli. Non sono, dunque, soltanto le visite illustri di Patti Smith, Mikhail Gorbaciov e, recentemente, anche della celebre giornalista americana Oprah Winfrey, a fare notizia.

Da mesi a far parlare di sé è anche altro. La marea anonima dei venti milioni di utenti della web cam e insieme le centinaia di migliaia di pellegrini che tutti i giorni salgono fino al cuore di Assisi vecchia hanno sollevato qualche domanda in città: e se Assisi si fosse candidata da sola a capitale europea della cultura e non, come è poi avvenuto, insieme a Perugia? Forse non sarebbe stata Matera a vincere. L'interesse universale cresciuto attorno ad Assisi, si dice, sarebbe stato sufficiente a tagliare il traguardo per primi. Sono centinaia di migliaia le lettere che tutti i giorni i pellegrini lasciano in un'apposita urna in plexiglass accanto alla tomba di san Francesco. «Aiutami a ritrovare il sorriso», scrive una donna di Pesaro. «Vorrei un uomo vicino che mi voglia bene per come sono», scrive un'altra da Bari. E poi richieste per proteggere il proprio esercizio commerciale, chi dalla mafia, chi dalla camorra, chi dalla sfortuna. Perché in tempi di crisi «la Chiesa torna a essere percepita come un porto sicuro»: così disse anche Enrico Berlinguer, visitando la tomba di Francesco nel 1983. «Francesco è per molti pellegrini una roccia a cui afdare problemi e soferenze» spiega padre Enzo. «La sua tomba è il luogo in cui lasciare tutto ciò che non va. Vengono per fare questa consegna da ogni parte del mondo. Vogliono stare vicino al santo, toccare la pietra della sua tomba, far sentire la propria voce». A circa un chilometro dal sacro convento, in piazza del Vescovado, risiede Domenico Sorrentino, vescovo della città. Fu lui il 4 ottobre 2013 ad accompagnare Francesco in ogni istante della visita. Ricorda: «Il Pontefice decise di pranzare al Centro di prima accoglienza della Caritas con i più poveri e non con le varie autorità presenti quel giorno in Assisi. Ci diede una bella sberla salutare facendoci capire l'importanza di stare vicino ai poveri e agli ultimi. Da quel giorno molto è cambiato in diocesi. Da subito abbiamo capito che nulla sarebbe più potuto essere come prima. Ovunque cerchiamo di creare piccole comunità che mostrino la prossimità del volto di Cristo a tutti. Siamo una Chiesa in uscita, diocesi e frati assieme. Una Chiesa che prega per la pace come ha chiesto lo stesso papa Francesco in visita qui».

Assisi città della pace perché, come disse tempo fa padre Giuseppe Piemontese, da poco nominato vescovo a Terni, questa è la città di san Francesco: «Semplicemente un faro spirituale». E ancora: «La presenza delle spoglie mortali di Francesco, delle memorie della sua esperienza umana, cristiana, della sua spiritualità, sono per tutti noi francescani, per la città di Assisi e per l'umanità intera un dono e una risorsa inestimabile». Ne sanno qualcosa coloro che tutti gli anni organizzano qui una marcia della pace. Un evento iniziato nel 1961, ma che, proprio quest'anno, il 19 ottobre, ha visto una partecipazione di oltre centomila persone. Mai si era registrata una presenza così significativa. Presenti 525 città da tutte le regioni italiane, 115 scuole, 275 enti locali e 478 associazioni. «Cento anni di guerre bastano», recitava una grande bandiera con i colori dell'iride della pace. «La marcia sia un'occasione per un maggior impegno nella diffusione della cultura della solidarietà, ispirata ai valori morali e al servizio della persona umana e del bene comune», ha chiesto il Papa.

«La pace ha bisogno di noi, di speranza, e la speranza ha bisogno di ciascuno di noi. E prima di riformare il Paese bisogna riformare le nostre coscienze», ha detto invece don Luigi Ciotti. Molto è dunque cambiato sotto il cielo di Assisi dal 13 marzo 2013. E anche se papa Bergoglio resta la causa principale di questa nuova riscoperta di san Francesco, la città deve tutto al santo, alla sua scelta sempre attuale di stare accanto agli ultimi portando loro il volto materno di Cristo. Come disse più volte Martin Luther King: «Abbiamo conquistato il cielo come gli uccelli e il mare come i pesci, ma dobbiamo imparare di nuovo il semplice gesto di camminare sulla terra come fratelli». (Il Venerdi di Repubblica)

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