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Come raccontare Francesco all'uomo contemporaneo?

Grado Giovanni Merlo
Pubblicato il 30-11--0001

Come raccontare san Francesco all’uomo contemporaneo? La domanda è tanto interessante quanto difficile. La domanda potrebbe essere estesa a qualsiasi altro uomo o donna del passato: uomo o  donna che hanno avuto la loro peculiare esistenza. Pertanto, dovremmo iniziare da “frate Francesco”, piuttosto che da “san Francesco”: dall’uomo che ha vissuto, prima di essere proclamato santo.

“Frate Francesco” è la traduzione consueta del latino “frater Franciscus”; ma, in latino “frater” vuole dire, prima di tutto, fratello, mentre frate rinvia a un’appartenenza: nel suo caso l’appartenenza alla fraternità dei “frati” Minori. Francesco è dunque colui che sceglie di essere “fratello” degli altri uomini e di essere “frate” insieme a quanti decisero di condividere la sua proposta di “vivere secondo il modello del santo Vangelo”, di testimoniare la “buona novella” di Gesù Cristo in tutta la sua radicalità. Insomma, Francesco è uomo nella pienezza della condizione umana ed è uomo che ha scelto di seguire le orme del Figlio (la seconda persona della Trinità).

Francesco è pertanto colui che ha risposto alla vocazione cristiana, piegandosi all’azione della Grazia divina. È colui che ha capito e accettato in modo totale il senso dell’Incarnazione e della via della salvezza. Ha capito e accettato, non di meno, che la Grazia divina non lo voleva isolato e solo, offrendogli invece dei “fratelli/frati” per condividere il difficile cammino della fede.

Per lui capire e accettare il senso dell’Incarnazione significa capire e accettare il senso dell’uomo e della vita, che si svela anche (o, forse, soprattutto) là dove gli individui si trovano nella condizioni più misere: ’Incarnazione divina significa la vicinanza del Dio che si è fatto uomo nella povertà e nel sacrificio di sé.

In una delle Ammonizioni di frate Francesco si legge: “Considera, o uomo, in quanta eccellenza il Signore Dio ha posto te, dal momento che ti ha creato e formato secondo il corpo a immagine del Figlio suo diletto e secondo lo spirito a sua somiglianza”.

Queste parole, esaltando l’uomo, lo richiamano alle sue responsabilità, proprio in quanto “figlio” di Dio, che tutto deve al Padre   che di altro non può gloriarsi se non delle proprie “infermità”, sostenendo “ogni giorno la santa croce del Signor nostro Gesù Cristo”. Nella consapevolezza dei propri limiti e nel sostenere la croce vi è l’abbandono alla volontà del Padre: e in tutto ciò non c’è tristezza né cupezza, bensì la “vera letizia e vera virtù e salvezza dell’anima”.

Lo sforzo di tradurre nella realtà queste convinzioni conduce frate Francesco a essere considerato santo, cioè a essere esempio e testimonianza di vita cristiana, prima che venisse la sanzione in un atto istituzionale, cioè la santificazione canonica.

Come si sarà capito, esempio e testimonianza non sono riducibili a mera narrazione, a racconto favolistico ed edificante; comportano invece il confronto serrato e costruttivo con se stessi e con gli altri. L’esperienza umana e religiosa di frate/san Francesco è soltanto all’apparenza lontana e finita.

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