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Camera dei deputati 1 ottobre 2014, discorso padre Mauro Gambetti

Mauro Gambetti
Pubblicato il 30-11--0001

"Illustrissimi Onorevoli, ringrazio voi tutti e in particolar modo l’Onorevole Presidente Laura Boldrini per l’opportunità di questo incontro. Insieme alle famiglie francescane (di Assisi) e al Vescovo Mons. Domenico Sorrentino, che non potendo essere presenti mi hanno raccomandato di manifestare la loro vicinanza, porgo un cordiale saluto a voi e a quanti sono convenuti oggi: il Signore dia pace a tutti voi.

Il 75° anniversario della proclamazione di Santa Caterina da Siena e di San Francesco d’Assisi patroni primari d’Italia è un’occasione per fare memoria di ciò che è stato, ma anche un’opportunità per volgere lo sguardo verso il futuro, in uno dei momenti più delicati della storia post bellica del nostro “bel paese”.


Fare memoria

Caterina e Francesco colpiscono ancora oggi per le loro esistenze realizzate e felici, nonostante le tribolazioni attraversate in epoche difficili almeno quanto la nostra. Francesco visse tra il XII e il XIII secolo, in una fase di profondi mutamenti politici ed economici, che provocarono non pochi conflitti tra ceti sociali e popoli diversi. Anche Caterina visse in un secolo - il quattordicesimo - assai travagliato per la vita della Chiesa e dell’intero tessuto sociale italiano ed europeo.

Proprio per la loro capacità di attraversare felicemente epoche tanto sofferte, credo ci possano offrire motivi di ispirazione per orientare l’edificazione del domani.

Caterina fu una donna dalla personalità forte e autentica, protagonista di un’intensa attività di consiglio spirituale nei confronti di ogni categoria di persone: nobili e uomini politici, artisti e gente del popolo, persone consacrate ed ecclesiastici. Viaggiò molto per sollecitare la riforma interiore della Chiesa e per favorire la pace tra gli Stati.

Francesco – sul quale mi soffermerò più a lungo essendomi la sua esperienza più familiare per ovvi motivi – fu un piccolo uomo che avviò un movimento di riforma nella vita ecclesiale e sociale la cui onda d’urto ancora non si è arrestata. Anzi. Noi che siamo custodi del corpo di san Francesco, possiamo portare innumerevoli testimonianze (cf. Enzo Fortunato, Vado da Francesco) di uomini e donne che guardano al Poverello di Assisi come ad uno dei più grandi personaggi di tutti i tempi. Nonostante le differenze culturali e storiche, l’essere umano di oggi è come quello di allora e vede in Francesco la realizzazione delle proprie aspirazioni più profonde. L’uomo da sempre è alla ricerca di una vita piena, felice, realizzata. Così appare l’esistenza di Francesco e questo forse contribuisce a renderlo particolarmente vicino al nostro sentire.

Gli elementi della sua esperienza che vengono sentiti come espressione di successo e realizzazione personale non sono però la ricchezza, il potere o la forza, quanto piuttosto la povertà, l’umiltà e la semplicità. Francesco non colpisce nemmeno per la sua intelligenza, vivacissima, o per la sua geniale capacità artistica. Piuttosto, di lui impressionano la libertà e la creatività, la prossimità e la compassione, la pace e la dedizione fedele, l’autenticità e la gioia. Ma, soprattutto, egli è percepito come il fratello di tutti, al punto da far dire a molti: vorrei vivere anch’io un’esistenza così!

Se vogliamo volgerci al futuro con senno, dobbiamo misurarci con questo stile che determina un autentico criterio di successo, di realizzazione e di felicità per l’essere umano, rinunciando alle allettanti quanto ingannevoli proposte del progresso senza limiti, della soddisfazione di ogni bisogno, del possesso di tanti beni, dell’uso di ogni cosa e di ogni persona a piacimento.


Uno sguardo al futuro

Mi permetto allora di proporre a questa prestigiosa assise parlamentare, che vuole promuovere il bene del popolo italiano che ha ricevuto il mandato di rappresentare e servire, di fare proprio lo

stile di Francesco, segnato dai “criteri di valore” dell’esistenza umana da lui vissuti esemplarmente.

Offro tre piste sulle quali chiunque può avventurarsi per raggiungere un successo garantito per sé e, per ricaduta, per le persone verso le quali presta un servizio. Queste piste si possono sinteticamente indicare con tre parole: fraternità, minorità e povertà.


FraternitàLa fraternità francescana si caratterizza fin dagli inizi per la varietà delle persone che la compongono. Francesco era figlio di un commerciante, a lui si uniscono un cavaliere, Bernardo, un contadino, Egidio, un nobile, Rufino, un sacerdote, Leone, un popolano, Masseo, un vecchio sacerdote, Silvestro, un militare, Angelo, un avvocato, Pietro, un bifolco, Giovanni… Seppure estremamente diversi per estrazione sociale, per formazione, per sensibilità, potremmo dire per “partito”, questi uomini riescono a stare insieme senza perseguire alcun interesse materiale comune, senza che ci siano dei nemici da combattere, senz’altra ragione che quella di vivere l’utopia della fraternità per far crescere il bene. Credo che chi viene eletto in Parlamento dovrebbe avere questa primordiale disposizione d’animo per vivere bene il suo compito. Un’assemblea come la vostra è innanzitutto una fraternità. Ciascuno deve riconoscere che le persone che gli stanno a fianco sono un dono, sono dei fratelli che insieme con lui compongono l’assemblea votata per eccellenza al dialogo, al confronto. La serena accoglienza dell’«altro» nelle sue legittime ragioni e nella sua stessa persona, deve precedere e accompagnare la necessaria dialettica nella ricerca di ciò che è giusto e di ciò che è migliore. Francesco direbbe: Si rispettino e amino scambievolmente. Lavorino con fedeltà e devozione. Non litighino tra loro e con gli altri, servano e si obbediscano a vicenda.



Minorità. La qualifica fondamentale della fraternità francescana è la minorità, indispensabile per vivere concretamente l’espressione evangelica: voi siete tutti fratelli. Per questo nella fraternità francescana non ci sarà un priore, un abate, un primicerio, ma un ministro, un custode… mai un primo, ma uno posto a servizio. I frati sono minori, ovvero sottomessi a tutti, perché riconoscono in ciascuno un valore aggiunto. Alla radice vi è la convinzione che ciascuno possegga una indiscutibile dignità personale. Se è vero che tutti hanno tale dignità però, è altrettanto vero che nessuno è uguale ad un altro e la differenza non solo va rispettata ma va esaltata, affinché ognuno esprima il meglio di sé e dia il proprio contributo allo sviluppo dell’umanità. Chi siede in Parlamento dovrebbe avere questo atteggiamento, per ascoltare con attenzione, quasi con venerazione, quanto dicono gli altri e cogliere il valore aggiunto che spesso si nasconde dietro a prosopopeici interventi.


PovertàNella spiritualità francescana questa è espressa con il termine “espropriazione”, ex-proprium, cioè rinuncia al proprio (senza nulla di proprio), perché tenere il proprium per sé comporta escludere l’altro da un rapporto fraterno, significa porre le condizioni perché l’altro si costituisca come minaccia e non come fratello. Espropriarsi delle idee, dei privilegi, finanche dei possessi materiali è la condizione per una piena condivisione di vita, di pensiero, di decisioni… di beni, di bene. La povertà è anche condizione di libertà. Non la libertà sbandierata da chi fa del libero arbitrio una norma di comportamento, né di chi si vuole liberare degli altri, ma la libertà di chi è libero dai privilegi e dalla ricerca della ricchezza e può quindi essere libero per gli altri. Solo in questo modo diviene possibile cercare il bene comune e realizzarlo.

Farsi poveri e farsi piccoli per essere autenticamente fratelli di tutti: seguendo queste tracce lasciate da Francesco il raggiungimento del successo è semplicemente garantito. Ne deriverà altresì un fiume di pace e di bene capace di rinnovare l’Italia, il mondo. Per questo tanti uomini e donne lo cercano ancora dopo ottocento anni, mentre il nome di tanti potenti della Terra è stato dimenticato".


padre Mauro Gambetti





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