Il sacro nella musica contemporanea

di Andrea Ceccomori

Il sacro nella musica ha occupato da sempre un posto di primo piano. Ogni compositore ha dedicato, a questo aspetto della musica, buona parte della propria produzione. Basti pensare a grandi come Mozart, Verdi, Bach in primis, in ogni luogo e ad ogni tempo il sacro ha suscitato sempre un profondo interesse nell’animo del musicista, vuoi per le commissioni della chiesa, vuoi per completare la propria opera omnia. Questo è successo, dal medioevo ad oggi, nella storia della musica occidentale e nondimeno nelle tradizioni delle musiche extraeuropee. Anche gli ultimi scorci della musicacosidetta moderna, partendo dalla storica esperienza dei corsi di Darmstadt (caposaldo della musica del XX secolo) degli anni 50 fino ad oggi, hanno visto copiose produzioni di opere al sacro.

Tra queste dobbiamo segnalare alcuni tra i compositori che maggiormente hanno influito sul senso della musica spirituale a cominciare da Messiaencon capolavori come “quatuor pour la findutemps” o Ligeti con “Lux aeterna”, ma, mentre con il primo siamo nella prima metà del secolo e con il secondo nella seconda metà, a noi interessa capire invece cosa è successo negli ultimi decenni per avere un polso della situazione più vicina a noi. C’è da dire che solo negli ultimi anni l’opinione musicale contemporanea si è rivolta al sacro, mentre i decenni 70-80 erano ancora imbevuti di sperimentalismi e intellettualismi, da Berio a Stockhausen( compositore sacro atipico) a Maderna (con qualche punta degna di nota come “Laudes Creaturarum”).

Oggi l’estone Arvo Part è consideratotra i maggiori esponenti della musica sacra: col suo concetto di “Tintinnabulum” ha voluto esprimere la forza della naturalezza del suono e della triade armonica, applicata alla semplicità di un linguagio asciutto ed essenziale, mentre altri compostori come l’ucraino Valentin Silvstrov, amico di Part, ne ha seguito per certi verso le orme. Non dimentichiamo l’ inglese John Tavener, con il suo Celtic Requiem, HenrykGorecki con la sua Sinfonia n.3 (anche se non dichiaratamente sacra esprime una profondità di linguaggio da paragonarsi a degni capolavori del settore). E ancora Preisner (con “Lacrimosa”), certe cose di David Lang, Gavin Bryars,Max Richter, e ancora Giacinto Scelsi la cui musica è tutta impregnata di una ricerca sul sacro.

Un discorso a parte meritano i cosidettiminimalisti come Steve Reich e Philip Glass,John Adams e La Monte Young che non possono annoverarsi tra i compositori sacri, ma che sicuramente hanno permesso al linguaggio musicale di superare certe impasse linguistiche approfondendo il rapporto del suono con l’interiorità e l’introspezione, e che ha generato nel tempo, tutto un atteggiamento linguistico verso il sacro fatto oggi di pochi segni essenziali.

La cosa sorprendente però è che, come ho avuto modo di esprimere in altri capitoli dei miei blog per la Rivista San Francesco, si apre un futuro per il sacro in musica, a mio avviso, completamente nuovo, uno scenario fatto anzitutto di dialoghi e contaminazioni tra generi diversi, di rapporti diretti tra suoni e significati (per una maggiore comprensione di una possibilesemanticità della musica), di armonie e leggi che si aggregano in maniera assolutamente creativa e nuova, svincolata da vecchi modelli di “manuali di armonia”. Un’armonia potremmo dire universalis, un accordatura diversa e più naturale degli strumenti, un rapporto con il testo e l’oggetto sacro non più a modello esterno, ma incarnato nell’animo del musicista, e infine, per noi di Assisi Suono Sacro, di un suono povero, di una musica interiore, di un armonia perennis.

San Francesco stesso è stato il poeta e il musico che ha saputo introiettare il modello sacro come quello di Cristo, facendone verbovivente, ispirativo e creativo.