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La strada per vivere amore reciproco - Enzo Bianchi

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Questa preghiera è diventata nei secoli una preghiera universale, perché esprime il desiderio del bene, della pace, della vita presente in ogni essere umano. È una preghiera semplicissima e breve, e tuttavia così ricca di pensieri che umanizzano, che ci indicano la strada per vivere il comandamento nuovo dell'amore reciproco lasciatoci da Gesù (cf. Gv 13,34; 15,12).

Chi la prega, attraverso l'invocazione al Signore assume responsabilità nel quotidiano: “Signore, fa' di me uno strumento della tua pace», cioè, «Signore, tu che sei “il Signore della pace” (2Ts 3,16), che vuoi donare a tutti la pace, fa' di me uno strumento affinché la tua pace possa regnare, stabilirsi nel mondo». E questo a fronte delle situazioni negative evocate, che sono causa di dolore e di sofferenza: l'odio, l'offesa, la discordia, l'errore, la disperazione, la tristezza, le tenebre.

Noi soffriamo quando queste situazioni si impongono, quando da esse siamo coinvolti, e in esse siamo anche tentati di rispondere all'offesa con l'offesa, all'odio con l'odio, al male ricambiando il male. Ma in questa preghiera si chiede al Signore l'aiuto, la forza dello Spirito santo per «vincere il male con il bene» (cf. Rm 12,21).

All'odio si risponde con l'amore (cf. Mt 5,43-48; Lc 6,27-35), all'offesa con il perdono (cf. Mt 18,21-22; Lc 17,4), alla discordia con la fiducia, all'errore con la verità, alla disperazione con la speranza, alla tristezza con la gioia, alle tenebre con la luce. Siamo capaci di una tale arte della pace? Certamente Gesù ha fatto e insegnato questo in tutta la sua vicenda, e dunque può essere esemplare e ispirante per l'assunzione da parte nostra di tali atteggiamenti…

La conclusione della preghiera è nient'altro che una parafrasi delle parole di Gesù: «Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la salverà» (Lc 17,33; cf. anche Mc 8,35; Mt 10,39; 16,25; Lc 9,24; Gv 12,25). Ognuno di noi deve imparare a guardare all'altro, al fratello piuttosto che a se stesso; deve vincere ogni egoismo e ogni narcisismo che lo porta a guardare, a preoccuparsi solo di se stesso. Comprendere l'altro deve essere una ricerca che impegna più che il comprendere se stessi; amare l'altro richiede di uscire dal cerchio dell'amore egoistico di sé, perché – come ha detto Gesù – «c'è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20,35). Così ci si esercita a guardare ai fratelli e alle sorelle, a discernere in loro la presenza del Signore, e si conosce in profondità la dinamica cristiana insegnataci da Gesù: se si perdona ai fratelli, si sarà perdonati da Dio (cf. Mt 6,14-15; 18,35); se si muore amando e accettando l'amore si risuscita con Cristo per la vita eterna.

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