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Incontro per la pace di Sant’Egidio: no a un mondo di guerre

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

“Di fronte al conflitto in Medio Oriente, in Nigeria, in Iraq, alcuni sostengono che a quella che ritengono una guerra di religione bisogna rispondere con una guerra simmetrica di religione e di civiltà. Tutto, piuttosto, ci invita ad un atteggiamento intelligente.  Il mondo globale non è adatto ai terribili semplificatori. Non è jihad contro crociata”. Parola di Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio, che ha così commentato l’incontro interreligioso Peace is the Future che si è svolto ad Anversa, in Belgio, da domenica scorsa ad oggi. Appuntamento promosso ogni anno in una città diversa dalla comunità soprannominata “le Nazioni Unite di Trastevere”, caduto, quest’anno, nel centenario della I guerra mondiale – che sarà peraltro commemorata da Papa Francesco sabato prossimo a Redipuglia – ed in un frangente geopolitico segnato da molte guerre. “La guerra – aveva detto lo stesso Riccardi nel corso dell’assemblea inaugurale – è tornata sul territorio europeo tra Russia e Ucraina e l’architettura del Medio Oriente è saltata in due anni, mentre i profughi fuggono perseguitati dal Nord Iraq. La Siria è in preda a una guerra dilaniante e inumana. Storie dolorose che nascono anche dalla riabilitazione dello strumento della guerra, ma pure dalla commistione tra religione e violenza”.



L’iniziativa, conclusa questa sera con una preghiera per la pace, ha visto la partecipazione di leader religiosi, intellettuali, rappresentanti delle istituzioni ed è stata seguita su internet, social media e diretta streaming da migliaia di persone di oltre sessanta paesi diversi. Su Twitter i racconti delle giornate all’hastag #peaceisthefuture. Nel corso dei 25 panel, molti i temi d’attualità trattati. Tra i passaggi salienti, la lettura del lungo messaggio inviato da Papa Francesco (“E’ giunto il tempo che i capi delle religioni cooperino con efficacia all’opera di guarire le ferite, di risolvere i conflitti e di cercare la pace”, ha scritto Jorge Mario Bergoglio, che ha riecheggiato la condanna della “inutile strage” della guerra pronunciato da Benedetto XVI), e la preghiera per le tre missionarie saveriane italiane uccise in Burundi.



In primo piano, ovviamente, la situazione in Medio Oriente e in Maghreb. Vian Dakheel, membro del parlamento iracheno della comunità yazida, ha portato una drammatica testimonianza delle persecuzioni di questa minoranza. “l’Islam è contro l’estremismo e il terrorismo in maniera assoluta, ma se non comprendiamo i fattori  che contribuiscono a giustificare terrorismo ed estremismo, non potremo mai sradicare questa epidemia”, ha detto il Gran Mufti della Repubblica Araba d’Egitto Shawki Ibrahim Abdel-Karim Allam.  “I gruppi radicali – sia al Qaeda che l’ISIS – sono stati generati inizialmente dall’Occidente per compiere gli interessi di Paesi occidentali: soprattutto dagli USA per combattere l’Unione Sovietica e l’attuale Stato della Siria. Hanno stimolato e sostenuto i radicalismi per raggiungere i loro obiettivi, ma alla fine non hanno potuto sopprimerli”, ha detto da parte sua Ali Abtahi Sayyed Mohammad, presidente dell’Istituto Iraniano per il dialogo interreligioso. “Le azioni dell’Isis sono certamente un crimine contro cristiani e yazidi, ma anche contro gli stessi musulmani”, ha detto il sunnita libanese Mohammed Sammak. L’inviato della Stampa Domenico Quirico, rapito per cinque mesi in Siria, ha affermato: “In Siria ci sono stati 200mila morti che non erano combattenti, ma bambini, donne e anziani indifesi. Dio sembra essere evaporato mentre il diavolo lavora alacremente”. Hanno dato voce ai cristiani perseguitati in Medio Oriente, tra gli altri, il patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente Mor Ignatius Aphrem II e il patriarca di Babilonia dei caldei Louis Raphael I Sako, che ha ribadito la speranza di vedere un giorno il Papa in persona in Iraq. Lo stesso Andrea Riccardi ha ricordato i vescovi Mar Gregorios Yohanna Ibrahim  e Paul Yazigi e il gesuita Paolo Dall’Oglio sequestrati in Siria.



Al centro dell’attenzione dell’incontro anche altri scenari, come la tensione tra Ucraina e Russia. “I cristiani debbono mantenere una distanza interiore da uno Stato che desiderasse rafforzare il patriottismo con simboli cristiani. Il prete non deve cedere al delirio patriottico o nazionalistico, non può condividere qualunque ideologia, non può esortare a sacrifici in nome della Patria o della Chiesa”, ha detto il vescovo ortodosso Nicolaj, ausiliario di Kiev. Tra i molti interventi, anche quelli del rabbino argentino Abraham Skorka, amico personale del Papa (“L’interpretazione fanatica della Scrittura svuota il contenuto autentico e lo trasforma in paganesimo grossolano”), Jean Arnold de Clermont della Chiesa riformata di Francia, Zygmut Bauman, intellettuale polacco e teorico della “società liquida”, così come l’economista statunitense Jeffrey Sachs e il presidente uscente del consiglio europeo Herman Van Rompuy. (Vatican Insider)

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