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Giappone, i vescovi al governo: sbagliato tornare al nucleare

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

“Al Premier Shinzo Abe chiediamo di abbandonare la via dell’energia nucleare. Ma il nostro popolo, per scegliere realmente una via alternativa delle energie rinnovabili, dev’essere pronto a cambiare il suo stile di vita. Altrimenti è solo ipocrisia”. Tocca un tasto delicato e denuncia il rischio di un approccio puramente ideologico alla questione nucleare il vescovo giapponese Isao Kikuchi. Missionario verbita, 56enne, Kikuchi è vescovo di Niigata e presidente della Caritas nipponica, organismo che ha assunto un ruolo e un prestigio crescente nel paese del Sol Levante, dato l’impegno profuso nell’ultimo triennio dopo il terremoto, lo tsunami e il disastro della centrale di Fukushima. Ben 267mila le persone che vivono in rifugi temporanei nelle zone colpite e la Caritas continua la sua meritoria opera di assistenza, riabilitazione degli sfollati, ricostruzione e ha appena annunciato che il sostegno proseguirà per un ulteriore triennio.

Alla vigilia dell’arrivo in Vaticano del Premier giapponese Shinzo Abe, il vescovo Kikuchi, in un colloquio con Vatican Insider, interviene nel dibattito che ha attraversato il paese all’indomani del disastro nucleare e che, a tre anni da quel fatidico 11 marzo 2011, è tornato prepotentemente alla ribalta. Anche a causa del dietro-front del governo di Tokyo: sull’onda emotiva dei danni causati dall’impianto di Daiichi, l’esecutivo allora guidato da Naoto Kan annunciò pubblicamente l’addio all’energia nucleare e il varo di un piano di riconversione a fonti energetiche rinnovabili. Il suo successore Abe, a un anno e mezzo dalla sua ascesa al potere, ha chiarito la vaga promessa di “ripensare la politica energetica nazionale nel post-Fukushima”. Nel nuovo Piano fondamentale per l’energia, presentato a febbraio 2014, si definisce il nucleare “un’importante fonte per l’energia elettrica” anche nel lungo termine, e si prevede la riattivazione di una dozzina dei 50 reattori nucleari, tuttora chiusi in vista di una revisione degli impianti.

I vescovi giapponesi già a novembre 2011 chiesero ufficialmente “l’arresto immediato di tutte le centrali nucleari in Giappone” e “l’avvio di un percorso di ricerca di fonti energetiche alternative”. Oggi, di fronte alla clamorosa inversione di rotta e alla scelta nuclearista del governo Abe, confermano la loro posizione, senza nascondere perplessità e dissenso. “Il dibattito nella nazione fu serio e approfondito – ricorda Kikuchi – e coinvolse tutti i segmenti della società. I vescovi cristiani e i leader di altre comunità religiose hanno espresso convinto sostegno alle scelta di fonti energetiche alternative, per tutelare l’uomo e l’ambiente. Promuovere fonti rinnovabili di energia è l’unica scelta che abbiamo ed è la sola via responsabile da seguire per il bene delle nuove generazioni in Giappone”. Tuttavia, per non restare solo a una mera dichiarazione di principio, “questa idea – spiega – deve procedere di pari passo con la riforma del nostro stile di vita. Se continuiamo a mantenere l’attuale stile di vita, con un altissimo consumo energetico, la promozione delle fonti di energia alternativa mi sembra abbastanza ipocrita. Ogni persona dev’essere realmente disposta a rinunciare a qualcosa, per il bene comune degli uomini, dei propri figli e di tutte le creature di Dio”.

E mentre la prefettura di Fukushima, in un territorio ancora oggi alle prese con le conseguenze dell’incidente nucleare, intende passare entro il 2040 a un’alimentazione del tutto basata su energie rinnovabili – scelta controcorrente oggi, rispetto all’agenda di governo – il vescovo non nasconde problemi reali che si potranno affrontare solo con una chiara volontà politica: “L’idea è buona. Tuttavia, per andare in profondità nella scelta di soluzioni energetiche alternative, bisogna capire, a monte, cosa fare con i rifiuti nucleari che si sono accumulati nel corso degli anni. Vogliamo lasciare questo problema ai posteri, mentre noi continuiamo a godere dei comfort di una vita che pensa solo al benessere del presente? Questa domanda ci sommuove nel profondo”. Il Giappone oggi, l’intera nazione, è dunque “chiamata a un profondo esame di coscienza, nel compiere scelte cruciali per il suo futuro”. “Anche tra le comunità cattoliche – asserisce il vescovo – alcuni mostrano di apprezzare la decisione del governo, perché pensano che permetterebbe di mantenere loro l’attuale stile di vita: hanno paura di perdere qualcosa”.

Ma oggi, secondo Kikuchi, basta guardare le centinaia di volontari, cattolici e non, impegnati con la Caritas nell’area di Sendai, la più colpita dal terremoto del 2011, per capire qual è la scelta giusta: “La Chiesa cattolica in Giappone vuole camminare accanto alle persone vittime dalla sciagura di tre anni fa, finchè non torneranno a una vita normale. Molte di loro vivono ancora nella precarietà. Altri soffrono di ansia o depressione e sembrano aver perso la speranza. Cerchiamo di accompagnare il loro percorso di vita, in modo che possano riguadagnare fiducia e speranza nel futuro. Questa è la strada della misericordia”.(Vatican Insider)

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