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Papa Bergoglio: Gesù ci tiene molto a stare con noi altri, con tutti noi altri, con tutti quelli che passano per la strada

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

«Il posto dove Gesù era più spesso, dove lo si poteva incontrare con più facilità» ha fatto notare ieri il vescovo di Roma ai “suoi” preti dell’Urbe - «erano le strade. Poteva sembrare che fosse un senzatetto, perché era sempre sulla strada».

Per Bergoglio, l’immagine di Gesù che si fa incontrare per la strada non è solo sorgente di riflessioni suggestive. Seguendo e imitando Gesù che esce "en la calle", per strada, negli anni in cui lui era arcivescovo di Buenos Aires tanti cristiani – preti e laici – della capitale argentina hanno riaccordato su quell’immagine l’attività ordinaria di tante parrocchie. Ne sono nate esperienze pastorali che l’attuale successore di Pietro si porta nel cuore, recentemente esaminate anche nelle ricerche sulla missione in ambiente urbano condivise dalla facoltà di teologia dell’Università Cattolica Argentina e dell’Università tedesca di Osnabrück. Una di queste è l’iniziativa della Carpa misionera di Plaza Constituciòn, la “tenda missionaria della Chiesa cattolica” allestita una volta ogni due mesi dalle parrocchie della zona nella piazza bonaerense di Constituciòn. Bergoglio ci passava appena poteva, salutava uno a uno i sacerdoti insieme ai ragazzi e le ragazze “missionari”, e celebrava messe en plen air su tavolini provvisori davanti a piccole folle di giovani, vecchietti, clochard, mamme coi bambini e passanti rimasti lì per caso. «Chiediamo a Gesù» suggeriva nelle sue omelie brevi e luminose «tutto quello di cui abbiamo bisogno... Come i poveri che chiedevano tutto a Lui, quando passava per le strade e loro gli andavano intorno. Gesù ci tiene molto a stare con noi altri, con tutti noi altri, con tutti quelli che passano per la strada. È una cosa che interessa prima di tutto a Lui».

La piazza della stazione di Constituciòn e il quartiere circostante sono tra gli spazi urbani più difficili e potenzialmente conflittuali della metropoli argentina: spaccio della droga, prostituzione, povertà, marginalità, delinquenza, nel vortice perpetuo di un milione di persone che ogni giorno transitano per la stazione dirette alle proprie case o ai posti di lavoro. Periodicamente, i parroci e i parrocchiani della zona allestiscono la loro tenda gialla nello slargo di fianco al monumento eretto all’ispiratore della Costituzione argentina, il massone Juan Bautista Alberdi. Portano con sé una statua della Virgen de Luján, la Madonna venerata nel santuario nazionale. E per un giorno e mezzo – notte compresa – tengono aperto quello che descrivono come un «santuario provvisorio», una «parrocchia mobile», luogo «flessibile» che quasi si armonizza con l'itineranza fuggevole della moltitudine. Piantato transitoriamente nel cuore delle contraddizioni, dei ritmi convulsi e dei casi limite che sempre si accalcano intorno alle stazioni urbane.

I parroci e i laici a Plaza Constituciòn non fanno proclami. Niente a che vedere con pose clericali da “reconquista” dimostrativa degli spazi pubblici. Ripetono gesti semplici e concreti: distribuiscono santini e benedizioni, raccolgono richieste di preghiere, celebrano messe, recitano rosari. Risvegliano la devozione ai santi più popolari come San Cayetano (quello «del pane e del lavoro») e san Espedito (quello «delle cause urgenti e disperate»). I sacerdoti dispensano in stazione la grazia efficace dei sacramenti: confessioni, eucaristia, anche i battesimi, per chi lo chiede avvicinandosi al banchetto e si iscrive a brevi corsi di catechesi. E poi ascoltano. Toccano le piaghe nascoste dell’umanità ferita che di solito passa veloce. Così, per tanti, quel classico non-luogo urbano, anonima congiuntura di rumori e circolazione accelerata, diventa il posto dove capita di incontrare Cristo dove meno te lo aspetti. Nel passare casuale e distratto per la stazione fioriscono vincoli personali che permangono nel tempo. Si moltiplicano piccoli e nascosti miracoli quotidiani.

I missionari di Plaza Constituciòn non vanno a fare “propaganda” per la Chiesa. Le giornate trascorse intorno alla "carpa misionera" sono solo occasioni per «facilitare» - è questa la parola chiave, quella che preferiscono – l’incontro personale con Cristo. Benedicendo, confessando, parlando. E ascoltando. La loro prossimità compassionevole con la moltitudine sprigiona inaspettate gratitudini: «Vengono – racconta Esther, missionaria della “carpa” – e ti ringraziano: “io che stavo tanto male, ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me”… e davvero, noi non avevamo fatto niente… li avevamo solo guardati negli occhi, li avevamo ascoltati, e niente più…». In questo modo, capita anche di render contente anche persone che per i motivi più diversi non avrebbero mai messo piede in chiesa. Come testimoniano le famiglie di cartoneros, i raccoglitori di cartoni di cui si racconta in un recente saggio di Josè Juan Cervantes e Virginia Zaquel Azcuy sulla tenda missionaria di Plaza Constituciòn: «Grazie a Dio» dicono i Cartoneros «siete usciti per strada. Perché la strada, la piazza, è la nostra casa, e voi siete venuti a visitarci. Noi con i nostri carri non potevamo venire in chiesa, anche per come siamo vestiti, perché tutta la gente, tutta la gente si gira a guardarci».

Nell’ordito di vita nato intorno alla tenda missionaria, si sviluppano anche opere di misericordia per aiutare le vittime dei racket della droga e del sesso, come quelle coordinate dalle suore del Santissimo Redentore per liberare le prostitute dalla loro condizione di schiavitù. I racconti dei missionari della “carpa” citati nel saggio di Cervantes e Azcuy sono pieni di cammini ricominciati, di famiglie salvate dal naufragio, di vite deragliate che ritrovano la strada. Per gli stessi “misioneros”, la precarietà stessa della tenda allestita in mezzo alla piazza aiuta a percepire la natura propria della Chiesa, la sua dinamica sacramentale, fuori dalle reti di protezione e dall’ufficialità burocratica di certi uffici parrocchiali. «Come accade in ogni accampamento» scrive il sacerdote Lorenzo de Vedia «intorno alla tenda scopriamo che possiamo essere una Chiesa che si appoggia su ciò che è fondamentale, e non su tante cose superficiali. L’accamparsi ci aiuta a essere sospesi a ciò che è elementare per la vita. Nella tenda percepiamo la sapienza di tanta gente semplice del nostro popolo che pone il suo sguardo sull’essenziale: la vita e la morte, la salute e la malattia, la dimora e il cappotto, il cibo e la fame, la solitudine, il dolore, la festa».

Quando Papa Francesco ripete che Gesù si incontra «più facilmente» per la strada, ha in mente anche le ore da lui trascorse presso la tenda missionaria di Plaza Constituciòn. E ciò vale anche come lieve suggerimento ai suoi preti romani e a quelli di tutto il mondo. «Nel Vangelo», ripeteva il rimpianto cardinale brasiliano Aloísio Lorscheider, «gli incontri più belli di Dio con l’umanità avvengono sulla strada. Secoli di storia di cristianesimo vissuto non ci dicono altro». Vatica Insider

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