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'Il papa parla come lui', Dario Fo riscopre Francesco d'Assisi

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

A Dario Fo Papa Francesco piace. E non poteva essere diversamente. «Fa osservazioni pesanti verso quei membri della Chiesa che sono vittime del desiderio di godersi la vita in terra senza aspettare il Paradiso - dice con enfasi- Interviene contro il lassismo e la sete di denaro». È quindi più che ovvio che il premio Nobel abbia deciso di riprendere il suo fortunato spettacolo presentato 15 anni fa al festival di Spoleto "Lu santo jullare Francesco" per riproporlo in chiave aggiornata solo per tre sere a Bologna in attesa di una probabile ripresa televisiva. A Bologna, non a caso.

Nello spettacolo di allora infatti Dario rievocava il discorso tenuto nel capoluogo emiliano da Francesco il 15 agosto 1222 (vero, falso, fantasioso ma non troppo?), una vera concione appunto "jullaresca " che, fingendo di esaltare la guerra e i suoi disastri, lancia in realtà un veemente appello alla pace. Così con un occhio al vecchio spettacolo e uno al film datato 1950 di Roberto Rossellini, Fo torna in scena senza l'amata Franca Rame («vado avanti, vado avanti» , dice quasi per autoconvincersi, reduce dalla serata del Piccolo dove ha presentato "Fuga dal Senato" spettacolo - omaggio alla sua indimenticabile compagnia di vita) per tre sere al Duse da lunedì a mercoledì della prossima settimana. Mischiando sul filo del consueto grammelot leggende popolari, testi canonici e documenti emersi negli ultimi secoli, elabora un'immagine non agiografica del più straordinario innovatore del pensiero cristiano.

Dario, davvero ha ripreso questo monologo pensando a Papa Francesco? «Sarei stato totalmente sordo se non avessi colto questa occasione. I discorsi di Papa Bergoglio sono gli stessi di San Francesco, Ma attenzione, parlo dei discorsi autentici, non di quelli ribaltati totalmente dal concilio di Narbonne». In che senso San Francesco era un giullare? «Nel senso nobile del termine, ovviamente, Fingeva, dava enfasi ai suoi discorsi, possedeva ironia e senso del grottesco. Della giullarata Francesco conosceva la tecnica, il mestiere e le regole assolute».

Si può dire che lei racconta questo santo con un'ottica particolare? « No, perché fu lui stesso a dichiararsi "jullare al servizio di Dio" . È stato Bonaventura di Bagnoregio a inventarsi fatti mai accaduti. Racconto la scelta della povertà come un momento altamente formativo». Si dice che nelle sue ricostruzioni a volte lei si abbandoni più alla fantasia che ai testi storici. E' vero? «Non in questo caso. Tutto quello che narro è assolutamente accaduto.
Ad esempio, rifacendomi agli studi di Chiara Frugoni, nello spettacolo racconto dell'incontro fra Francesco e papa Innocenzo III. Francesco chiede al Papa di rinunciare ai profitti e lui lo manda come insulto a visitare i porci. Ma il santo non coglie la provocazione: va, abbraccia i maiali e torna dal Papa». L'occasione le consente di raccontare anche un Medioevo a suo modo? «Mah, parlo di contadini, cardinali e popolani. Sono obbligato a far capire la corruzione del periodo. Lo sapete, nella mia Storia non c'è spazio per il romanticismo». Il Giorno

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