Ricorrenza dei mortiCome può la morte essere sorella?
Francesco e sorella morte... “Come è possibile chiamarla così? La morte
non è una creatura di Dio, come le stelle, l'acqua, la terra, il cielo. La morte
ci viene per il nostro peccato. Non è stata creata come le altre creature che
vengono lodate e che lodano Dio nel Cantico” (Massimo Cacciari). Sì, è
vero! Come può la morte essere sorella?
Laudato si, mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullo
omo vivente po' scampare. Guai a quelli che morranno ne le peccata mortali!
Beati quelli che troverà ne le tue sanctissime voluntati, ca la morte seconda
no li farrà male.
Così scrive Francesco nel momento ultimo che lo avvicina all'incontro
con la morte. La scelta è tra l'abbandonarsi al nulla e l'affidarsi al Tutto.
C'è un affresco nel transetto destro della Basilica Inferiore di Assisi
con un insolito ritratto di Francesco, imberbe e in apparenza
giovanissimo, in compagnia di uno scheletro coronato. Sembra
quasi una traduzione in immagine delle parole di Francesco. Siamo
abituati alle tristi e drammatiche danze macabre del Medioevo,
popolate da scheletri armati di falci e pronti a colpire giovani e vecchi
che inutilmente tentano la fuga. O alla sconsolata meditazione
sulla morte nella notissima leggenda dell'Incontro dei tre vivi e dei
tre morti che inscena l'incontro tra un eremita e tre giovani e baldanzosi
cavalieri, costretti a confrontarsi con la realtà del morire,
esemplificata, con macabro gusto, da tre cadaveri in diverso stato
di decomposizione.
Nell'affresco della bottega di Giotto invece ogni dramma pare spegnersi
in quell'insolito abbraccio di Francesco. La morte appare
immobile, le braccia abbandonate lungo i fianchi, la corona pare
scivolare giù... Un tavolaccio ligneo è alle sue spalle. È in piedi o
vi è adagiata?
Nessun tragico memento mori, dunque. Né un lamento sulla vanità
di ogni cosa. La morte è per Francesco essenzialmente povertà e rinuncia
al proprio volere. La felicità attende chi è “ne le tue santissime
voluntati”, perché la morte seconda non potrà arrecare alcun male.
È un pensiero ricorrente negli scritti di Francesco come appare anche
leggendo la Lettera a tutti i fedeli, che conserva un tono esortativo
estraneo al Cantico, e si chiude con una immagine vivida e fosca
della morte del peccatore.
Un'ultima considerazione. È noto come nel Cantico Francesco ricorra
solo in due occasioni all'espressione “sora nostra”, la prima
riferendosi alla terra “Laudato si, mi Signore, per sora nostra madre Terra,
la quale ne sostenta e governa, e produce diversi fructi con coloriti fi ori
ed erba” e la seconda in relazione alla morte del corpo. Entrambe
sorelle, nostre sorelle, la Terra madre e la morte corporale.
“La morte è il supremo atto di fiducia nella bontà del reale, nonostante lo
scomparire dell'individualità” (Carmine Di Sante).
Forse solo così è possibile abbracciarla e come Francesco chiamarla
sorella.
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