francescanesimo

San Francesco, il Sultano e lo stile francescano a 800 anni dall'incontro in Egitto

Pietro Maranesi
Pubblicato il 22-01-2019

Si potrebbe affermare che la prima “strategia missionaria” suggerita da Francesco ai suoi frati è quella di ...

Tra le altre rivoluzioni evangeliche operate da Francesco di Assisi quella attuata in rapporto all’attività missionaria svolta tra gli infedeli costituisce una tra le più sorprendenti. Non bisogna dimenticare infatti che il XIII secolo rappresenta il tempo in cui contro gli eretici e gli infedeli si adottava il metodo del confronto-scontro, mezzo privilegiato per convertire (sottomettere) coloro che avevano perso la retta fede o non l’avevano ancora trovata.

La verità della fede era così importante che la Chiesa non solo doveva difenderla ma in certi casi anche imporla. Le crociate contro gli eretici e contro gli infedeli costituivano le soluzioni per affrontare e sconfiggere tutto ciò che si opponeva all’unica verità proclamata dalla chiesa cristiana di Roma. Francesco di Assisi inverte questo meccanismo, proponendo ai suoi frati una strategia perfettamente opposta, avvertita da lui come la via adeguata per proporre la verità del vangelo e, di conseguenza, realizzare la pace annunciata in esso.

A questo proposito abbiamo un famosissimo testo, presente nella prima Regola, quella del 1221 non approvata dalla Chiesa, in cui Francesco ribalta ogni logica normale in quel tempo nell’andare tra gli infedeli, che era animata da uno spirito di scontro e rivalità.

In esso Francesco, forse condensando la personale esperienza vissuta tra i non cristiani, propone un preciso metodo missionario tanto nuovo quanto incredibile: I frati poi che vanno tra gli infedeli possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti né dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani (Rnb XVI 5-6).

Si potrebbe affermare che la prima “strategia missionaria” suggerita da Francesco ai suoi frati è quella di non avere una strategia, ma di continuare a vivere tra gli infedeli lo stile di vita e di presenza tenuto tra i cristiani, in particolare tra i più poveri: quello di essere “frati minori”, uomini senza nessuna sicurezza e autorità, i quali senza nascondere la loro identità cristiana, si pongono accanto al diverso consegnandosi di fatto al suo potere. In questo contesto, fondamentale è il comando di Francesco di non fare liti e dispute, richiesta che si specifica poi in forma positiva con una espressione centrale del suo linguaggio evangelico: «sint subditi omnibus».

La loro posizione “minore” all’interno della società in cui andavano a vivere costituiva il loro primo e fondamentale annuncio cristiano: “veniamo tra voi non per uno scontro sulla verità, ma per condividere la vostra sorte donando la nostra presenza senza pretendere nulla in contraccambio”. Insomma, essi erano lì, tra gli infedeli, non per “convertirli” ma per condividere la loro sorte e la loro condizione, mostrando così un cuore che non pretendeva nulla e donava tutto. In ciò vi era la sintesi del Vangelo e la sua fondamentale realizzazione tra gli infedeli.

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