francescanesimo

Quando i santi francescani salgono in cattedra

Antonio Tarallo itresentieri.it
Pubblicato il 14-10-2019

La storia di Duns Scoto, Antonio di Padova, Bonaventura da Bagnoreggio

Il Sapere, l’erudizione, lo studio e il Francescanesimo. Termini, fra loro, in perfetta comunione, potremmo dire. La Storia ce l’ho insegna. E questa storia, è più che importante ricordarla. Per troppe interpretazioni - legate anche al mondo del cinema e dei mass media - l’Ordine francescano è stato, da sempre, visto solamente con l’iconografia del San Francesco, “mite di cuore”, e vicino ai sofferenti e bisognosi. Certamente, niente di più vero. Ma, è altrettanto importante ricordare che nel corso dei secoli, l’Ordine ha dato alle “chattedrae” (per riprendere il termine latino) delle università, insigni professori di teologia. Anzi, per dirla tutta, possiamo ben dire: molti santi francescani sono saliti in chattedra. Cerchiamo di dare, in brevi tratti impressionisti, qualche informazione in più, in merito a questo affascinante argomento. Ci sono tre nomi, in particolare, che è doveroso ricordare. Tre nomi santi, appunto. Tre nomi, francescani.

Il primo, fra tutti, è quello che - per tutti - è passato alla storia come il “dottor Sottile”, Duns Scoto. Un’antica iscrizione sulla sua tomba riassume le coordinate geografiche della sua biografia: “l’Inghilterra lo accolse; la Francia lo istruì; Colonia, in Germania, ne conserva i resti; in Scozia egli nacque”. Conclusa con successo la formazione universitaria a Oxford, intraprese l’insegnamento della teologia nello stesso istituto universitario inglese, e a Cambridge, per poi passare a Parigi. Iniziò la sua carriera accademica col commentare - come tutti i Maestri del tempo - le Sentenze di Pietro Lombardo. Le opere principali di Duns Scoto rappresentano appunto il frutto maturo di queste lezioni, e prendono il titolo dai luoghi in cui egli insegnò: Ordinatio (in passato denominata Opus Oxoniense – Oxford), Reportatio Cantabrigiensis (Cambridge), Reportata Parisiensia (Parigi). A queste sono da aggiungere almeno i Quodlibeta (o Quaestiones quodlibetales), opera assai importante formata da 21 questioni su vari temi teologici. Da Parigi si allontanò quando, scoppiato un grave conflitto tra il re Filippo IV il Bello e il Papa Bonifacio VIII, Duns Scoto preferì l’esilio volontario, piuttosto che firmare un documento ostile al Sommo Pontefice, come il re aveva imposto a tutti i religiosi. Così, insieme ai Frati francescani, abbandonò il Paese. Tuttavia, i rapporti fra il re di Francia e il successore di Bonifacio VIII ritornarono ben presto amichevoli, e nel 1305 Duns Scoto poté rientrare a Parigi per insegnarvi la teologia con il titolo di Magister regens. Successivamente, i Superiori lo inviarono a Colonia come professore dello Studio teologico francescano, ma egli morì l’8 novembre del 1308, a soli 43 anni di età, lasciando, comunque, un numero rilevante di opere.

Altro grande “insegnante” fu Antonio di Padova. Il suo nome è legato all’Emilia Romagna, dove lo “Studium generale” dell’Ordine - aggregato alla Facoltà di teologia, istituita a Padova da Urbano V nel 1363, e dal Capitolo di Tolosa del 1373 - fu la sua “casa” di insegnamento. Molti studenti vi affluirono, provenienti da tutte le Province francescane d'Europa, in un fecondo interscambio di cui è ancor oggi possiamo trovare testimonianza grazie alla diffusione di manoscritti e stampati dei docenti padovani nelle biblioteche italiane e ultramontane dell'Ordine. Antonio fu tra i primi maestri di teologia dei Frati Minori, se non addirittura il primo. Iniziò il suo insegnamento a Bologna, con la benedizione di san Francesco, il quale, riconoscendo le sue virtù, gli inviò una breve lettera, che si apriva con queste parole: “Mi piace che insegni teologia ai frati”. Antonio pose le basi della teologia francescana che, coltivata da altre insigni figure di pensatori, avrebbe conosciuto il suo apice con san Bonaventura da Bagnoregio e il beato Duns Scoto.

E, dunque, veniamo al terzo nome dell’importante “triade del Sapere”, se così vogliamo definirla: San Bonaventura da Bagnoreggio, il famoso autore della biografia ufficiale di San Francesco, la famosa "Legenda majior" . Ma per presentarlo, prendiamo in prestito le parole di Dante Alighieri, che lo fa parlare di un altro dotto santo, San Domenico di Guzman, il fondatore dell’ordine domenicano, che in merito alla nascita dello studio universitario rappresentava - e rappresenta tutt’ora - una pietra miliare. Nel canto dodicesimo del Paradiso troviamo: “e cominciò: "L'amor che mi fa bella/ mi tragge a ragionar de l'altro duca/ per cui del mio sì ben ci si favella (...) Domenico fu detto; e io ne parlo/ sì come de l'agricola che Cristo/ elesse a l'orto suo per aiutarlo. (...) Io son la vita di Bonaventura/ da Bagnoregio, che ne' grandi offici/ sempre pospuosi la sinistra cura". Per una sorta di “galanteria” letteraria, Dante fa presentare Domenico da un francescano, San Bonaventura appunto. Tutto ciò per ringraziare lo stesso San Domenico per aver destinato a San Francesco d’Assisi, parole di stima e di ammirazione. Tralasciando, dunque, questi rimandi letterari, osserviamo la carriera accademica dello studioso della vita del santo di Assisi. Non si conosce quando Bonaventura abbia lasciato Bagnoregio per studiare a Parigi, né si è a conoscenza della parte avuta dai genitori o dai frati nella decisione, ma è facilmente intuibile l'appoggio dei francescani, ben radicati anche in Francia, ad un loro studente. Studiò alla Sorbona di Parigi, dove, nel 1243, divenne "Dottore di Arti". Avendo poi deciso di seguire Francesco, prese la strada della teologia, seguendo le lezioni di Alessandro d'Ales, il quale gli avrebbe fatto “più amare la vita del Beato Francesco”. Questo stimato maestro dirà di S. Bonaventura: “sembra che in lui Adamo non abbia peccato”. Il 23 ottobre 1257, quando era già Ministro generale, poté entrare come professore universitario nel corpo accademico della Sorbona. Qualche mese prima, il 2 febbraio 1257, nel Convento dell'Ara Coeli a Roma, veniva eletto Ministro Generale dei francescani, anche se si trovava a Parigi. Come settimo successore di S. Francesco, coprirà questa carica per 17 anni.

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