francescanesimo

Missionari in carcere

Redazione
Pubblicato il 05-07-2017

I post-novizi del Franciscanum


«Chiedo a nostro Signore di benedire tutti i fratelli di questo Sacro Convento. Che li colmi di pace in maniera che possano trasmettere la pace a ciascuno di noi che siamo loro fratelli».


Erano queste alcune delle parole con che papa Francesco aveva lasciato a noi frati del Sacro Convento di Assisi, al termine dell'ultima visita nella città serafica il 20 settembre 2016. Sono parole di  benedizione ma anche di esortazione, in cui esprime la fiducia nella nostra missione di portare la pace sull'esempio del santo di Assisi.

Sono state anche queste parole a ispirare alla nostra comunità di frati studenti, qui residenti al convento Franciscanum di Assisi, il desiderio di farci missionari, nel nostro piccolo, di questa pace e di questa speranza. Ci siamo così chiesti in che modo essere fedeli allo spirito di san Francesco e di papa Francesco, che ci ricordano che la vocazione di frati minori si misura sull'esempio di Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli. È nata così la proposta di visitare dei fratelli e sorelle detenuti nella casa circondariale di Pesaro. Grazie all'intermediazione del cappellano del carcere, un nostro confratello padre Enrico Bonfigli, siamo riusciti ad ottenere il permesso di vivere questo incontro.

La sfida per noi è stata, a questo punto, quella di pensare a che cosa proporre a questi fratelli, evitando il rischio di cadere nella banalità o in un buonismo fuori luogo. Anzitutto, abbiamo pensato che sarebbe stato bello fargli fare un tour per Assisi:  alcuni di noi si sono prestati a essere i loro occhi per le vie della città e, armati di un piccola videocamera, si sono recati nei luoghi più significativi, raccontando aneddoti della vita di san Francesco.
In seconda battuta è sorta l’idea di preparare una piccola scenetta teatrale, in cui i carcerati potessero identificarsi e, al tempo stesso, ricevere un messaggio di speranza per la loro vita, fuori da facili moralismi. La scelta è caduta sul famoso episodio dell’incontro di san Francesco con il “lupo” di Gubbio, rivisitandolo e adattandolo allo scopo. Nell’ultima scena, abbiamo pensato di far parlare san Francesco, ispirandoci e parafrasando alcune parole che papa Francesco rivolse a dei detenuti:
«Abitanti di Gubbio, è vero che il Lupo ha sbagliato e che meriterebbe di essere detenuto, ma ricordatevi che prima di tutto è una persona con una sua dignità. Sempre la dignità umana deve precedere e illuminare la giustizia! Per questo vi chiedo di realizzare con lui un sentiero di umanità che possa aiutarlo a non blindarsi in se stesso, affinché i cuori non siano mai blindati alla speranza di un avvenire migliore per ciascuno. Non bisogna rassegnarsi a pensare che i nostri errori possano scrivere la parola “fine” sulla vita! La vostra paura del Lupo non vi faccia cedere alla tentazione che la pace si possa trovare attraverso una giustizia che sia solo punitiva. Vi chiedo di aprirvi a una giustizia riconciliativa, perché se la dignità dovesse essere definitivamente incarcerata non ci sarebbe più spazio, nella società, per ricominciare e per credere nella forza rinnovatrice del perdono! Ma è in Dio, che c’è sempre un posto per ricominciare, per essere consolati e riabilitati dalla misericordia che perdona».
Dato che sapevamo che il nostro incontro rientrava all’interno della celebrazione della giornata mondiale della madre Terra, abbiamo creduto opportuno concludere la nostra visita con la recita del Cantico delle creature, accompagnato da alcuni canti. Come piccolo segno del nostro incontro e di unione nella preghiera, abbiamo deciso di donare loro un piccolo tau francescano.
Effettuati così i preparativi, sabato 6 Maggio ci siamo recati a Pesaro per incontrare i gruppi dei detenuti e detenute. Durante lo svolgersi dell’incontro ci siamo accorti che è avvenuto uno scambio di sguardi e di parole con cui il Signore ha misteriosamente toccato sia i nostri che i loro cuori.
Nonostante la semplicità e brevità del momento che abbiamo vissuto, da parte nostra speriamo fortemente di aver adempiuto con fedeltà all’impegno affidatoci da papa Francesco di essere portatori di pace.

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