francescanesimo

E' un laico il 'Poverello' di Assisi

Redazione online Archivio Fotografico Sacro Convento Assisi
Pubblicato il 30-11--0001

Per chi lo avvicina, c'e' un san Francesco buono per ogni stagione. Ma lui ha offerto sincera obbedienza a 'madre Chiesa'.

di Maurizio Troccoli, giornalista Umbria24

Quello che lo spettatore conoscerà è un aspetto della vita di Francesco (interpretato da Elio Germano), già frate, in una quotidianità carnale con la natura, con i frati e i poveri, zoommato fin dove nessuno aveva pensato di avvicinarsi. Penetrando, quindi, dimensioni intime dell’uomo Francesco, tra invenzione, ‘sentito dire’ e rimandi storici. Come ogni vicenda di fascino, anche quella del ‘Poverello’, per chiunque l’avesse incontrata, ha almeno due caratteristiche. La prima è di non rimanere gli stessi. La seconda ha a che fare con la differenza che passa tra il Francesco che a ognuno piace immaginare, e quello che realmente è.

C’è chi infatti ama il Francesco devoto, di una devozione più profonda di tanti altri santi, fino a rinunciare al corpo. Devoto fino al punto di considerare troppo, per sé, farsi prete. Chi ama, invece, il Francesco ecologista, profondo esploratore della natura e rispettoso di ogni infima creatura. Nel pensiero comune il Francesco ecologista è tratteggiato all’estremo fino a diventare fiaba, personaggio di una favola o di un fumetto, in cui ammansisce i lupi e parla agli uccelli. Altri amano il Francesco laico, non devoto quindi ma all’opposto. È il Francesco in contrapposizione con l’idea di chiesa cattolica, bigotta e chiusa. Il Francesco che non le fa sconti, che l’avversa e la contesta. E in questa dimensione del Francesco laico che alcuni lo vogliono come primo uomo del dialogo tra cattolici e musulmani. Ambasciatore di pace e di fratellanza tra le nazioni. Arrivano a lasciarsi affascinare, per la predisposizione ad accogliere il diverso e finanche il più ‘imperdonabile peccatore’, anche gli atei che riconoscono, in Assisi, un’energia ‘multiculturale’. Crocevia di umanità convergenti e coinvolgenti.

In contrapposizione c’è chi ama il Francesco cattolico, pellegrino e penitente. E chi invece, laicamente, lo ama come mistico e con il dono della trascendenza: più simile agli asceti orientali che ai santi di casa nostra. Tutti però lo amano per la sua radicalità.

I registi francesi (la sceneggiatura è di Renaud Fely, Arnaud Louvet e Julie Peyr) hanno raccontato un Francesco che li ha affascinati dal punto di vista laico. Radicale tanto quanto piace ai cattolici per ragioni speculari. Ma sorprendentemente affascinante per il suo forte messaggio di attualità. La Francia, sotto il fuoco degli attacchi terroristici di matrice islamista, punta al messaggio di “Francesco del dialogo”. Un Francesco d’Assisi, questo, che può essere compreso e apprezzato, al cinema, anche in Alaska o tra le popolazioni Inuit dove, probabilmente, del fraticello di Assisi non si conosce nulla. Un Francesco, insomma, pensato per il grande pubblico. Simbolo di una vicenda universale. Determinato a rimanere purista più di quanto disponibile ad accogliere le disposizioni di “sacra romana Chiesa”. Aspetto quest’ultimo che lo rende ancora più interessante a un certo mondo, distante dal potere ecclesiastico.

Nel film c’è l’enigmatico personaggio di frate Elia, che qualcuno vuole alchimista, altri aspirante numero due di un Francesco tutt’altro che interessato a essere numero uno e, altri ancora, autore della misteriosa sepoltura del Santo, grazie alla quale, per secoli, non sarà rinvenuto il suo corpo. Il film è una interpretazione della vicenda della Regola intransigente e “pura” di Francesco, da Elia tradita, fino a costargli un presunto tentato suicidio. Elia, un po’ come Giuda. Da un lato “diabolicamente ambizioso” e, dall’altro, “strumento divino”, affinché si compia quanto da più in alto progettato.

Le immagini ritraggono una Assisi medioevale, non carica come in edizioni precedenti di film su san Francesco. La fotografia (firmata Leo Hinstin) è studiata su una dimensione intima dell’uomo Francesco, degli uomini frati, con soggettive e primi piani, in contesti quasi sempre all’aperto. La pellicola lascia che le immagini dicano più di quanto i personaggi stessi esprimano.

Così una suggestiva costellazione racconta la passione dei frati per l’esplorazione del cosmo. E, così, Chiara, appare in un rapporto molto complice – se non amoroso, sicuramente amorevole – con Francesco, come qualcuno ha scritto, e tanti creduto, fino a farsene fascinare. Carne viva sono le figure e le riprese di scene che giocano d’effetto. Mentre la gioia di Francesco, dei frati, è allegrezza e leggiadria. Piuttosto che ‘ilaritas’, ovvero sentimento di pienezza per tramite di Dio. Questo aspetto è delegato invece a momenti di intensa preghiera e canto, dove la commozione arriva a trasfigurare il volto di Francesco, fino a trasformare un’Ave Maria in grido d’amore.

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