francescanesimo

Ambiente: Giovanni Paolo II, nostra madre terra e il disboscamento

Antonio Tarallo Ansa
Pubblicato il 28-11-2018

L’ecologia spiegata attraverso le parole del Cantico delle Creature

“Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba”.

 

Madre che genera, produce e protegge. Così, è vista la Terra. Una visione, quella di Francesco, in questo passaggio, che va al di là dei possibili steccati che la fede può indurre. Non ci sono differenze, perché tutto è riportato – “diversi fructi con coloriti flori et herba” – alla generatrice di questo variopinto panorama, composto di molteplici fiori, di colori, e di un verde che diviene enorme distesa. E’ significativo che il Padre Serafico – in questa parte – non attribuisca i verbi, “sustenta et governa”, semplicemente (e potremmo anche azzardare a dire, “in maniera scontata”) a Dio, ma proprio alla terra stessa, che sì al pari di tanti doni, è opera di Dio Creatore, ma che lei stessa riesce a generare, nella sua forza e “status” di madre. Questo è un punto davvero affascinante e moderno. Una visione che ingloba tutti gli abitanti, dicevamo, proprio grazie al senso “orizzontale” che troviamo qui espresso, una presa di coscienza della Natura sotto l’aspetto umano, soprattutto.  




“Il segno più profondo e più grave delle implicazioni morali, insite nella questione ecologica, è costituito dalla mancanza di rispetto per la vita, quale si avverte in molti comportamenti inquinanti. (…) Delicati equilibri ecologici vengono sconvolti per un'incontrollata distruzione delle specie animali e vegetali o per un incauto sfruttamento delle risorse; e tutto ciò - giova ricordare - anche se compiuto nel nome del progresso e del benessere, non torna, in effetti, a vantaggio dell'umanità (…) La crisi ecologica - ripeto ancora - è un problema morale”.


 

Così si esprimeva San Giovanni Paolo II, nel suo messaggio per la pace del primo gennaio 1990.  Il titolo del messaggio indicava già, in sintesi assoluta, il tema: “Pace con Dio Creatore, Pace con tutto il Creato”. L’anima ecologista del pontefice polacco, era già nelle sue “corde” fin da giovane, fin da quando era semplicemente Karol Wojtyla. La tanto amata terra polacca gli aveva offerto, più volte, la possibilità della contemplazione del Creato. Basta solamente andare a scovare una sua poesia, scritta da giovane, nel 1952, per comprendere la visione “francescana” del futuro papa: “Posa un attimo lo sguardo sulle gocce di fresca pioggia/ vedi, in esse concentra la sua luce tutto il verde delle foglie di primavera”. E proprio con San Francesco, si chiudeva il documento per la pace, del 1990:

 

“San Francesco d'Assisi, che nel 1979 ho proclamato celeste patrono dei cultori dell'ecologia, offre ai cristiani l'esempio dell'autentico e pieno rispetto per l'integrità del creato. Amico dei poveri, amato dalle creature di Dio, egli invitò tutti - animali, piante, forze naturali, anche fratello sole e sorella luna - ad onorare e lodare il Signore. Dal Poverello di Assisi ci viene la testimonianza che, essendo in pace con Dio, possiamo meglio dedicarci a costruire la pace con tutto il creato, la quale è inseparabile dalla pace tra i popoli. Auspico che la sua ispirazione ci aiuti a conservare sempre vivo il senso della «fraternità» con tutte le cose create buone e belle da Dio onnipotente, e ci ricordi il grave dovere di rispettarle e custodirle con cura, nel quadro della più vasta e più alta fraternità umana”.


E l’indagine che compie sulle problematiche del pianeta terra, nell’udienza generale del 17 gennaio 2001, si collega – parimenti – a quella idea

“Purtroppo, se lo sguardo percorre le regioni del nostro pianeta, ci si accorge subito che l’umanità ha deluso l’attesa divina. Soprattutto nel nostro tempo, l’uomo ha devastato senza esitazioni pianure e valli boscose, inquinato le acque, deformato l’habitat della terra, reso irrespirabile l’aria, sconvolto i sistemi idro-geologici e atmosferici, desertificato spazi verdeggianti, compiuto forme di industrializzazione selvaggia, umiliando - per usare un’immagine di Dante Alighieri (Paradiso, XXII, 151) - quell’"aiuola" che è la terra, nostra dimora”.

E l’Oggi ci richiama ad essere attenti a preservare la “Madre Terra”, non solo perché siamo suoi figli, ma anche per preservare il nostro stesso bene.


Secondo uno studio della FAO, condotto nel 2010, ogni anno, in tutto il mondo, 13 milioni di ettari di foresta vengono distrutti. Le minacce più gravi sono gli incendi forestali, i roghi appiccati per dissodare i terreni, il disboscamento illegale, la conversione delle foreste in pascoli, in terreni arativi e in piantagioni. L'abbattimento illegale, è fonte di guadagno illegale, per un giro d'affari di centinaia e centinaia milioni di dollari che arricchisce la mafia del legno. Ai motivi elencati, inoltre, è necessario aggiungere: la crescita della popolazione e lo sviluppo industriale nei Paesi emergenti. Eppure “la matre terra” ha bisogno di loro, degli alberi, per restare fertile, prevenire l’erosione e gli smottamenti, assorbire l’acqua e mitigare o evitare le inondazioni.

Ne hanno bisogno le diverse specie di animali, per sopravvivere e proliferare. Infine, non può farne a meno neanche l’Uomo. Bisogna ricordare, ogni tanto, quello che sui banchi di scuola abbiamo studiato, in grande semplicità: le foreste rappresentano un naturale “aspiratore” di anidride carbonica, quella stessa anidride carbonica che sta inquinando sempre più l’atmosfera. Sono loro, le piante e gli alberi, a regalarci l’ossigeno, in cambio. Non è certo un caso se, nei paesi con minor numero di alberi, l’inquinamento atmosferico è di gran lunga maggiore.

Per tutti questi motivi, possiamo ben credere a quello che uno studio del WWF, redatto tre anni fa, ha purtroppo profetizzato: nei prossimi due decenni, potremmo assistere allo “sterminio” di centinaia di milioni di ettari di foreste nel mondo. Secondo sempre questa ricerca scientifica del WWF, potremmo vedere – nel particolare – ben undici precisi patrimoni naturali del pianeta, non esistere più. Sono quelli dell’Amazzonia, della Foresta atlantica e del Gran Chaco, del Borneo, di Sumatra e altri sette fondamentali polmoni verdi della Terra. Di una cosa siamo certi, ed è sempre il WWF a dircelo: se il trend attuale di disboscamento non dovessi fermarsi, entro il 2030, la Terra sarà priva di una superficie verde pari a quella di Germania, Francia, Spagna e Portogallo messi insieme.


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