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Tutte le religioni difendono il creato, l’Islam è la più green

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Obbligatorio riciclare l’acqua, condividere i trasporti, preferire cibo e prodotti a chilometri zero, stampare il Corano su carta riciclata, installare pannelli fotovoltaici sulle moschee». Un miliardo e mezzo di fedeli e una legge morale che spesso diventa legge di Stato. Così l’Islam è la religione più incisiva per il rispetto  dell’ambiente.

Un tema, quello della salvaguardia del Creato, che sempre di più coinvolge le religioni consce del loro ruolo centrale nel sostenere visioni della vita che orientano i comportamenti degli esseri umani. Ma qual è quella più “green”? «Al di là delle religioni orientali che sono più intimiste e vedono l’uomo come uno degli elementi naturali che costituiscono il Creato, tutte e tre le religioni monoteiste hanno alla base un atteggiamento comune di rispetto nei confronti dell’ambiente basato sulla corresponsabilità dell’uomo, la transnazionalità e la solidarietà intergenerazionale», spiega Maria Rosaria Piccinni, docente di Diritto e religioni nei Paesi del Mediterraneo presso il Dipartimento jonico dell’Università degli Studi di Bari e autrice del saggio “La tutela dell’ambiente nel diritto delle religioni”.

«Esaminando i testi è forse l’Ebraismo la religione che più delle altre ha sviluppato l’argomento  declinandolo in casi pratici con indicazioni modernissime e sorprendenti - afferma Piccinni - tuttavia, se  dobbiamo invece parlare di attuazione pratica dei precetti, è l’Islam ad avere una maggiore incisività sui comportamenti “green” dei fedeli anche perché nel mondo islamico spesso i precetti religiosi coincidono con le leggi dello Stato».

Ma torniamo ai testi. Nella religione ebraica sono moltissimi i precetti con indicazioni pratiche che invitano al rispetto dell’ambiente. «Nel libro di numeri, il Pentateuco, troviamo il primo esempio di pianificazione urbanistica che - sottolinea la docente - tra le altre cose sancisce il divieto di installare attività produttive nei centri abitati. Concerie, tintorie, stalle o altre attività che potevano inquinare – spiega Piccinni -  dovevano restare lontano da dove si viveva.

Era vietato alzare muri che potessero privare della luce, sciogliere calce nelle strade». E ancora: «Il  comando di Bal-Tashchit vietava di tagliare gli alberi, deviare i fiumi, sprecare l’acqua. Anche  l’alimentazione Kasher - aggiunge Piccinni - ha origine nel rispetto degli animali che andavano macellati in un modo che ne limitasse al minimo le sofferenze. E i pulcini non andavano allontanati dalla chioccia per lo stesso motivo. L’anno sabbatico in cui l'uomo non doveva lavorare, serviva per far riposare i campi e non sfruttare troppo gli animali, così come il riposo del sabato per contemplare la bellezza del Creato e ricordarsi che la natura dà tutto ciò che serve per tutti». Anche dal Cristianesimo arriva il messaggio «a  coltivare e custodire il Creato - spiega Piccinni -. A livello di testi come sappiamo il Vecchio Testamento è in comune con la religione ebraica ma nei Vangeli non c'è un riferimento specifico al rapporto dell’uomo con la natura.

Abbiamo  personaggi simbolo come San Francesco che hanno sempre evidenziato l’importanza del rispetto di animali e natura». «E forte - ricorda la docente - è in epoca contemporanea l’impegno della Santa Sede a livello internazionale. Dall’adesione alla Carta della Terra delle Nazioni Unite, all’enciclica di papa Benedetto XVI “Caritas in veritate” l’impegno per una base etica del rispetto dell’ambiente da parte della chiesa Cattolica è fortissimo». E l’Islam non è da meno, anzi. «Nel Corano si trova per esempio l’obbligo di Hima, ovvero di istituire riserve naturali all’interno delle quali non si possono abbattere alberi, uccidere animali, negare alle creature l’accesso all’acqua. Queste riserve - spiega Piccinni - vengono custodite da un imam e chi le costituisce viene consacrato alla vita eterna, perché nella religione islamica rispettare ambiente e natura è un atto meritorio».

E i precetti della religione non restano lettera morta. «Esiste un piano settennale dell’Islam contro il cambiamento climatico, un progetto per trasformare entro il 2017 la Mecca in una città verde che sia un modello e che avvii la costruzione di altre città islamiche sostenibili. Per questo è stata istituita una carta del pellegrino con i precetti che vengono consegnati a tutti coloro che si recano in pellegrinaggio alla città santa dell’Islam che indica gli obblighi “ambientalisti” per i fedeli. Si va dal precetto di riciclare sempre l’acqua al condividere i trasporti, preferire i prodotti a chilometri zero allo stampare il Corano su carta riciclata.

Un’indicazione che diventa regola e che può avere ripercussioni pratiche capaci davvero di cambiare l’atteggiamento delle persone in senso virtuoso per l’ambiente».  (Giornale dell'Umbria)

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