opinioni

Francesco e lo spirito delle piccole cose

Massimo Milone Pixabay
Pubblicato il 10-07-2020

La notte del mondo ci ha resi consapevoli di essere tutti legati dagli stessi problemi

Vogliamo archiviare la notte del mondo. I giorni drammatici, di lutto, sofferenza, solitudine, interrogativi vissuti per la pandemia.
Lo chiede la nostra fragile natura umana. E forse è giusto che sia così. Ma non possiamo archiviare, fra paure per nuovi contagi e desiderio di vacanza, ciò che nel nostro cuore ha prodotto il virus. Lo ha ricordato al mondo, costantemente, in questi mesi, papa Francesco. E senza rievocare immagini e preghiere che sono già Storia della Chiesa – dalla solitaria passeggiata di Roma per raggiungere la Chiesa di San Marcello, con il Cristo prodigioso, alla preghiera in San Pietro, drammatica icona della tragedia – mi piace recuperare, dal block notes del cronista, ciò che il Papa ha detto domenica 17 maggio utilizzando anche una parola desueta: “Oggi nel mondo c’è un grande sentimento di orfanezza: tanti hanno tante cose ma manca il padre”. Un padre che dia senso a tutta la vita affinché gli uomini, ha ricordato papa Francesco, siano una famiglia. Siamo dunque tutti orfani. Orfani delle nostre certezze, del nostro presunto potere, delle nostre autocelebrazioni. Ma scopriamo che siamo tutti legati dagli stessi problemi di vita e di morte, dallo stesso destino. La fraternità appare così, non più solo una aspirazione etica. Ma è necessità inscritta nella nuova condizione umana di fragilità. Come ha detto papa Francesco, tutti sulla stessa barca e nessuno che può salvarsi da solo.
Ma contemporaneamente non possiamo essere orfani dei nostri sogni e del nostro futuro. Con un paradosso che viviamo costantemente. Più si comunica e meno si comunica, più registriamo informazioni e meno siamo informati, più siamo interdipendenti e meno siamo solidali. C’è da ripensare il nostro posizionamento di uomini in una società che sarà diversa.

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