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Croci, eremi e boschi, il cuore verde d’Italia batte con Francesco

Emanuela Fontana - Il Giornale Pixabay
Pubblicato il 13-08-2020

Cammini d'Italia, gli itinerari nei luoghi del Poverello di Assisi, armonia tra natura e fatica

Fra tutti i luoghi dei cammini di Francesco ce n’è uno che spalanca l’anima, fa respirare gli occhi e conduce in un silenzio fecondo di sensazioni. È un’esperienza condivisa da credenti e non, perché si può dire che tra tutti i santi Francesco è quello che parla forse la lingua più semplice e universale, l’estasi nella natura.

Il luogo è il santuario della Verna, in provincia di Arezzo. Si raggiunge attraverso una delle più straordinarie faggete d’Italia. Il verde dei riverberi è talmente brillante da sembrare smaltato, e i giochi di luce proiettano in un immaginario mondo di fate ed elfi. Luogo mistico a anche magico, spirituale e pagano, da assorbire perché colori così non si vedono di frequente, nemmeno per chi cammina.

Francesco camminò molto, per andare a Roma da Assisi per esempio, quando incontrò papa Innocenzo III per esporgli la sua Regola. Ma anche per raggiungere proprio la Verna, dove si ritirava in solitudine, dormiva in una cella di pietra e, si dice, ricevette le stimmate. Percorse la valle reatina, ora ricchissima di santuari francescani. Si recò a Firenze e nelle Marche. Si spinse a piedi fino a Monte Sant’Angelo, in Puglia. Raggiunse addirittura l’Egitto. Se il Santo di Assisi avesse portato un contapassi legato alla corda che gli teneva stretto il saio, avrebbe marcato un numero di chilometri irraggiungibile. Ma è anche la sua rinuncia ai beni terreni per rifugiarsi in un’idea di vita diversa, il rifiuto del superfluo, a rendere Francesco il patrono di chi si ritira a camminare per giorni o settimane.

Negli ultimi anni gli itinerari francescani sono diventati sempre più popolati, sebbene – soprattutto la parte a nord di Assisi - siano spesso percorsi piuttosto solitari, a contatto strettissimo con il bosco e la sua musica, lungo una natura irruente che rende inevitabile una simbiosi con quel tutto che San Francesco cantava in volgare prima di ogni altro.

In molti punti solo il vento tra i rami accompagna i passi. La prima parte è un cammino di croci piantate nel terreno e di forti ascese che penetra nelle foreste Casentinesi, il parco nazionale al confine tra Emilia e Toscana. Come prima parte si intende quello che più propriamente si chiama Cammino di Assisi. È la via francescana che origina da Dovadola, in Emilia Romagna, attraversa la provincia di Arezzo e si conclude ad Assisi: 300 chilometri, 13 tappe. A Dovadola il percorso si fonde con quello di Sant’Antonio, che inizia da Padova. Altri due cammini partono dalla città umbra: uno diretto a Roma, la Via di Francesco, 29 tappe; l’altro, che ne condivide molti tratti, si chiama «Di qui passò Francesco» e termina a Poggio Bustone, sede di un santuario.

Proprio questo, nato nel 2004, è stato il primo cammino «tematico» d’Italia, il percorso che ha inaugurato l’indagine nei territori sulle orme di Santi ora sempre più in voga per creare moderni pellegrinaggi. L’ideatrice, Angela Seracchioli, si trasferì ad Assisi dopo un’esperienza invernale sul cammino di Santiago proprio per ricostruire l’itinerario di Francesco. In sette mesi riuscì a scrivere la prima guida: 18 tappe che l’hanno posta come punto di riferimento mondiale per i percorsi francescani. Da lì è stato un fiorire di sentieri e di tracciati. E così sono nati il «Cammino francescano della Marca», da Ascoli Piceno ad Assisi, il «Cammino Le Celle di San Francesco» (da Cortona), il tratto della Via di Francesco da Firenze a La Verna, molto amato dai visitatori stranieri, un cammino riminese che si innesta a Dovadola dalla costa romagnola, il francese Chemin d’Assise, che parte da Vezelay, sede della prima comunità francescana in Francia (anche se pare che qui non arrivò Francesco).

San Francesco è un brand favoloso se si vuole vederlo dal punto di vista dell’attrattiva turistica, ma è anche un profondo contatto con l’essenza più pura del camminare. Il Santo irrompe con eremi, croci, grotte. Gli eremi sono remoti punti di sosta, alcuni ancora abitati dai frati, in cui la storia si esprime con la pace di altitudini dove l’uomo è solo di passaggio. L’eremo di Camaldoli, quello della Casella, alle porte della Valtiberina, l’eremo di Cerbaiolo, che si trova in una zona ricchissima di sorgenti, l’eremo di San Pietro in Vigneto, tra Gubbio e Valfabbrica. A Greccio si dice che Francesco inventò il presepe, a Poggio Bustone ebbe l’apparizione di un angelo. Ma non sono gli episodi, quanto i silenzi, a parlare lungo gli itinerari francescani. In alcune tappe si può dormire in strutture religiose storiche, come accade per il santuario della Verna, dove alcune celle dei frati sono trasformate in stanze. Il cammino da Assisi a Roma offre soluzioni per tutti. «C’è anche chi ci chiede la spa», racconta Gianluigi Bettin, autore, «da non credente», con monsignor Giulietti e con Nicola Checcarelli, della guida sulla Via di Francesco. Insegue i passi del patrono d’Italia chi è in cerca di risposte, ma anche amministratori delegati di multinazionali che scappano nella solitudine. Il messaggio del prendere la strada che si sente più vicina alla propria indole è rivoluzionario, come il rapporto con la natura, «che prima di Francesco era incentrato sulla paura, e con lui diventa armonia».

Oltre al carisma dell’uomo di cui si cercano i passi, c’è l’Italia appenninica e dei borghi incantevoli, come Spello, la prima tappa dopo Assisi verso Roma. Sul gruppo Facebook «La via di Francesco» quasi ogni giorno qualcuno annuncia la sua partenza, molti in solitaria. Alcune volte si cercano compagno di avventura. E Assisi diventa la Santiago d’Italia. Di tutti i luoghi del viaggio, l’abbraccio del porticato che conduce alla Basilica, e, prima ancora, la vista dall’alto della facciata, lascia sempre con il fiato sospeso: per la bellezza, ma anche perché incarna la meta perfetta per chi cerca un’armonia nella fatica.

Emanuela Fontana - Il Giornale

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